Centrismo e popolarismo

C’è una domanda che inizia ad essere sempre meno capziosa: oggi dove si trova il confine tra le parti politiche che si confrontano sullo scenario politico? Dov’è la faglia che crea una distinzione?

Tradizionalmente siamo stati abituati alla tripartizione tra destra, centro e sinistra: senza ripercorrere la storia partendo dalla Rivoluzione francese, è possibile sottolineare come destra e sinistra si siano confrontate dall’unità d’Italia fino al 1919 ed il centro fosse una sorta di pantano indistinto, vagamente definito, fin da allora, come un luogo dei moderati cioè di coloro che, mobili tra una posizione e l’altra, erano i tiepidi da conquistare di volta in volta. Poi nacque il Partito Popolare Italiano ad opera di don Luigi Sturzo ed il centro assunse una sua dignità ed autonoma fisionomia perchè caratterizzato da un pesiero originale: proprio il grande sacerdote siciliano spiega cosa sia il “centro” politico a partire da allora. “Per noi il centrismo è lo stesso che popolarismo, in quanto il nostro programma è un programma temperato e non estremo: siamo democratici, ma escludiamo le esagerazioni dei demagoghi; vogliamo la libertà, ma non cediamo alla tentazione di volere la licenza; ammettiamo l’autorità statale, ma neghiamo la dittatura, anche in nome della nazione; rispettiamo la proprietà provata, ma ne proclamiamo la funzione sociale; vogliamo rispettati e sviluppati i fattori di vita nazionale, e così via, dal prim all’ultimo punto del nostr programma ogni affermazione non è mai assoluta ma relativa, non è per sé stante ma condizionata, non arriva agli estremi ma tiene la via del centro. Queta posizione non è tattica. E’ programmatica non deriva da una posizione pratica di adattamento o di opportunità: ma è da una posizione teorica di programma e di idealità. E la ragione di questa posizione teorica che ha la sua origine in un presupposto che caratterizza la ragone etica della vita quale la vediamo noi al lume del cristianesimo, noi neghiamo che nella vita presente si possa arrivare ad uno stato perfetto, ad una conquista definitiva, ad un assoluto di bene. … Destra o sinistra? Ma che c’importa della topografia! Chiamatela come vi pare, per noi è battaglia oggettiva, concreta, logica, che risponde ai nostri principii, ai nostri postulati, alle esigenze politiche del nostro partito… Ora tutto il problema sta qui: c’è posto nella lotta politica per un terzo termine? Noi diciamo di sì e perciò vogliamo mantenerlo puro, invece questo negano i fascisti e ci volgiono decomposti e ridotti a massa di manovra clericale per comodo dei destri; questo e negano i socialisti , che ci hanno sempre contestato la possibilità dell’organizzazione operaia; e questo negano in parte anche gli amici o ex amici did entro e di fuori, affetti dal morbo della filia che tenta di creare nel partito la orientazione e la stabilizzazione delle tendenze, le quali come gruppi in sé sono stati sempre combattuti e riprovati. La filia è un morbo, che deriva dalla poca fiducia e dalla poca convinzione della nostra ragione politica di partito e dei suoi destini: perciò ci sono quelli che credono che è meglio dare al partito popolare un po’ più di tinta democratica e sociale e fanno i filo-socialisti … Altri invece che credono che il mondo può essere salvato dal manganello meglio che dalla Croce, almeno il mondo della proprietà e della ricchezza; oppure che a metter l’ordine, anche senza giustizia e senza libertà, può essere tollerabile la dittatura, e perciò divengono filo-fascisti …Ecco che gli uni e gli altri diranno che il centrismo del partito non è stato un bene e che bisogna andare o a destra o a sinistra. Superate le vostre filie, abbiate fiducia nel partito popolare, come termine raggiungibile di attività politica e quindi anche di dominio delle nostre idee e delle nostre forze e allora vi accorgerete che l’attività del partito segue la sua linea, la sua natura, la sua respnsabilità puramente centrista, perchè popolare. La filia è come gli occhiali colorati che fanno vedere negli oggetti i colori che non ci sono. Oggi è la volta del sinsitrismo del partito: coloro che lo vedono sono proprio i popolari o gli ex popolari filo-fascisti. Ieri quegli altri, i sinistri filo-socialisti, vedevano invece che il mondo popolare andava troppo a destra. Sono le due piccole ali del partito che fan rumore, perchè hanno troppe cosa da dire agli altri e quasi mai delle cose serie e importanti da dire a noi. Questa è la storia, per noi ormai superata, della destra e della sinistra. Parliamo invece del popolarismo che non piega né a destra né a sinistra; questo è il nostro partito, il vero partito di centro…” (don Luigi Sturzo, Il nostro centrismo non è equidistanza, Il Popolo Nuovo, 26 agosto 1923). Un vero manifesto in cui Sturzo pone i punti del popolarismo che o è centrista, portatore di una visione sociale capace di mediazione come stile o semplicemente non è: ben lo capì Alcide De Gasperi che con la Democrazia Cristiana seguì la lezione sturziana con un “partito di centro che guarda a sinistra” non nell’interpretazione sbagliata di andare con “la” sinistra ma di contendere a questa le masse popolari sul terreno dei diritti sociali senza sbandare a destra, conscio di un pensiero che radica il centro e della necessità di ridare, dopo la guerra uno strumento partitico nella consapevolezza che l’azone dei cattolici non è sufficiente di per sé come azione politica (cioè non è sufficiente il solo pre politico, la sola formazione, il sensntirsi lievito da distribuire): durante il Congresso di Napoli del 1954 ebbe, infatti a dire che “per operare nel campo sociale e politico non basta la fede, né la virtù; conviene creare ed alimentare uno strumento adatto ai tempi, il partito, che abbia un programma, un metodo proprio, una responsabilità, un’autonomia e una gestione democratica”. Aldo Moro, nel tempo dato della sua azione politica conferma la posizione, cioè quella che è ormai definibile come una vera identità politica: “ma c’è dunque una posizione naturale dei cattolici, una veramente coerente ai presupposti addirittura della fede e della morale cristiana? Ebbene sì: c’è una vocazione di questo tipo che porta verso il “centro” contro il rigoroso conservatorismo che in nome di un presunto diritto divino consacrerebbe intangibile l’ordine attuale dei poteri e dei beni e contro il moto rivoluzionario della sinistra che appunto sollecita nel cristiano una solidarietà perchè non può sopportare di convivere con l’ingiustizia” (A. Moro in Vita e Pensiero, 25 novembre 1944).

