Autostrade elettriche


I principali problemi che frenano lo sviluppo della mobilità elettrica sono la ridotta autonomia dei veicoli, i lunghi tempi di ricarica delle batterie e la scarsa diffusione di stazioni per la ricarica stessa. O almeno, questo è ciò che pensa la maggioranza dell’opinione pubblica, anche se le cose non stanno proprio così, come possono testimoniare i non pochi utenti che già oggi si muovono con auto elettriche, e che non tornerebbero indietro a quelle con motore a scoppio. Inoltre, tecnologia e infrastrutture stanno evolvendo velocemente, tanto da rendere palpabile la differenza anche rispetto a solo un paio di anni fa.

Tuttavia, non c’è dubbio che per alcuni aspetti siamo ancora in una fase iniziale, dove molte ipotesi restano aperte e occorre valutare in quale direzione muoversi. Va vista proprio in questo senso la sperimentazione che in questi giorni si sta avviando in Svezia per costruire un tratto di strada dove i veicoli in transito verranno ricaricati per induzione, ovvero senza un collegamento diretto con la rete elettrica. L’idea non è del tutto nuova ed è già stata presa in considerazione anche in altri Paesi quali Olanda e Gran Bretagna, ma vale la pena parlarne per analizzare quali siano le alternative in campo.

Intanto, è opportuno ricordare che qualcosa di simile è già stato realizzato, diversi anni fa, a Torino, nell’ambito del trasporto pubblico: per operare su due linee destinate ad attraversare il centro storico, si sono scelti autobus elettrici di dimensioni ridotte, tuttora in servizio, che vengono appunto ricaricati a induzione. In pratica, quando il mezzo staziona al capolinea, ricarica le batterie grazie al campo magnetico generato da un impianto posizionato al di sotto del manto stradale.

Un’idea innovativa che, come purtroppo accade spesso nel nostro Paese, non ha avuto seguito. Le due linee in questione sono rimaste le uniche del capoluogo subalpino servite da autobus di quel tipo ed evidentemente nemmeno altre aziende di trasporto pubblico hanno manifestato il loro interesse, tanto che la ditta che produceva quei veicoli è scomparsa dal mercato. Così oggi, dopo aver perso quelle competenze, siamo costretti a comprare gli autobus elettrici dai cinesi, che nel frattempo hanno investito moltissimo per sviluppare questo settore, avendo fiutato le potenzialità di questo business. Insomma, potevamo essere all’avanguardia, invece ci ritroviamo a inseguire.

Ma torniamo alla Svezia. La differenza rispetto alle stazioni di ricarica dei bus torinesi, che operano in condizioni statiche, è che il progetto che sta per essere messo in campo dagli scandinavi dovrebbe consentire la ricarica ai veicoli in movimento. Il consorzio Smart Road Gotland, consociato con la ditta israeliana Electron Wireless, si è aggiudicato l’appalto indetto dall’amministrazione dei trasporti svedese per costruire un tratto di strada con le piastre a induzione integrate nel manto stradale.  Il costo previsto è di 10,6 milioni di euro (8,8 di fondi pubblici) per un segmento di appena 1,6 chilometri, facente parte della tratta di 4,1 chilometri che collega l’aeroporto di Visby, situato nell’ìsola svedese di Gotland, al centro della città.

Il breve tratto sarà collaudato da due veicoli sperimentali, un autobus che fungerà da navetta per i passeggeri in transito fra città e aeroporto e un camion, che dovrebbe fornire i dati per valutare la praticabilità del sistema su scala più ampia. In caso positivo, il Governo sarebbe intenzionato a realizzare fino a 2.000 chilometri di strade attrezzate con questo sistema, per implementare le possibilità di trasporto con veicoli elettrici e abbattere in tal modo le emissioni prodotte dai motori a scoppio.

Come precisato, si tratta di una sperimentazione, quindi è normale che il costo chilometrico sia piuttosto elevato. Tuttavia, il sistema a induzione ha già dato spunto a critiche, per via della dispersione di energia a cui sarebbe soggetto. Per intenderci, un veicolo collegato alla rete elettrica con una spina infilata in una presa sarebbe in grado di ricaricare le batterie in modo più rapido ed efficiente  di quanto possa fare un campo magnetico posto a qualche centimetro di distanza dal mezzo in ricarica. Va da sé che questo vale in condizioni statiche. Ma quando si deve ricaricare viaggiando, è evidente che occorre studiare qualcosa di diverso, e l’autostrada a induzione potrebbe essere una soluzione. Ma tenere sotto tensione chilometri di bobine immerse nell’asfalto per creare i campi magnetici necessari alla ricarica induttiva ha un elevato costo energetico, per cui è opportuno valutare anche altre alternative.

Un’altra ipotesi è quella di “annegare” nell’asfalto un binario metallico, dal quale i veicoli potrebbero attingere energia tramite un piccolo “pantografo” posizionato sotto la scocca e rivolto verso l’asfalto, sufficientemente flessibile e basculante da riuscire a rimanere a contatto nonostante l’inevitabile rollio dei veicoli, compresi quelli con funzionalità di guida assistita. Il vantaggio sarebbe che il binario potrebbe essere inserito più agevolmente in un tratto di strada già esistente, con un piccolo taglio nell’asfalto, mentre per posizionare le piastre a induzione bisognerebbe smantellare tutta la copertura e ripristinare il manto a installazione completata. Un po’ di problemi potrebbe darli invece la gestione del braccio di collegamento, in caso di cambi di corsia (perdita di contatto) o sobbalzi violenti (rischio di rottura). Ma soprattutto, occorre valutare i rischi di folgorazione in caso di pioggia o contatto accidentale da parte di pedoni o fauna vagante.

Forse, a ben vedere, il sistema più efficiente e sicuro (anche se esteticamente meno bello) è quello di una linea elettrica aerea, con i veicoli collegati tramite un normale pantografo. Come i vecchi filobus, efficienti, silenziosi e non inquinanti, messi inspiegabilmente da parte per essere sostituiti da fumosi pullman diesel, responsabili di tonnellate di emissioni nocive e che richiedono molta più manutenzione di un qualsiasi motore elettrico. Sarebbe interessante capire chi prende determinate decisioni e in base a quali valutazioni. Questo sistema è a sua volta in fase di sperimentazione in alcuni Paesi, tra cui la Germania. E qualcuno ha pensato che potrebbe essere anche una valida alternativa al TAV Torino-Lyon. Infatti, se la tratta autostradale del Frejus fosse attrezzata in questo modo per consentire la percorrenza a TIR con motrici elettriche, si abbatterebbero immediatamente emissioni inquinanti e rumorosità. Il vantaggio sarebbe che il sistema potrebbe essere costruito con tempi e costi decisamente inferiori a quelli previsti per il secondo tunnel ferroviario. 

Naturalmente, è possibile che la soluzione più efficiente sia un mix delle varie ipotesi elencate sopra, a seconda delle variabili logistiche e di utilizzo. In ogni caso, qualunque sia il sistema che si deciderà di utilizzare per trasmettere energia ai veicoli elettrici, sarà poi fondamentale che tale energia sia prodotta da fonti rinnovabili e in modo sostenibile. Un argomento che affronteremo prossimamente.

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