Più alberi, meno anidride carbonica
C’è chi gli alberi li brucia, dando fuoco alle foreste e mandando tonnellate di fumi e anidride carbonica nell’atmosfera, per ottenere nuove terre da sfruttare e fare più soldi. C’è chi gli alberi li pianta, perché sa che, fra i vari sistemi per abbattere le emissioni di anidride carbonica, questo è il più veloce, efficace, meno costoso e più facilmente praticabile.
Fin dal primo istante di vita, un albero, come ogni altra forma vegetale del resto, inizia a catturare l’anidride carbonica (CO2) presente nell’atmosfera, che è la causa principale dell’effetto serra, quello che sua volta provoca il surriscaldamento globale e i mutamenti climatici in atto.
Piantare un albero, contribuendo così a diminuire la CO2 e a mitigare gli effetti del riscaldamento globale, è un gesto alla portata di tutti. Da tempo le associazioni ambientaliste operano in tal senso, inserendo nuove piante e arbusti nei terreni e nelle oasi naturalistiche di cui curano la manutenzione, con un’attenzione particolare all’ampliamento della biodiversità nel rispetto delle peculiarità floreali locali. Ma oggi anche altri attori entrano in scena con iniziative simili. Si stanno moltiplicando, per esempio i Comuni dove esiste la possibilità di piantare un albero per ogni nuovo nato, opportunità che viene colta da molte famiglie.
Una nuova sensibilità che si sta diffondendo ovunque, anche nel mondo cattolico: pochi giorni fa, seguendo la linea ecologista dettata da papa Francesco, le Comunità Laudato si’ hanno lanciato l’esortazione a piantare 60 milioni di alberi, uno per ogni cittadino italiano, nel più breve tempo possibile, per aiutare a combattere la crisi climatica. L’appello “Un albero in più” è stato lanciato congiuntamente da Stefano Mancuso, Direttore LINV (International Laboratory for Plant Neurobiology), Carlo Petrini, Presidente Slow Food, e Domenico Pompili, Vescovo di Rieti, che lo hanno rivolto “ad ogni cittadino di buona volontà, ad ogni organizzazione di qualunque natura e orientamento, ad ogni azienda pubblica o privata, alla straordinaria rete di comuni e regioni d’Italia, al governo nazionale“.
I climatologi sono concordi sull’importanza della riforestazione, una strategia semplice ed efficace per catturare la CO2 presente in atmosfera, azione da condurre in parallelo con la drastica riduzione delle emissioni, da ottenere attraverso una decisa diminuzione della nostra dipendenza dai combustibili fossili, attraverso una rapida transizione verso le energie rinnovabili.
Tuttavia, la riduzione delle emissioni e l’implementazione delle energie pulite, pur urgenti e necessarie, da sole non bastano per abbassare gli elevati livelli di CO2 già presenti in atmosfera. Per raggiungere gli obiettivi fissati dalla Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (Cop 21) tenutasi a Parigi nel 2015, ovvero limitare la crescita della temperatura media del globo terrestre al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali entro la fine del secolo, occorre anche riportare i valori dell’anidride carbonica presente in atmosfera a valori simili a quelli precedenti il massiccio utilizzo di combustibili fossili. Significa ridiscendere dalle concentrazioni attuali, circa 415 parti per milione (ppm), dato registrato a maggio 2019, fino a 280 ppm, il livello medio dei 10.000 anni che hanno preceduto la rivoluzione industriale.
Un obiettivo che può essere ottenuto, appunto, grazie al prezioso aiuto fornitoci dagli alberi, che per loro natura catturano e fissano la CO2, togliendola dall’atmosfera, come un gigantesco “aspirapolvere” globale. Attenzione però: per rimanere a questa similitudine, bruciare alberi equivale ad “aprire il sacchetto” di questo prezioso aspiratore, rimettendo in circolo l’anidride carbonica catturata in precedenza. Ovvero, la biomassa vegetale opera un ciclo del carbonio chiuso, cioè la quantità di CO2 catturata durante il ciclo vitale della pianta è la medesima che viene rilasciata dalla sua combustione. si tratta dunque di una soluzione-ponte, per ridurre l’effetto serra nell’immediato, mentre ci adoperiamo per azzerare la quantità di CO2 immessa artificialmente nel sistema terrestre, cioè quella di origine antropica derivante dall’utilizzo dei combustibili fossili.
In sostanza, un albero in più significa molti chilogrammi in meno di CO2 in atmosfera, ma solo finché l’albero non diventa a sua volta combustibile. Un litro di carburante in meno vuol dire invece mediamente due chili e mezzo di CO2 non immessa nell’atmosfera. Attualmente, sulla Terra ci sono 5,5 miliardi di ettari di boschi (dati Fao). Secondo il recente rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change) per ridurre di 1,5 °C il riscaldamento globale entro il 2050 sarebbe necessario avere un miliardo di ettari in più di foreste, in modo da guadagnare tempo mentre riconvertiamo il nostro sistema economico e modifichiamo i nostri stili di vita. Dunque, occorre fare moltissimo, e molto in fretta
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