Prendere sul serio fino in fondo il senso della Liberazione e i valori costituzionali, significa anche considerare quel valore fissato dall’art.11 sul ripudio della guerra da parte della nostra Repubblica, nei giorni in cui, in un silenzio assordante, anche dei cattolici “conciliari”, per la quarta volta in vent’anni il nostro Paese prende parte più o meno direttamente ad un conflitto armato.
L’Italia unita ha 150 anni. Un secolo e mezzo di un grande cammino che ci ha condotto a divenire una moderna democrazia. Oggi il nostro futuro non è più demandato solo allo Stato nazionale ma è più che mai legato all’integrazione europea, il cui percorso, per molti versi, rammenta quello del nostro Risorgimento per l’unificazione della nostra penisola.
Un “grazie” sincero al presidente della Corte Costituzionale Ugo Di Siervo per la chiarezza con cui è intervenuto sulla questione linguistica (ma di sostanza) a proposito del cosiddetto “federalismo fiscale”. Non c’è nessun federalismo da attuare in Italia, c’è un serio lavoro di autonomia spinta da completare.
La Costituzione materiale sta cambiando sotto i nostri occhi e i cittadini sembrano non accorgersene: si vota su schede che danno l’illusione di indicare direttamente il “premier”, ma l’Italia non è una repubblica presidenziale; il voto per il Parlamento è determinato dalle oligarchie di partito e non dal voto libero e dalle preferenze. Avviandoci a una auspicata stagione di riforme, forse conviene ragionare su ciò che sta già succedendo.