Trump alla guerra!
Fin dalla sua campagna elettorale, aggressiva e carica d’odio, Donald Trump aveva suscitato molta inquietudine negli osservatori più attenti, preoccupati che la sua presidenza potesse avere un’indole bellicista.
Negli anni trascorsi dalla sua elezione, Trump ha sostanzialmente confermato queste inquietudini, alzando la tensione in tutti gli scenari strategici del mondo, dal Medio all’Estremo Oriente, dai Caraibi al Sudamerica.
Tutta le iniziative di distensione portate avanti da Obama sono state ricusate, smontate, vanificate. Gli accordi internazionali hanno subito la stessa sorte. Dal trattato di collaborazione con Cuba al Protocollo sul Clima di Parigi, Trump ha ritrattato le firme messe dal suo predecessore, portando gli Stati Uniti a un livello di isolazionismo e autoreferenzialità mai visto prima, sfidando tutto e tutti.
Un atteggiamento pericoloso, specialmente tenendo conto della natura ondivaga e inaffidabile del personaggio in sé, e lo schieramento di “falchi” di cui si era circondato. I continui messaggi su Twitter contro la Corea del Nord e l’Iran spesso avevano fatto temere il peggio, poi fortunatamente si era sempre rientrati nei limiti della diplomazia.
Da stanotte non è più così. Il proditorio attacco americano contro il generale Qassem Soleimani, capo delle Forze Quds, le unità di élite delle Guardie della Rivoluzione dell’Iran, ucciso dall’attacco mirato di un drone USA, segna un punto di non ritorno.
L’Iran non può lasciar cadere una simile aggressione senza reagire. Come e in che misura non è ancora dato capire. Ma da oggi è certo che i venti di guerra torneranno a soffiare ferocemente.
Tutto ciò per mettere le mani sul petrolio iraniano e per consentire a Trump di affrontare l’anno elettorale nel ruolo di comandante in capo dell’esercito Usa. Ma l’Iran è uno stato potente, e la sfida sarà durissima e atroce.
RG 03/01/2020
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