Ferrovia Cuneo – Ventimiglia
Uno degli argomenti preferiti dai Si-TAV, i promotori del quadruplicamento della linea ferroviaria del Frejus, è che sia un’opera strategica e indispensabile per evitare che il Piemonte resti isolato. Eppure, basterebbe tornare con la memoria alla geografia che ci insegnavano alle elementari, per ricordarsi che il Piemonte è una delle poche regioni italiane con un confine internazionale, anzi una delle pochissime ad averne due, con Francia e Svizzera. Situazione analoga a quella della Val d’Aosta, la quale però a sua volta è racchiusa dal Piemonte stesso. Ne consegue che chiunque transiti via terra fra Italia e Francia deve passare dal Piemonte, con l’unica eccezione del valico ligure di Ventimiglia, piuttosto congestionato dal punto di vista stradale e con una linea ferroviaria che a tratti viaggia ancora a binario unico.
Come si può pensare che resti isolato? E ancora, siamo sicuri che il quadruplicamento della linea del Frejus sia davvero la priorità dei trasporti e dell’economia del Piemonte e dell’Italia (per non parlare dell’Europa)?
Forse varrebbe la pena completare prima il raddoppio della ferrovia Genova – Ventimiglia. O prolungare l’asse dell’Alta Velocità fino a Trieste. O, più semplicemente, mettere in atto un serio programma di miglioramento e manutenzione delle infrastrutture esistenti, prima di costruirne altre.
Per esempio, sempre in tema di collegamenti tra Piemonte e Francia, si potrebbe dedicare un po’ di attenzione alla negletta ferrovia Cuneo – Ventimiglia, che da tempo langue in condizioni deplorevoli, più a causa di incuria politica che di problemi tecnici. E la colpa, una volta tanto, non è degli italiani, bensì dei francesi. Se a questo si aggiunge che i cugini d’oltralpe hanno anche cancellato tutti gli interventi previsti sulla linea che dovrebbe collegarsi al tunnel del TAV, rimandandoli di una ventina d’anni, viene da chiedersi quanto Parigi sia veramente interessata ai collegamenti con l’Italia, veloci o meno che siano.
Ma torniamo alla Cuneo – Ventimiglia, detta anche linea del Tenda, che collega due città italiane attraverso la Val Roia, ceduta alla Francia dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale. La ferrovia venne concepita ai tempi del Regno di Savoia, quando anche Nizza faceva parte dei possedimenti della casata subalpina e occorreva un collegamento diretto fra Torino, capitale del regno, e la città portuale della Costa Azzurra. Da allora la situazione è cambiata parecchio, con la cessione di Nizza e Savoia alla Francia in cambio dell’aiuto militare per le guerre d’Indipendenza, seguita dall’ulteriore perdita dell’Alta Val Roia a seguito dei trattati di pace siglati nel secondo dopoguerra.
Tuttavia la Francia, dopo essersi annessa la valle del torrente Roia, non ha mai manifestato particolare interesse per quell’area, sostanzialmente avulsa dal resto del territorio transalpino. Un disinteresse che si riverbera e palesa anche nelle vicende della linea ferroviaria che, in effetti, è funzionale più alla logistica italiana che a quella francese. Il grosso dell’utenza, infatti, più che all’interno della valle, è quello che si muove fra Cuneo e Ventimiglia o viceversa. O che almeno vorrebbe farlo, se non venisse ostacolata in tutti i modi.
Dopo i fasti degli anni ’30 del secolo scorso, quando la tratta faceva parte di un “corridoio” che, attraverso Torino, collegava la Svizzera e parte del Nord Europa con il mare, la ferrovia subì gravi danni in tempo di guerra, tanto da venire riattivata solo a fine anni ’70. Nonostante ciò, il percorso della linea, in particolare all’interno della valle, ha fatto sì che nel 2016 la rivista tedesca Hörzu classificasse la tratta completa, da Torino a Nizza, al nono posto fra le dieci ferrovie più belle del mondo.
Un valido motivo di orgoglio, ma che non ha messo la linea al riparo da problemi tecnici. Nel 2017 la ferrovia è stata chiusa per manutenzione e ammodernamento, l’inizio di un piccolo calvario. Nonostantela sua utilità logistica e l’intrinseca bellezza del percorso, valido anche a fini turistici, non si è ancora riusciti a ripristinare appieno la sua funzionalità, con grande esasperazione per i fruitori.
Vedendo con quale pervicacia venga perseguita l’idea di costruire il TAV in Valsusa, risulta incomprensibile il disinteresse verso questa linea che, pur essendo a sua volta potenzialmente strategica, viene lasciata in condizioni di esercizio deplorevoli. Nonostante l’Italia abbia speso 29 milioni di euro (cifra ragguardevole, ma infima se confrontata con gli 8 miliardi circa previsti per il TAV) per mettere in sicurezza la linea in territorio francese, i “cugini” d’oltralpe hanno deciso di mantenere il limite di 40 Km orari. Alla faccia dell’Alta Velocità “indispensabile” per collegarsi alla Francia.
È chiaro che una simile limitazione pregiudica la funzionalità della linea, allungando i tempi di percorrenza tanto da impattare anche sulle coincidenze in territorio italiano. Un vero peccato, visto che l’utenza potenziale sarebbe elevata: secondo dati della Regione Piemonte, prima di essere ridimensionata nel 2013, la tratta contava 900 passeggeri al giorno. Non per niente una raccolta firme in difesa della linea ha raggiunto 25.000 adesioni, senza contare la pressione delle Amministrazioni locali e della stessa Regione Piemonte.
A questo punto, visto che si tratta di un collegamento internazionale, sarebbe opportuno un intervento del Governo, finora assolutamente latitante sulla questione, per ridare dignità e vigore a questa linea storica, che proprio quest’anno celebra i 40 anni dalla riapertura nel 1979, anche se la situazione non invita a grandi festeggiamenti. In compenso, il Comitato Ferrovie Locali ha indetto una manifestazione per domenica 12 maggio, per mantenere alta l’attenzione e testimoniare il proprio attaccamento a una ferrovia che meriterebbe maggiore considerazione da parte di tutti. In particolare di chi considera il collegamento con la Francia talmente “strategico” da voler spendere 8 miliardi di soldi pubblici, ma solo per duplicare la linea del Frejus, che già funziona egregiamente.
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