L’Argentina, Maradona e Bergoglio

A cavallo delle due guerre mondiali del secolo scorso, e ancora per alcuni anni dopo la fine della seconda, l’Argentina è stata una delle principali economie mondiali, soprattutto grazie alle immense risorse del suo territorio, che favorivano l’allevamento e l’agricoltura per le esportazioni. Come, purtroppo, accadde quasi sempre nell’America Latina, lo sviluppo avvenne principalmente a favore di una ricca oligarchia e a discapito delle altre classi sociali, soprattutto quelle lavoratrici. Questo immenso patrimonio, economicamente poco condiviso, venne via via dilapidato già a partire dagli inizi degli anni ’50, quando l’illusione della magia peronista (dal cognome del suo principale ispiratore, il militare prima e presidente della repubblica poi, Juan Domingo Peròn) si spense nelle contraddizioni dell’impossibilità di conciliare le opposte esigenze di un capitalismo egoista, locale ed internazionale (soprattutto nord-americano), e le necessità del proletariato, illuso da promesse di crescita sociale impossibili da mantenere (nacque forse lì in termine populismo?). Uno degli slogan elettorali di Peron era: “Quando un uomo vive senza produrre, è un disprezzabile parassita che pesa sullo sforzo di coloro che producono”, affermazione teoricamente ineccepibile, ma politicamente là impossibile da sostenere. Per molti anni dei decenni successivi, la nazione visse tra promesse di ripresa e nuove cadute, tra le quali le sanguinarie dittature militari: enormi potenzialità sprecate.

Forse Diego Armando Maradona, un insieme di genio calcistico e di sregolatezza umana, è stato l’eroe simbolo di quel paese. La sua morte, infatti, vede tre giorni di lutto nazionale e la camera ardente allestita alla ‘Casa Rosada’, l’equivalente del nostro ‘Quirinale’. I suoi grandi successi sportivi sono stati viziati dalla domanda di come avrebbe potuto dare ancora di più, se non fosse stato vittima della cocaina, dei suoi difetti, dei suoi vizi e delle sue ingenuità: nonostante i suoi risultati, ancora una volta enormi potenzialità sprecate, come è accaduto e sta accadendo alla sua nazione? E’ anche emblematico che, in Italia, lui abbia giocato nella squadra simbolo di una città, Napoli, le cui molte possibilità sono schiacciate, tra l’altro, dai suoi stessi limiti, tra i quali anche una potente criminalità organizzata.

Un altro argentino di origine italiana, piemontese, al contrario estremamente sobrio nella sua vita personale, quando era sacerdote gesuita prima ed arcivescovo di Buenos Aires poi, aveva conosciuto Maradona. Lo aveva nuovamente incontrato quando, anche lui, aveva trovato fama e notorietà in Italia, ma questa sarebbe un’altra storia,…

Peròn, Maradona e Bergoglio: facce diverse di una grande nazione che vede una forte presenza di cittadini di origine italiana, quando tanti dei nostri antenati erano migranti.

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