Guardie e ladri
Gli sci scorrono frusciando sulla poca neve residua di questa stagione avara di precipitazioni. D’improvviso, a margine della pista, li vedi spuntare dal bosco. Un gruppetto di ragazzi di colore, che cercano di indovinare un percorso fra le nevi che li traghetti oltre confine. Per un attimo, due mondi si sfiorano senza toccarsi: sciatori europei che si godono la loro settimana bianca e il loro ricco continente; profughi africani in cerca di un briciolo di quel benessere che noi troppo spesso non ci rendiamo conto di avere.
Siamo a cavallo del confine fra Claviere, ultimo paese italiano prima della frontiera, e la stazione sciistica di Montgenevre, in terra francese ma colonizzata da sciatori italiani. Qui i profughi africani ospitati in alcune strutture della Valsusa cercano in continuazione di passare un confine che fino a pochi mesi fa non ti accorgevi nemmeno di varcare, mentre oggi è presidiato militarmente da uno spiegamento di forze sproporzionato, risorse sottratte al contrasto della criminalità per bloccare gli sparuti migranti che cercano di passare oltralpe.
Una lotta impari, ovviamente. Tempo pochi minuti, e mentre sali comodamente in seggiovia puoi vedere i profughi condotti mestamente indietro, scortati dagli agenti della Gendarmerie, che non faticano molto a individuarli e bloccarli. Per dirla brutalmente, un negro a piedi su una pista da sci è più visibile di un’insegna luminosa di notte. Bersagli facili, rassegnati a un destino di tentativi infruttuosi e frustranti.
Non bastassero gli agenti di pattuglia sulle piste, c’è pure l’elicottero, che sorvola per ore creste e vallate, puntando minaccioso verso ogni radura o tratto scoperto dove si aggirino figure umane, in genere ciaspolatori domenicali o scialpinisti impegnati in fuoripista, ma vedi mai che fossero pericolosi migranti intenti a invadere le terre di Francia….
Naturalmente, col costo di questo spiegamento di forze e di quei sorvoli in elicottero, Parigi potrebbe tranquillamente mantenere quei pochi profughi per settimane o mesi. Ma il buon senso, la solidarietà, i rapporti di buon vicinato non contano nulla. Quello che conta è presidiare le frontiere, respingere i clandestini, mostrare che le “autorità” hanno gli “attributi”, sanno agire muscolarmente, sanno assecondare i rancori, le paure, la rabbia di gran parte dell’opinione pubblica, ovvero dei potenziali elettori.
E stiamo parlando della Francia di Macron, il grande “europeista” che critica il Governo italiano perché non accoglie i migranti agli sbarchi.
Una volta intercettati i clandestini, i gendarmi francesi li riaccompagnano oltre confine, in Italia. Qualche tempo fa, si erano registrati episodi nei quali la polizia francese aveva sconfinato e li aveva scaricati di brutto nel nostro territorio. Ma ora il confine è saldamente presidiato anche dalle nostre forze dell’ordine. Quindi i poliziotti francesi si limitano a riconsegnare i migranti agli agenti italiani, che ovviamente non possono fare altro che riprenderli in carico, in ossequio agli accordi internazionali, primo fra tutti il Trattato di Dublino, che prevede la permanenza del migrante nel Paese di prima accoglienza, molto spesso il nostro, che funziona come un naturale approdo proteso in mezzo al Mediterraneo.
Il tutto sottotraccia, senza telecamere e giornalisti a documentare, soprattutto senza commenti da parte delle nostre autorità, a partire dal Ministro degli Interni, ferocemente determinato quando vuole tenere bloccati dei poveretti in mezzo al mare, molto meno nel rimettere in discussione accordi penalizzanti per il nostro Paese, forse perché a suo tempo sottoscritti anche dalla Lega…
Così, la Polizia italiana riporta i migranti nelle (poche) strutture di accoglienza sparse in Valsusa, e loro ripartono dal “Via”, come in un Gioco dell’Oca ridicolo e tragico al tempo stesso, pronti per un nuovo tentativo.
O forse stanno giocando a “Guardie e ladri”?
Ma chi sono i ladri? I migranti disoccupati che vengono “a farsi mantenere a nostre spese”? I migranti occupati che vengono “a rubarci il lavoro”? O le nazioni occidentali, che da sempre depredano le risorse africane per darci un benessere aleatorio e ingannevole, basato su un ormai insostenibile consumismo? E davvero possiamo considerare come una minaccia quella minuscola percentuale di africani che cerca di entrare in Europa col miraggio di una vita migliore? Allora cosa faremo fra pochi anni, quando i mutamenti climatici provocheranno siccità, carestie, alluvioni e desertificazioni che costringeranno decine di milioni di persone a spostarsi, fra un continente e l’altro o magari all’interno della stessa Europa?
Quel che è certo è che l’UE si sta avvicinando alla tornata elettorale più importante della sua storia presentandoci una “alternativa” fra due facce della stessa medaglia, ben visibili a cavallo del confine fra Italia e Francia.
Da questo lato, un governo populista che parla alla pancia impaurita del Paese limitandosi a individuare un capro espiatorio verso cui indirizzare la rabbia degli esclusi e dei diseredati nostrani: visto che non sono in grado di risolvere i problemi, trovano qualcuno a cui dare la colpa, alimentando le guerre tra poveri.
Oltralpe, al di là di una ipocrisia di facciata che si esprime criticando i “populisti” di cui sopra, uno dei tanti governi “progressisti”, che si autodefiniscono democratici, ma che, dopo aver esasperato i propri concittadini con politiche tuttora incanalate nel solco del neoliberismo, non esitano ad assecondare le peggiori pulsioni dell’elettorato, inseguendo i populisti sul loro stesso terreno, nella speranza di riconquistare il consenso perduto.
Alle prossime consultazioni comunitarie rischiamo di dover scegliere fra partiti “tradizionali” che si ostinano a difendere un’Unione europea mercantile e monetaria, immemore dei valori che dovrebbero esserle di fondamento e distante dai cittadini che dovrebbe rappresentare, e forze “populiste” che, per opporsi a questo modello deviato, vorrebbero semplicemente sfasciare tutto, tornando ai vecchi Stati-nazione, quelli che si dichiaravano guerra ogni venti – trent’anni. Una bella prospettiva, non c’è che dire.
Eppure, al momento non si vedono alternative, né al centro, dove potrebbero trovare posto formazioni di ispirazione cristiana, né tanto meno a Sinistra, area politica caduta a pezzi insieme al Muro di Berlino e che non riesce a ritrovare una bussola di riferimento. Entrambi questi territori, potenzialmente attrattivi per porzioni non trascurabili di elettorato, risultano polverizzati in una diaspora di partitini, movimenti, personalismi e veti incrociati che ben poco hanno a che vedere col “bene comune” e la rappresentanza del “popolo”.
Un vero peccato, perché entrambe queste potenziali realtà, disgiuntamente o meglio ancora alleate, potrebbero essere valide alternative alla “padella” dell’attuale UE economicista piuttosto che alla “brace” dei populismi xenofobi.
Senza dimenticare che, se dovessero prevalere questi ultimi, potrebbe poi capitare anche agli sciatori (e a tutti i cittadini) di essere fermati dalla polizia di frontiera, esattamente come succede oggi ai profughi. Con l’Europa attuale questo ancora non succede, anche se la povertà avanza e rischiano di essere sempre meno quelli che possono permettersi le vacanze, sulle nevi o altrove.
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