La Croce siamo noi, la nostra vita e identità

Il cuore sa qual è il nostro grembo anche se chiudiamo gli occhi davanti cio che è visibile.
La croce è ovunque, è nella genesi della vita. Non vi è luogo su questa terra, dai fondali marini alle cime più alte fino al cosmo, ove non sia ricordata. Per esprimere un ringraziamento o per esprimere una sofferenza che sono poi le cifre della vita umana. I momenti di gioia profonda ci spingono a ringraziare, quelli di sofferenza a supplicare, invocare e sperare. Gioia e sofferenza accompagnano la nostra esistenza, dal principio alla fine. La croce e’ : il pianto di gioia dopo il parto e la tristezza dopo la morte, la sofferenza del migrante che lascia la sua casa e quella del carcerato che espia la sua colpa, il dolore della malattia e la gioia della guarigione, la perdita del lavoro e la gioia del figlio che lo trova. È persona e comunità. Drammi, aspirazioni e conquiste formano popoli e nazioni. Siamo reduci dall’ecatombe del ‘900 , due guerre mondiali efferate che hanno dato vita a immensi camposanti di croci. La croce è nata insieme all’uomo, è il risvolto della sua immagine e somiglianza a Dio nella libertà di scelta. Gesù l’ha riempita di senso. Toccanti le parole di Dacia Maraini:

“Cristo Crocifisso col suo corpo piagato è un memento, la memoria di un tempo in cui l’uomo era preda del più forte. Anche se io preferisco pensare a ciò che viene prima della croce, alle parole d’amore, di fratellanza, a quelle idee di attenzione per l’altro che hanno cambiato la nostra storia. “Non possiamo non dirci cristiani”, è stato detto e credo che anche un laico si senta parte di questa esperienza storica. Non c’è nessuna ragione ideologica, religiosa, sociale, politica che possa permettere e giustificare la manomissione violenta del corpo umano. Anche questo credo che dica la figura di Cristo in croce, almeno così io la voglio interpretare: rammentarci l’ultimo patimento di Qualcuno che si è opposto ad una civiltà che questo patimento considerava normale, naturale, lecito. ”
Simbolo religioso e civile. Simbolo di dolore, di missione e di soccorso che è un imperativo etico naturale; la mano che offre una mano. Una legge naturale umana. Eppure periodicamente torna la polemica sul crocefisso nelle scuole, nei luoghi pubblici che secondo alcuni sarebbero profanati dalla sua presenza violando la laicità dello stato. Non vi è paese d’Europa che non abbia un campanile e un camposanto, non vi è percorso che prima o poi non incontri una cappellina votiva. La storia ci spiega che le abbazie dei monaci sono stati, oltre a luoghi di ora et labora, centri vitali di cultura, scienze ed arti che hanno ispirato e originato l’Europa. Non a caso S. Benedetto è il suo patrono. Eppure non vogliamo riconoscere questa originarieta’ nella Costituzione Europea che ancora non riusciamo a far nascere. Siamo figli di questa storia, il cuore lo sa mentre la ragione cerca di negarlo. È tempo di sanare questa lacerazione che divide le comunità. Nella giusta laicità fondata sulla fraternità vi è anche la religiosità che sta negli aneliti inevitabili dell’umano. È il corpus della nostra identità personale e comunitaria. Siamo figli della Croce da cui scaturiscono gioia e speranza.

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