Donat-Cattin, attuale e moderno.

Il suo magistero politico, culturale, sociale e istituzionale è sempre stato complesso e articolato. Difficile da declinare. Eppure Carlo Donat-Cattin, scomparso 29 anni fa, continua ad essere un punto di riferimento non solo per i cattolici impegnati in politica ma per tutti coloro che continuano a battersi a difesa dei ceti popolari nella concreta azione pubblica. Certo, Donat-Cattin aveva una cultura politica di riferimento netta e definita. Era quel cattolicesimo sociale che ha contribuito ad affinare e a qualificare la stessa esperienza del cattolicesimo politico nella società italiana, a partire dagli inizi del ‘900. E, del resto, la sua esperienza politica nella Dc si è sempre ispirata a quel filone ideale, coerente a quel magistero culturale e intransigente sul versante politico. Al punto che l’uomo che storicamente ha rappresentato l’alternativa al potere tecnocratico, alla destra economica e sociale, ai circoli borghesi e aristocratici e alla deriva liberista della politica, fu addirittura accusato duramente dalla cosiddetta sinistra del nostro paese di essere poco sensibile alle istanze e alla difesa dei ceti popolari. Appunto, Donat-Cattin era una personalità forte e coraggiosa che non si rassegnava a vedere la Dc come un partito neo borghese, conservatore, prevalentemente moderato e tutto sommato insensibile e poco attento ai valori e ai principi della dottrina sociale cristiana della Chiesa. E il suo magistero politico, culminato con il varo dello “Statuto dei lavoratori” nel maggio del 1970 – cioè “portare la Costituzione nelle fabbriche”- è sempre stato ispirato ad un sistema di valori che lo portava anche ad entrare in contrasto con i detentori e gli esegeti della cosiddetta sinistra politica nel nostro paese. Uomo battagliero ma coerente, burbero ma ricco di umanità, concreto ma con una vasta cultura alle spalle, è stato indubbiamente tra i protagonisti assoluti della politica italiana per oltre un trentennio, dalla fine degli anni ‘50 sino alla sua scomparsa. Insomma, era semplicemente uno statista. E quando si è espressione di una cultura politica, oltrechè leader politico – l’ormai famosa sinistra sociale della Dc di Forze Nuove – difficilmente l’eredità si disperde. Certo, i tempi sono profondamente cambiati e la società italiana non è lontanamente paragonabile a quella che ha visto Donat-Cattin protagonista eccellente ed indiscusso per svariati lustri. Ma la sua cultura politica, la sua tensione ideale, la sua difesa e promozione dei ceti popolari, la sua ispirazione cristiana, il suo coraggio indomito e anticonformista e, soprattutto, il suo attaccamento ad una concezione popolare e solidaristica della battaglia politica, sono elementi costitutivi che non possono essere archiviati facilmente e con leggerezza adolescenziale. Meritano di essere vissuti e inverati anche e soprattutto nella dialettica politica contemporanea non perchè siamo catturati da un istinto nostalgico ma perchè quei valori, quella cultura e quella testimonianza continuano ad essere moderni, attuali e fecondi. Per questi semplici motivi il magistero di Carlo Donat-Cattin continua ad essere moderno ed attuale. E non solo per gli ex amici di Forze Nuove o della ex sinistra Dc.

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