Grecia, la destra torna o prosegue?
L’esito delle elezioni in Grecia può dire molte cose, almeno a quelli che ancora accreditano di una qualche rilevanza i fatti rispetto alle narrazioni ufficiali. Queste ultime parlano di una Grecia felice e risanata, pronta a divenire fra un po’ una tigre dell’Egeo e di una festa della democrazia nella quale ad una Syriza, keynesiana nei proclami ma rigidamente neoliberista nei fatti, succede la Nuova Democrazia del tecnocrate Kyriakos Mitsotakis, rappresentante di quel partito che è stato il solo e unico responsabile della crisi della Grecia.
Il primo, macroscopico, dato politico è che quando la sinistra al potere fa politiche austeritarie, e dunque iperliberiste, gli elettori poi finiscono per preferire l’originale, ritenendo, forse a torto, che un governo moderato possa realizzare con meno furore i diktat della Troika che dal 2010 sta governando il Paese ellenico.
Questo primo dato ne contiene in sé un altro ancora più rilevante, ovvero: se la sinistra quando va al potere fa politiche di destra, allora vuol dire che o non vi sono alternative oppure che il voto e la democrazia non contano più sulle cose importanti (il bilancio, la politica fiscale, economica, monetaria). La parabola politica di Tsipras rappresenta bene questo stato di cose: le elezioni vinte nel 2015 con un programma avanzato, il mandato popolare ricevuto nello stesso anno con il referendum per il no alle pretese dell’Unione Europea, seguiti dalla sottomissione ad una agenda fatta di tagli al welfare, svendita degli assets nazionali, spaventosa sottoremunerazione del lavoro, stretta fiscale. Un insieme di cose che ha gettato la classe media greca sul lastrico, moltissimi hanno perso la casa, le famiglie hanno raggiunto livelli di indebitamento mai visti, la povertà è aumentata, la mortalità infantile ha raggiunto livelli da terzo mondo per mancanza di cibo e delle cure necessarie, la maggior parte dei giovani ha lasciato il Paese. Tutto ciò per che cosa? Per qualche decina di miliardi di Euro di esposizione debitoria verso le banche tedesche e francesi. Era possibile, e con relativa facilità, evitare di mettere in ginocchio la Grecia ma non è stato fatto, preferendo trattare la culla della civiltà occidentale come una cavia su cui sperimentare le ricette ordoliberiste, che peraltro sono le fondamenta sulla quale si è pensato di edificare l’Europa post Maastricht.
Una terza questione pone quindi il voto greco. Sinché l’Unione Europea, tradendo quello che era il disegno comunitario e solidaristico dei padri fondatori e che ha guidato il cammino dell’Europa dalla Ceca alla Comunità Europea, considera sacri, inviolabili, inemendabili i vincoli derivanti dall’ordoliberismo e dal mercantilismo, non riuscirà ad essere la soluzione alle crisi degli stati, anzi più verosimilmente ne diviene una concausa. E di riflesso finché i bei valori della sinistra nelle concrete scelte di governo cederanno il passo al pareggio di bilancio e alla precarizzazione del lavoro, alla compressione di salari e diritti sociali onde consentire il maggior surplus di bilancio possibile al Paese egemone dell’Ue, in una sfida agli Stati Uniti che risulta già compromessa in partenza, non solo l’integrazione europea non potrà compiere passi avanti ma l’Ue rimarrà a rischio d’implosione, la questione sociale si farà incandescente in tutti gli stati, e la periferia d’Europa, i Paesi mediterranei, sarà quella destinata a pagare il prezzo più alto. A cominciare dalla Grecia, dove una sofferenza sociale così alta e causata senza che vi fosse alcuna reale necessità economica, si presta a esser tenuta a bada dall’aumento della tensione con il potente Vicino islamico. I torti e le violazioni dei diritti umani inflitti al popolo greco con l’austerità, la deflazione senza fine che consegue da impegni assurdi imposti alla Grecia come l’avanzo primario del 2,2% del pil fino al 2060 (sic!), rischiano di alimentare un tale scontento che potrebbe presto tramutarsi come benzina sul fuoco delle mai semplici relazioni fra Grecia e Turchia, mettendo a repentaglio la pace e la sicurezza globali. La Grecia è l’immagine negativa di questa Ue, occorre impegnarsi perché non diventi anche l’immagine del suo futuro.
Lascia un commento