Giordani, questo sconosciuto
In questa primavera tragica sono passati in secondo piano molti anniversari che, in tempi normali, sarebbero stati meglio ricordati. Tra questi ne rammentiamo uno. Circa quarant’anni fa, il 18 aprile 1980, moriva Igino Giordani, oggi più conosciuto come “Foco”, il nome con cui lo si chiamava nel Movimento dei Focolari, del quale fu co-fondatore insieme a Chiara Lubich e Pasquale Foresi. Oggi non si sa molto della sua attività all’Assemblea Costituente (ma chi si ricorda almeno 10 nomi di suoi componenti?) ed è ancora meno è noto che fu uno dei primi collaboratori di don Sturzo.
Generalmente la stagione politica dell’Italia tra la fine della prima guerra mondiale e l’inizio della dittatura è ignota. Fu la stagione che vide, tra le sue controverse vicende, l’appello del sacerdote siciliano agli “uomini liberi e forti” che, con la fondazione del Partito Popolare, diede l’avvio alla presenza politica organizzata dei cattolici italiani. Nonostante alcuni errori (il gruppo parlamentare inizialmente appoggiò il primo governo di Mussolini), quella formazione politica fu antifascista, ebbe caratteristiche innovative per il paese e pose le basi per la creazione di una parte importante della classe dirigente che poi guidò la ricostruzione. Un liberale, che ai cattolici faceva pochi sconti, Piero Gobetti (quindi non lo si poteva accusare di adulazione), così descriveva quel partito e i suoi componenti, tra i quali anche Giordani: “Il partito ha resistito a tutti gli attacchi; è diventato un partito di molti giovani e di pochi preti, ha eliminato gli uomini del vecchio clericalismo; è sempre più indipendente dalla politica romana, è quale lo foggiano i ceti umili delle province. […] Mentre le classi dirigenti dei partiti italiani sono costituite di settantenni o di imberbi o di intellettuali, bisogna riconoscere che il partito di don Sturzo ha degli uomini nuovi abituati a trattar realisticamente di amministrazione e di politica: almeno una cinquantina di persone come De Gasperi, Donati, Gronchi, Merlin, Piccioni, […] Giordani, Mentasti, Ravaioli, Galati”.
Qualche anno fa l’allora onorevole Sergio Mattarella, in un discorso a braccio, diceva di Giordani: “Io ho pensato tante volte a Igino Giordani, a Lazzati, a La Pira, a tanti meno conosciuti, […] riflettendo sovente a quello che è il tarlo principale che c’è nella vita politica, il rischio principale: che è quello di perdere lentamente, impercettibilmente il senso della verità, con la tentazione qualche volta neanche consapevole di farlo coincidere sempre più col senso e l’interesse della propria parte politica, se non addirittura col proprio interesse personale, con la propria carriera personale. E’ il tarlo più sottile, più insidioso, più pericoloso della vita politica: quello di una visione che perde i parametri della verità progressivamente e li identifica, li sostituisce con i parametri dell’interesse della parte politica propria. Bene, Giordani è, come altri, una delle manifestazioni che è possibile vivere nelle istituzioni, vivere intensamente un impegno politico rimanendo integralmente se stessi, senza perdere in nulla il senso della verità. Anzi, facendo delle istituzioni politiche una palestra per esprimere, per manifestare, per cercar di tradurre in scelte concrete il senso della verità per come la si vede, per quella che si avverte nella cultura propria. Questo è quello che ha consentito nel tempo tante volte di vedere, e basta leggere gli interventi parlamentari di Igino Giordani, alla Costituente e in Parlamento, come questo sia quello che consente la capacità di occuparsi del bene comune”.
Giordani, del quale è in corso il processo di beatificazione, fece poi una scelta di impegno religioso, abbandonando la vita politica diretta, ma abbiamo pensato che, nel quarantennale della sua morte, gli si potessero dedicare almeno due modeste righe su un giornale “politico”, per ricordare un cristiano adulto che non relegò la sua fede alle sole sacrestie. Così infatti scriveva nel suo diario, sempre negli anni ’20: “La religione non si circoscrive né si esaurisce nelle pareti del cuore, né tampoco in quelle domestiche: essa è dilatazione che tende a investire tutta l’umanità. E neppure finisce nelle chiese, dove anzi comincia, ma esce nelle vie e per le piazze a ricercare in ogni angolo ogni creatura”.
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