Chiudono le fabbriche, ma talvolta sopravvive la cultura
Con molta frequenza, giornali ed altri mezzi di comunicazione ci informano sui danni del crescente processo italiano di “deindustrializzazione”, al quale la classe politica non sembra così interessata come invece dovrebbe. Dietro a questa brutta parola (deindustrializzazione, appunto) possiamo vedere schiere di cassaintegrati, famiglie sul lastrico, perdita di esperienze, brevetti, licenze,… aziende spesso vendute a controparti estere che le svuotano di clienti, macchinari, tecnologie,… discesa di fatturati e del prodotto interno lordo, paese in declino e così via. Purtroppo è un film che vediamo da tempo, dal tempo di quella che era stata la Fiat, ma il cui triste finale continua a ripetersi, al quale però non ci si deve rassegnare.
Vittima di questo dramma fu anche il Gruppo Finanziario Tessile, la “Fiat” del vestito confezionato, con i suoi marchi Facis, Cori, Marus e con gli “stilisti industrializzati”: Armani, Valentino, Ungaro,… Un’azienda mondiale, nata a Torino, che arrivò ad occupare più di diecimila persone, di cui circa la metà in Piemonte. Sulle ceneri di quella che fu una splendida realtà finanziaria e produttiva, della quale dovremmo un giorno fare la storia, ora rimane vivo e vivace solo il circolo dei suoi ex-dipendenti, organizzati in un’associazione “onlus”, per la mutua assistenza e per azioni caritative nel torinese, il cui nome è “Gruppo Anziani Silvio Rivetti – ex dipendenti Gft onlus”. Questo sodalizio, oltre alle normali attività associative, si distingue per un’inusuale attività letteraria, volta anche a mantenere la memoria di una cultura e di una pratica industriale un tempo all’avanguardia nel mondo. Alcuni anni fa curarono il libro Spirito di Gruppo, che raccontava la storia dell’azienda dal punto di vista dei lavoratori; seguì un giallo ambientato nel monde della moda (La pantalonaia su misura, scritto da uno dei soci, Roberto Bruschi) ed infine La tecnologia del GFT, di un altro socio, Luigi Proietti Grilli, che spiega quanto fosse complesso produrre industrialmente un vestiario di qualità. In questo vivace ed insolito contesto, ora si è aggiunta un’altra interessante pubblicazione, curata da altri due soci, Paolo Giardina e Pina Virgallita, Tracciati di modellistica (Aracne Editrice). Gli autori, marito e moglie, con una lunga esperienza nel mondo della moda e con anni di collaborazione col Gft prima e con molti stilisti poi, ci ricordano, in questo arioso libro, molto ben illustrato dalla stessa autrice, quale importanza abbia la figura del/della modellista nel realizzare un vestito. Il lavoro di modellista consiste nel riportare su un cartamodello il disegno dello stilista, coniugando la sensibilità creativa di quest’ultimo con le esigenze tecniche, garantendo cioè misura, proporzioni, volumi, vestibilità ottimali, tenendo conto dei tempi e dei costi aziendali. In questo libro abbiamo finalmente un doveroso omaggio alla figura professionale del/della modellista, che è essenziale nella realizzazione di un abito, perché deve/riesce a trasformare un’idea, uno schizzo, una suggestione talvolta complessa di uno stilista, soprattutto nel campo femminile, in quello che sarà poi un vestito che dovrà adattarsi ai diversi tipi di fisico della donna, quello a mela, quello a pera, alla clessidra o al grissino,… Certamente non si campa solo di ricordi, di memoria di antichi mestieri e di cultura, ma senza di essi una crisi economica è ancora peggio.
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