Cattolici, storia di un dibattito tra politica, irrilevanza e scialuppe di salvataggio Prima parte: i virus della seconda repubblica
Stiamo vivendo un periodo di grande fermento letterario nell’orto dell’ipotetica riorganizzazione politica dei cattolici e, nel mentre, due realtà, tra le tante, “Politica Insieme” e Demos, nei primi giorni di luglio faranno assemblee nazionali ciascuna lanciando una chiamata ad appassionati e curiosi del genere.
Il voto del 4 marzo 2018
Può essere interessante provare a fare un brevissimo e non esaustivo riassunto delle puntate precedenti. Sei mesi prima delle elezioni politiche del 2018 inizia un serrato dibattito legato alla presenza dei cattolici che si riduce, alla fine, alla nascita di due appendici distribuite sui due fronti di destra e sinistra, ossia “Noi per l’Italia” e “Civica popolare” messe su un po’ alla veloce per le elezioni alle quali non ottengono risultati apprezzabili (infatti se ne sono perse le tracce!). Sempre prima di quell’appuntamento si è costitutito il “Popolo della Famiglia” che pur superando i 200.000 voti non sfonda rimanendo chiuso nell’angolo dell’azione politica monotematica e abbiamo pure letto dell’orizzonte dei cattolici democratici posto dalle parti dell’estrema sinistra di “Liberi e Uguali”, ma anche su ciò pare si sia preferito stendere un velo pietoso.
I risultati elettorali consegnano un profondo cambio del campo politico italiano sostanzialmente archiviando, anche per mezzo di attori politici “fuori schema” come i pentastellati ed il sistema elettorale a base proporzionale, la così detta “seconda repubblica”, figlia delle idee di due personaggi che non possono essere disgiunti, ossia Berlusconi e Prodi, caratterizzata da bipolarismo con tendenza al bipartitismo, partiti plurali con contaminazione delle identità da liquefarsi, personalizzazione estrema, disintermediazione politica attraverso strumenti di tentata colleganza diretta popolo/leader, ripetuti tentativi di manomissione della Costituzione. Tale archiviazione avviene, però, mantenendo in circolo, nel sistema politico, i virus di quella stagione, ossia leaderismo e populismo latente che oggi esplode prepotentemente (anche come reazione all’elitarismo ed all’ideologia del politically correct sotto cui si sono mosse tante lobby).
Il governo gialloverde
Nasce il governo M5S/Lega caratterizzato da una azione comunicativa possente e prepotente soprattutto del leader leghista: proprio la comunicazione appare interessante da osservare con un po’ di attenzione perchè può essere utile per il dibattito in corso tra quel che rimane dei cattolici. A fronte di questo dibattito che continua ad arrovellarsi su centrodestra/centro-destra e centrosinistra/centro-sinistra, alleanze (richiamando la cultura dell’alleanza degasperiana ma piegandola alle personali impostazioni fino a distorcerla) e di chi è rimasto a impostare il campo politico sullo schema bipolare (ad esempio l’ormai attempato Berlusconi), mantenedo surrettiziamente in vita una delle più grandi finzioni del venticinquennio fallimentare che abbiamo alle spalle, ossia la trasformazione dell’alleanza in una qualche forma liquida di identità composita costruita in laboratorio, dalle parti leghiste (e naturalmente pentastellate che ne sono sempre stati fuori) tale schema è sparito, non se ne parla mai. Anche nel linguaggio comune ormai, anche se a livello locale in qualche modo il cambio è più lento, si sta superando tale tipo di contrapposizione aderendo ad un’altra tutta impostata sul confronto tra identità forti: non è un caso che le polemiche (e fin anche i fischi) viaggino contro chi ha una identità forte e radicata nel popolo, ossia la Chiesa ed i suoi uomini che non si riducono ad accogliere un’impostazione cristianista (cfr. Remy Brague) fungendo da instrumentum regni.
Nel mentre, col 2019 siamo entrati nell’anno centenario dell’Appello ai “Liberi e Forti” di don Luigi Sturzo con cui nacque il Partito Popolare Italiano, una storia che ha fatto germogliare una tradizione, una cultura, delle organizzazioni che hanno attraversato da protagoniste quasi tutto il ‘900 fino ad una fine poco gloriosa e anni di progressiva irrilevanza e sudditanza rispetto ad altre tradizioni politiche dovuta ad una classe dirigente non all’altezza (il paragone con la storia della CDU tedesca è esemplare). Il cardinal Bassetti, Presidente della CEI, proprio in vista del centenario sturziano, ebbe a dettare una linea interessante, riprendere la tradizione popolare, la storia democratico cristiana senza nostalgie per le organizzazioni, figlie del proprio tempo, ponendo, però una premessa consistente nel necessario superamento della frattura tra cattolici del sociale e cattolici della morale, i quali, per giustificare la propria esistenza, hanno portato nelle comunità ecclesiali la divisione e un’acritica, ed a questo punto fuori tempo, adesione alla divisione bipolare tanto da spacchettare la visione sociale cristiana in due posizioni ideologiche.
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