L’auto elettrica che ti ricarica
Il mondo è inquinato. Questo ormai lo sappiamo tutti. E questo inquinamento va contrastato, se vogliamo evitare conseguenze catastrofiche. Una delle ricette possibili e da perseguire con urgenza è quella di convertire al più presto il parco veicoli circolante, sostituendo i motori a scoppio con quelli elettrici e, contemporaneamente, aumentando la produzione elettrica da fonte rinnovabile.
Perché ovviamente ha poco senso alimentare un’auto elettrica con energia ottenuta da combustibili fossili. Questa infatti è una delle principali obiezioni che vengono mosse all’auto elettrica, insieme alla scarsa autonomia e alla carenza di strutture di ricarica. Sono argomenti pretestuosi, già confutati decine di volte, ma che vengono ciclicamente riproposti, a volte da persone poco informate, altre volte da qualcuno che vuol difendere gli interessi legati alle fonti fossili e alla produzione di veicoli con motore a scoppio, destinati a diventare obsoleti in tempi non troppo lunghi.
Ma ormai molti imprenditori hanno capito che la transizione verso un nuovo modello di sviluppo è inevitabile e, anziché sprecare energie e risorse cercando di frenare il progresso, hanno deciso di investire per cogliere preziose opportunità di sviluppo.
È il caso di Renault-Nissan-Mitsubishi, azienda leader a livello mondiale in campo automobilistico, in particolare nel segmento elettrico, grazie a Nissan Leaf e Renault Zoe. La casa costruttrice ha appena avviato una sperimentazione che costituisce un ulteriore tassello verso quella transizione energetica necessaria per abbattere inquinamento e riscaldamento globale.
Si tratta della ricarica elettrica bidirezionale, un’innovazione che potrebbe risolvere molti dei problemi legati alla produzione da rinnovabili, alla mobilità sostenibile e alle esigenze delle comunità energetiche, di cui ci siamo già occupati in queste pagine.
In sostanza, la Casa automobilistica sta attrezzando 15 Zoe con una tecnologia che consentirà alle autovetture non solo di assorbire energia dalla rete per ricaricarsi, ma di restituire l’energia alla rete stessa in caso di necessità. Al momento, solo la “cugina” Nissan Leaf (marchio diverso, stesso Gruppo automobilistico) consente questa possibilità, ma opera in corrente continua. Le Zoe oggetto della sperimentazione funzioneranno invece in corrente alternata, modalità operativamente più semplice e che dovrebbe consentire di ridurre i costi, oltre a permettere la ricarica di un maggior numero di vetture in contemporanea.
Grazie a questa opzione, le auto elettriche sono destinate a diventare una vera e propria infrastruttura di “accumulo diffuso”, utilissima per gestire la produzione di energia da rinnovabili, per sua natura non prevedibile, incostante e soggetta a orari e condizioni meteo. Per capirci: a livello domestico, si possono avere sul tetto dei pannelli che producono energia fotovoltaica di giorno, ma che viene utilizzata prevalentemente la sera, con luci, tv eccetera. Sorge allora il problema o di avere una struttura di accumulo, oppure di stipulare un contratto “bidirezionale” col gestore, che consenta di alimentarsi quando necessario e cedere energia quando se ne produce in eccesso.
Con l’implementazione della produzione da rinnovabili, crescerà l’esigenza di gestire i picchi di produzione e domanda, non sempre coincidenti. In presenza di un aumento della richiesta, infatti, non sarà possibile chiedere al sole di battere più forte o al vento di soffiare con maggiore velocità. Solo l’idroelettrico garantisce una risposta immediata e flessibile, grazie alla modulazione di flussi e riserve di bacino.
Per ottimizzare la discontinuità di produzione e le esigenze di consumo, ecco allora che occorre avere a disposizione una rete distributiva intelligente, in grado di compensare gli squilibri grazie a strutture di accumulo. In quest’ottica, le auto elettriche dotate dell’opzione “bidirezionale” diventerebbero parte integrante del sistema, con la possibilità di assorbire – o eventualmente cedere – energia in base al rapporto fra produzione e consumo.
Opzione ancor più appetibile per le future “comunità energetiche”, entità territoriali composte da un certo numero di “prosumers”, produttori-consumatori di energie rinnovabili che vedrebbero aumentare le possibilità di accumulo e di mobilità sostenibile, oltre al non trascurabile vantaggio di essere remunerati per il servizio che l’auto offrirebbe alla rete elettrica in quanto punto di accumulo e rilascio di energia.
La tecnologia messa in sperimentazione da Renault richiede minime modifiche alle colonnine già presenti, con costi relativamente contenuti. Il Direttore Veicoli Elettrici del Gruppo Renault, Gilles Normand, ha dichiarato: «Abbiamo scelto una tecnologia a bordo che consente anche di ottimizzare il costo della colonnina di ricarica e, pertanto, di facilitare lo sviluppo su larga scala della mobilità elettrica». Il progetto si svilupperà nel corso del 2019 a partire da Utrecht, in Olanda, e sull’Isola di Porto Santo, vicina a Madeira, per poi proseguire in Francia, Germania, Svizzera, Svezia e Danimarca.
Nessun segno di vita invece dall’Italia, che continua a perdere terreno su quella che è chiaramente la strada del futuro, ma che il nostro Paese sembra avere grande difficoltà a imboccare, forse frenato da miopi interessi in campo automobilistico ed energetico.
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