Il 2010, “annus horribilis” dell’informazione. E domani?
Una informazione che si guarda allo specchio alla fine di questo 2010, definito “Annus horribilis” dall’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi) della Lombardia. Non solo e non tanto per le ricadute di una non risolta crisi economica, ma sopratutto per una percepita caduta di qualità nella carta stampata e giornalismo televisivo.
Per la televisione, ha confermato Antonio Nizzoli dell’Osservatorio di Pavia – relatore con Fausto Colombo e Franco Siddi al Convegno di metà dicembre al Circolo della stampa di Milano – è confermata la divaricazione fra le preoccupazioni economiche dei cittadini e la loro sostanziale assenza nelle scalette dei telegiornali, come l’anomalia tutta italiana dello spazio dedicato alla criminalità. Un clima ansiogeno e artificioso, in una informazione televisiva italiana che enfatizza le questioni politiche con un tasso di controversialità (lo spazio dedicato alle dichiarazioni dei differenti attori) che non ha eguali in Europa.
Una crisi strutturale che Fausto Colombo, direttore di OssCom dell’Università cattolica, spiega nell’affanno dell’informazione, radiotelevisiva o scritta, di mantenere il suo ruolo classico di cane da guardia nelle democrazie occidentali ormai non più partecipative ma incamminate verso l’involuzione di una “democrazia dell’audience”. Da qui il crescente concorrere di interessi politici ed economici per il controllo e l’uso improprio dei media, surrogato della partecipazione, in cui alla fine “il conenuto è il grande rimosso”. Da questa situazione trae origine la stagione dei dossier fabbricati ad arte: un nuovo “giornalismo d’inchiesta senza inchiesta” in cui lo scopo è quello di creare audience “e poi vedere cosa succede perché qualcosa succederà”. Un calcio a ogni preoccupazione deontologica e all’antico dovere di verifica e aderenza alla realtà di ciò che si offre al lettore. Tutto questo complicato dalla rivoluzione tecnologica che sta creando, come dimostra il caso Wikileaks, la fine di ogni retroscena segreto e l’apertura di nuovi spazi potenzialmente illimitati che richiederebbero semmai una maggiore attenzione professionale.
Nuovi spazi, ma giuridici, sono stati evocati pure da Luigi Ferrarella, inviato di cronaca giudiziaria del Corriere della Sera, che dopo il dibattito sulla legge bavaglio, insabbiatosi in Parlamento dopo lo scontro politico della scorsa estate, ha chiesto una revisione dello status del giornalista. Solo la trasparenza, cioè il pieno accesso agli atti giudiziari, può “sbiancare l’opacità in cui riposa l’accesso personale alle fonti”. Ma la trasparenza esige un filtro frutto di un’etica professionale tutta da riscrivere “perché il risultato non può essere di ingozzare il lettore di nuove inchieste fabbricate in diretta come ad Avetrana”. La triste consapevolezza, almeno in alcuni casi limite, è di aver rotto il patto tacito ma da sempre scritto di fiducia fra giornalista e lettore.
Un nuovo spazio mediatico nella democrazia dell’audience e in una rete davvero globale che deve essere riempito “alzando l’asticella della responsabilità”, unico modo per il segretario della FNSI Franco Siddi, di vivere con responsabilità questa nuova stagione. Spazi confinati, ma per ora senza accademie e luoghi di confronto: una fatica del pensare il giornalismo che potrebbe rilanciare il ruolo culturale degli organismi sindacali e delle unioni professionali per uscire da una rassegnazione che confina con il provincialismo.
Il Sole24Ore online ha pubblicato un articolo di cronaca dell’evento, che può essere letto sul link:
http://www.ucsi.it/index.php?option=com_content&view=article&id=799:giornalismo2010-annus-horribilis-per-linformazione-convegno-a-milano-14-dicembre-dellucsi-lombardia-per-fare-un-bilancio-sulla-professione-intervento-anche-del-segretario-fnsi-siddi&catid=2:la-professione&Itemid=7
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