Dalla post-verità alla post-democrazia?

In tempi normali il dibattito in corso sulla qualità dell’informazione apparterrebbe alla ordinaria cronaca politica. Ad innescare la miccia della polemica, in Italia, soprattutto due rappresentanti delle istituzioni, segnatamente la presidente della Camera Laura Boldrini e il presidente dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, Giovanni Pitruzzella, con le loro bislacche proposte di commissioni statali di controllo della verità. Cose senza senso e per fortuna destinate, qualora fossero portate avanti, ad essere cassate dal nostro ordinamento giuridico-costituzionale perché in evidente contrasto con il diritto alla libertà di opinione e di stampa. Ma ci si è messo pure Beppe Grillo che anziché godersi lo sprofondamento nel ridicolo dei suddetti (s)propositi, ha fatto un clamoroso autogol con la sua proposta, ancora più strampalata, di una giuria popolare «che determini la veridicità delle notizie pubblicate dai media». Ma andiamo, cari Boldrini, Pitruzzella e Grillo: basta il giudizio dei lettori e dei telespettatori, e per chi commette reati c’è il codice penale. Punto e basta? Macchè.

Perché i tempi che viviamo non sono tempi ordinari. Siamo nel pieno di una rivoluzione epocale. Il 2016 è stato per il neo liberismo mondialista l’equivalente del crollo del Muro di Berlino per il comunismo. Con l’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump la festa per speculatori finanziari, sfruttatori globali del lavoro e fomentatori di caos, guerre e terrorismo “islamico” made in Occidente, sta per finire. E la polemichetta nostrana sulle bufale è solo la versione italiana di un dibattito apertosi in tutto l’Occidente subito dopo il doppio ko dato alle élite globaliste dal popolo del Regno Unito e da quello americano nel 2016. La reazione dei media al voto britannico, dopo una informazione quasi a senso unico pro remain, fu l’insulto e la derisione per gli elettori che avevano compiuto la scelta “sbagliata”. La reazione delle medesime élites al secondo voto “sbagliato”, costituito dalle presidenziali americane, dopo una copertura mediatica militante per Hillary Clinton, è stato il panico. Dalla sconfitta della Clinton è nata l’offensiva per la censura del web. Obama ha prontamente promulgato un decreto per soffocare il dissenso su internet. La Merkel poche settimane dopo il voto americano ha denunciato al Bundestag il pericolo delle notizie false del web, ed insieme al presidente uscente francese Hollande, ha già messo le mani avanti sull’esito delle prossime elezioni politiche in Germania e Francia: se non si concluderanno con la vittoria delle forze pro-establishment sarà colpa degli hackers russi, nonostante Julian Assange, fondatore di Wikileaks abbia provato che questi non c’entrano niente con le email trafugate della campagna elettorale americana. L’immancabile Giorgio Napolitano, il medesimo che nel 1956 inviò le congratulazioni più convinte e servili all’Urss per la soppressione della libertà in Ungheria, dopo il referendum costituzionale, nel quale il 60% degli italiani ha votato in modo “sbagliato”, ha prontamente posto in discussione il suffragio universale. La Commissione europea (come faceva l’Urss verso quello che allora era il mondo libero) ha approvato una risoluzione per chiedere la messa al bando dei media russi in Occidente, che spesso danno le notizie censurate dai nostri liberi media.

Appare evidente l’errore di valutazione delle nomenklature globaliste: anziché prendere atto che gli elettori manifestano un rigetto delle loro politiche che hanno impoverito i ceti lavoratori occidentali, creato inaudite disuguaglianze e spaventose concentrazioni della ricchezza in mano a pochissimi, deturpato l’immagine del progetto di integrazione europea con un mercatismo privo di senso e atrocemente disumano, hanno scelto di incolpare la libertà del web e di procedere ad un giro di vite totalitario. Fanno sul serio, le moderne massonerie, le élites globaliste transnazionali: erano così già abituate alla post-democrazia, che il risveglio democratico dell’Occidente, delle classi medie bistrattate da decenni, le ha disorientate. E sono divenute rabbiose ed ancor più senza scrupoli ora che la democrazia funziona in modo contrario ai loro auspici.

Per questo la risposta vera alla questione della post-verità verrà fuori soprattutto dalle urne, in particolare in Francia, Germania e Italia. I popoli europei con Trump alla Casa Bianca, disprezzato e deriso da tutti i media controllati dalle élites globaliste, perché vuole interrompere la globalizzazione selvaggia con un sano ed opportuno protezionismo economico, che finirà per dare nuovo impulso al commercio mondiale e nuove speranze ai lavoratori e alle famiglie, hanno una occasione, forse l’ultima, di interrompere l’attuazione del progetto globalista che in questi anni è avanzato con la svalutazione del lavoro, il taglio del welfare, le guerre e l’uso del terrorismo per affermare l’egemonia sull’eurasia. Per fermare questo reale progetto totalitario di soppressione del pluralismo e del dissenso sul web serve in Italia una ampia coalizione popolare per l’uscita dalla crisi e dunque contro l’establishment globalista ed il partito che più la sta rappresentando in questo momento, il Partito Democratico. Se anche nei Paesi europei in questo 2017 si affermeranno forze popolari capaci di intercettare il vento di cambiamento che viene dagli Stati Uniti e che pone le basi per la rinascita democratica ed economica dell’America e dell’intero Occidente, potremo considerare i maldestri attacchi alla libertà d’opinione che si manifestano in questo periodo, un pericolo scampato. Il Sovrano, oibò il popolo, ce ne eravamo dimenticati, ha tra le mani una grande responsabilità.

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