Coronavirus in Italia

Credevamo, o meglio ci illudevamo, che il Coronavirus fosse qualcosa di distante e di lontano da noi. Un problema che riguardasse la Cina, quell’estremo Oriente le cui condizioni igienico-sanitarie, a dispetto della prorompente modernità, lasciano ancora molto a desiderare. E invece, ecco che il virus ci piomba direttamente in casa. Anzi, siamo il terzo Paese al mondo dopo la Cina e la Corea del Sud. A proposito, qualcuno giurerebbe che la Corea del Nord sia immune dal contagio? O forse, ancora una volta, è la classica dittatura che mette tutto a tacere.

In ogni caso veniamo all’Italia, dove da qualche giorno il Coronavirus si è installato tra le nostre case e le nostre vite. Un paese in Veneto, Vo Euganeo, un’intera area geografica, il Lodigiano, e poi Torino, Venezia e forse altre località. Il rischio è ovunque in tutto il Paese, anche se ha probabilmente ragione chi dice che il numero dei contagi, in Italia nettamente maggiore rispetto ad altre nazioni, è dovuto alla maggior quantità di tamponi effettuati. In Francia 400, dieci volte tanto da noi.

Detto questo siamo in emergenza. Un’ emergenza, come è ovvio, innanzi tutto sanitaria, in quanto si tratta di fronteggiare una situazione pericolosa per la nostra salute. Ma un’emergenza che poi è anche sociale, poiché le misure adottate, tra limitazioni negli spostamenti e chiusura delle scuole, mostrano appieno la sua ampiezza. L’essenziale è dire le cose come stanno senza infingimenti, con la certezza che da parte di tutti vi sarà il massimo impegno per superare la grave crisi e tornate alla normalità…

Adesso viene detto che è stato un errore bloccare i voli dalla Cina senza invece sottoporre a controllo sanitario chi arrivava in Italia. Pare che altri Stati europei, come Francia o Germania abbiano scelto quella strada: nessun blocco aereo ma verifiche a tappeto una volta a terra. Difficile dire cosa era meglio fare. A posteriori tutto sembra semplice. C’è però da chiedersi – e lo diciamo da convinti europeisti – che razza di Unione è questa che non riesce ad elaborare non solo una strategia comune (che sarebbe l’optimum), ma neanche a mettere nel piatto tutte le possibili soluzioni, così che si possa (ed è davvero il minimo), per lo meno valutarle tutti assieme. Libero poi ciascuno, in mancanza di un’autorità centrale, di fare quello che ritiene meglio.

Impossibile adesso prevedere come evolverà la situazione. Nessuno può saperè cosa ci attende nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. C’è da sperare che venga trovato un vaccino e forse i famigerati no vax ora si renderanno conto di quanto sia importante disporre di un’adeguata protezione in tal senso. È probabile che ne risenta la nostra libertà di movimento ma in nome della salute pubblica tutto è giustificato. È possibile che mancheranno molti prodotti dagli scaffali, cosa cui non siamo abituati.

Di certo vogliamo vedere, oggi come non mai, un’Italia unita e solidale, capace di essere quello che raramente le riesce: una vera comunità nazionale. I precedenti giocano a nostro favore. Tanto siamo neghittosi nel gestire la normalità, tanto siamo formidabili, persino eroici, nell’affrontare le emergenze. È accaduto dopo la guerra, nella ricostruzione del Paese e negli anni del terrorismo, per difendere la nostra democrazia. Sapremo di certo essere all’altezza anche oggi.

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