Arriviamo al momento della fine della Dc, l’inizio della così detta seconda repubblica e rispunta fuori prepotentemente l’idea di un confronto diretto destra/sinistra imposto violentemente al sistema democratico italiano con una legge maggioritaria che ha come risultato di spazzare via il centro, cioè il popolarismo, che viene di nuovo inteso come un generico parco buoi elettorale a cui attingere. E dentro il mondo cattolico, tra i democristiani o ex democristiani? Rinascono le filie tanto stigmatizzate da Sturzo, che in molti casi assumono le sembianze di feroci nemici della presenza autonoma centrista, tanto che si tradisce il popolarismo e ci si spacca andando a servizio di rivoluzioni altrui dando vita ad una frattura tutta ideologica, e quindi contraria al popolarismo stesso, tra cattolici del sociale e cattolici della morale, stigmatizzata dal Presidente della CEI, il Card. Bassetti all’inizio dell’anno centenario dell’Appello sturziano ai “Liberi e Forti”. Un anno che sta trascorrendo fiaccamente facendo commemorazioni ma tenendo in assoluta ombra proprio la rivoluzionaria equivalenza tra popolarismo e centrismo.

Intanto l’evoluzione delle parti politiche che si confrontano in Italia ha portato allo scontro durissimo tra radicali e sovranisti, entrambi venati di populismo, e all’idea politica frontista sostenuta anche da tanti smemorati cattolici che, aderendo all’idea del nemico e non dell’avversario, piegano il popolarismo, ridotto ad etichetta, ad un mero strumento di contrasto retorico.

Può rinascere qualcosa di popolare al passo con i tempi? Si, riprendendo il filo del pensiero e la virtù dell’amicizia che innesca un processo, ma occorre allora, posti all’opposizione dello stato delle cose, ridefinire la faglia, su cui posizionare il confronto politico, tra credibili e non credibili, anche per riscoprire le vere attese del popolo e liberarsi di troppa vecchia zavorra. Il centrismo, che è dinamico, ma non pendolare né mera occupazone di spazio, ha l’urgenza di ritrovare i giovani abbandonado meccanismi autoreferenziali, ripetitivi e troppo spesso furbeschi.

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