Verona, il silenzio dei cattolici democratici.

Il raduno di Verona sulle famiglie ha innescato una polemica frontale tra quel mondo cattolico e lo storico movimento femminista e tutto ciò che è riconducibile a quella cultura. Una sorta di nuova e rinnovata riedizione di quegli “opposti estremismi” a cui eravamo abituati negli anni ’70 nel dibattito infuocato della politica italiana. Una situazione inedita perche’ era da molti lustri, se non da decenni, che non assistevamo più a queste manifestazioni, a questa simbologia, a questi riti e, soprattutto, a questa radicale contrapposizione ideologica. Ora, nel rigoroso rispetto di tutte le opinioni – il che sarebbe già uno straordinario passo in avanti – e’ del tutto evidente che in questo singolare confronto dettato da ragioni esclusivamente elettorali e di consenso in vista delle ormai prossime consultazioni europee, emerge il plateale silenzio di chi, in un passato anche solo recente, riusciva ad evitare questa contrapposizione frontale tra i vari schieramenti in campo e a battere, di conseguenza, quella radicalizzazione culturale che è sempre causa ed origine di atteggiamenti integralistici e settari. Da qualunque parte provengano. Mi riferisco, nello specifico, al silenzio dei cattolici democratici e popolari che, grazie alla loro esperienza, al loro stile e alla loro cultura, riuscivano anche in situazioni di scontro frontale a riallacciare le fila di un dialogo fecondo e costruttivo tra i pomi della discordia. Quei cattolici democratici e popolari che anche nella grande e composita Democrazia Cristiana sono sempre risusciti ad imporre un metodo squisitamente democratico al di là e al di fuori di qualsiasi degenerazione confessionale, clericale e settaria. Del resto, il ritorno della destra e, nello specifico, della destra cattolica fa da contraltare al riemergere di un laicismo di sinistra che, se non viene governato e guidato da chi non condivide questa contrapposizione, non può che sfociare in una radicalizzazione politica, culturale e anche etica che rischia di indebolire lo stesso tessuto democratico del nostro paese. Un ruolo, questo, che proprio in Italia è stato assolto storicamente da quel cattolicesimo democratico e popolare che oggi continua ad essere presente nel variegato mondo cattolico italiano ma che stenta a ritrovare le ragioni per una vera ed autentica cittadinanza politica e culturale. Comunque sia, e al di là dello stesso merito innescato dalla doppia manifestazione di Verona, riemergono tutte le condizioni per un ritorno al più classico conflitto tra la destra e la sinistra nel nostro paese. Uno scontro, però, che prescinde da ciò che emerge dai singoli fronti e si trasforma in una crociata perenne dove la posta in palio è la distruzione dell’avversario e l’annientamento politico, morale e culturale del “nemico”. Ciò che è avvenuto puntualmente nella doppia manifestazione di Verona e tra i supporter giornalistici e mediatici delle rispettive posizioni. E questo perché, per rifarsi all’area cattolica, perdura l’inspiegabile silenzio di quella corrente ideale, cioè i cattolici democratici appunto, che nel passato sono riusciti ad evitare quella contrapposizione frontale su temi eticamente sensibili che sono sempre all’origine della spaccatura frontale nel paese che, di norma, precede lo scontro politico ed ideologico. Era appena sufficiente ascoltare gli slogan che guidavano le prime fila delle due manifestazioni veronesi per rendersi conto che non può essere quella la strada per affrontare seriamente anche i temi riconducibili ad una attenta e costruttiva politica per la famiglia nel nostro paese. E questa è anche la ragione affinché, in questa fase politica italiana, si rimetta in campo una esperienza politica che sappia rilanciare la miglior tradizione cattolico democratica e popolare da un lato con una posizione politica che eviti come ragione sociale la radicalizzazione del confronto. Quella che un tempo veniva felicemente definita come una “cultura di centro” che origina una “politica di centro”. Una esperienza politica che individua proprio nello stile e nella proposta dei cattolici democratici e popolari un perno essenziale per battere gli “opposti estremismi”. Aperta, com’è ovvio, ad altre culture e filoni ideali. Una posizione politica e culturale sempre più necessaria e indispensabile anche perché alla presenza ormai consolidata di una destra politica, culturale ed etica nel nostro paese – altroché la variopinta carovana berlusconiana… – fa da contraltare il ritorno di una sinistra ideologica e settaria che non tollera e non contempla posizioni intermedie e meno radicali. Altroché la comprensione delle ragioni degli avversari o l’elaborazione di una proposta politica frutto di un confronto costruttivo e fecondo tra le varie posizioni. Ma una “cultura di centro” e una “politica di centro” possono decollare solo se, contemporaneamente, ritorna protagonista – e non solo nell’area cattolica italiana – quel cattolicesimo democratico e popolare che è sempre riuscito, anche nei tornanti più delicati e difficili della storia politica italiana, a giocare un ruolo decisivo per la conservazione e la valorizzazione della nostra democrazia. Verrebbe da dire, per citare uno slogan molto popolare a Verona, “se non ora quando”?

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