Bentornato Cavaliere, ma meritiamo di meglio

E’ possibile che Angelino Alfano non se ne sia accorto (del resto il tipo non sembra troppo sveglio) ma la sua carriera politica è finita nei giorni convulsi fra il 5 ed il 7 dicembre, quando il presunto Segretario del PDL , dimostrando definitivamente di non possedere il famoso “quid” – e probabilmente anche un paio di altre cose – si è prima piegato al diktat di Silvio Berlusconi e se ne è poi fatto portavoce nell’aula di Montecitorio, aprendo di fatto la crisi del Governo Monti (che poi il Presidente del Consiglio ha rapidamente certificato di fronte al Capo dello Stato) e contribuendo nel contempo ad aggravare la crisi dell’intero Paese.

La sua carriera è finita, anche se rientrerà in Parlamento e magari tornerà ad occupare – Dio ne scampi – una poltrona da Ministro come la ebbe immeritatamente nell’ ultimo Governo del Cavaliere: è finita, si intende, come soggetto politico autonomo, pensante, responsabile di se stesso. Berlusconi è stato chiaro, nella prossima legislatura tollererà solo scudieri ancora più fedeli e servili dei fantocci di cui si è circondato di questi anni, ed amazzoni ancora più adoranti delle “segnorine” che animavano -e forse animano tuttora- le allegre notti di Arcore.

Magari arriverà anche l’accordo con la Lega, per provare a tenersi su, consegnando così ad un partito che vale si e no il 4% a livello nazionale la guida delle tre principali Regioni del Nord Italia, nella persona di un tale che si è ribellato con sprezzo del pericolo ad un Capo malato ed impotente solo quando lo ha visto definitivamente a terra, e che da Ministro degli Interni si è intestato meriti altrui negando nel contempo l’evidente, ossia che le mafie si erano potentemente radicate al Nord (in primo luogo nella Regione che si candida a governare), appoggi politici compresi.

Naturalmente questo è solo il disegno di partenza: perché si realizzi occorre contare sulla smemoratezza degli Italiani, sul fatto cioè che scordino che se siamo arrivati alle misure severe adottate da Monti è perché veniamo da anni di governo irresponsabile del PDL e della Lega: i malfattori, gli incendiari di ieri si presentano sulla scena travestiti da pompieri, vedendo se per caso c’ è qualche sprovveduto che ci crede.

In realtà quello che appare, più che un ritorno in grande stile del Berlusconi aggressivo ed innovativo (sotto il profilo dei mezzi, si intende, perché i suoi contenuti politici sono quanto di più arcaico e retrogrado esista), è il rinserrarsi di un uomo di 76 anni azzoppato dalla palese incapacità di governare, da una moltitudine di guai giudiziari (alcuni legati a vicende di sconcertante squallore umano) e dall’incipiente avanzare dell’età, per riuscire a salvare in qualche modo l’unica cosa che gli sta a cuore , che non è certo il bene del Paese, ma il suo impero economico che , se non fosse stato protetto per via politica (come del resto era stato costruito per via politica grazie ai buoni uffici di Craxi), sarebbe ormai completamente disfatto.

A ciò si assomma la crisi parallela della Lega Nord, che non ha realizzato uno solo dei suoi obiettivi strategici a partire da un federalismo a cui ormai non crede più nessuno (e che per quel poco che si è concretizzato ha contribuito non poco al dissesto dei conti pubblici) , e che dopo il disvelamento delle miserie umane ed economiche di Bossi e del suo seguito veleggia adesso sugli abituali fondali del populismo, dove però deve subire la micidiale concorrenza di Beppe Grillo (che non vale molto di più, ma non ha alle spalle il desolante carniere vuoto di promesse non mantenute degli affannati guerrieri padani).

In un frangente sociale ed economico così complesso e per certi versi tragico, non è certo da questi vecchi commedianti all’ultima replica che l’Italia può sperare di trovare la via d’uscita ai suoi numerosi problemi.

In realtà ciò che serve al nostro Paese è una grande opera di ricostruzione: ricostruzione morale, indubbiamente, ma anche fisica e legislativa, giacché la costante tendenza a rimandare i problemi ha fatto sì che certe scelte che un tempo avrebbero potuto essere oggetto di un dibattito serio e costruttivo ora siano divenute improcrastinabili urgenze, che Monti ha affrontato spesso con una certa brutalità, e che debbono essere ricondotti ad un disegno politico di prospettiva.

Infrastrutture, sviluppo economico, nuovo inquadramento costituzionale e giuridico del rapporto fra Stato, Regioni ed Enti locali, nuova disciplina dei servizi pubblici locali (e quindi delle principali agenzie che determinano la qualità della vita dei cittadini) : sono queste alcune delle priorità che il nuovo Governo dovrà affrontare, e su di esse dovrà misurarsi la “forza tranquilla” del centrosinistra incarnata dalla leadership di Pierluigi Bersani .

Tutto il resto sono solo fantasmi, fantasmi di un passato che non vuol passare ma il cui superamento è necessario perché oltre il difficile presente l’Italia possa solo sperare di avere un futuro.

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