Bettino Craxi, venti anni dopo. Un difficile bilancio

Doveva essere il 1990 o giù di lì e il quotidiano comunista L’Unità faceva ogni giorno un sondaggio per i propri lettori. Venne chiesto se era meglio accordarsi con la Dc, in quel momento guidata da Arnaldo Forlani, o con il Psi di Bettino Craxi e una larga maggioranza, quasi il 60 per cento, disse di preferire il leader democristiano a quello socialista che non raggiunse neppure il 20 per cento dei consensi.

Questo episodio, tutto sommato marginale e ovviamente privo di conseguenze politiche, la dice però più lunga di qualsiasi ponderoso saggio, circa lo stato dei rapporti tra Craxi e buona parte del popolo della sinistra. Gente che al segretario del Partito socialista, sulla carta una formazione prossima a quella comunista, preferiva, se proprio costretta a scegliere, un democristiano moderato, magari un po’ grigio ma ritenuto forse politicamente più affidabile. Ecco, il vero, grande e mai sormontato problema di Craxi è stato quello di essere il leader di un partito appartenente alla sinistra, senza esser riconosciuto come tale dalla gente di sinistra che, anzi, lo considerò sempre un avversario.

A venti anni dalla sua morte, riflettere su Craxi significa anche ripensare alle complesse vicende della sinistra italiana di quel periodo, ricordando che fu proprio al tempo della sua leadership che il Psi si trasformò nell’arrogante alfiere dei ceti emergenti, anziché occuparsi delle classi più svantaggiate come era stato sino ad allora. Una vera e propria mutazione genetica con l’arrivo di un nuovo ceto dirigente in lotta unicamente per il potere.

Fu anche questo a compromettere quasi del tutto i rapporti con il Pci di Enrico Berlinguer, che condizionò l’evoluzione del partito socialista e che, alla resa dei conti, finì per nuocere persino allo stesso Craxi che non colse l’occasione di divenire l’incontrastato leader della sinistra italiana. Avrebbe dovuto seguire l’esempio di François Mitterrand che, al prezzo di ben ventitré anni di opposizione, si guadagnò i galloni di capo indiscusso della sinistra francese favorendo, per di più, un travaso di voti dai comunisti ai socialisti. Era il sogno craxiano che mai si realizzò. Il Psi al suo massimo raccolse appena il 14 per cento, molto meno di quanto ottenne il Pci quando toccò il suo punto più basso.

Il fatto è che prevalse la ricerca del potere, da ottenersi ad ogni costo e a tal fine risultava senza dubbio più proficuo intendersi con la destra Dc, anziché impegnarsi nella costruzione, invero ardua e laboriosa, dell’alternativa di sinistra. Per la politica italiana fu però un’occasione mancata, perché Craxi – che certo non fu mai uno statista come Alcide De Gasperi e nemmeno un uomo che guardava lontano come Aldo Moro – aveva comunque la stoffa del leader. Ne possedeva il carattere e l’intelligenza. Persino la ruvidità di cui a piene mani faceva sfoggio, tipica di chi nasconde un fondo di timidezza, poteva tornagli utile. In alcuni casi lo rendeva addirittura simpatico.

Preferì invece indossare i panni del brigante medioevale Ghino di Tacco, sgomitando al tavolo della destra democristiana, anziché passare alla storia come l’uomo che avrebbe potuto portare tutta quanta la sinistra al governo del Paese. A Palazzo Chigi ci andò comunque, ma il bilancio, a parte qualche buona prova in politica estera, fu meno sfavillante di quanto si sente dire in giro: basti pensare all’esplosione del debito pubblico (di cui peraltro non fu il solo responsabile), Certo era più facile tagliare la scala mobile ai lavoratori che stanare gli evasori fiscali. Ma allora come stupirsi se tutto questo gli costò la perenne avversione della gente di sinistra? E questo accadde ben prima di Tangentopoli che, a dire il vero, riguardava molti altri e non soltanto lui.

Tralasciamo però queste vicende che certo pesarono, ma che oggi rischiano di farci perdere di vista il giudizio su una leadership politica di cui, tirate le somme, resta ben poco all’attivo. Rimane, alla fine, il rispetto umano per chi passò dall’altare alla polvere come pochi altri nel nostro Paese, pagando forse un prezzo ben più alto di quanto si fosse realmente meritato.

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