Giovanni Paolo II, cento anni

Cento anni fa nasceva Karol Woityla, il futuro Giovanni Paolo II. Nato nel 1920, a Wadowice, in quella Polonia martoriata dai due successivi totalitarismi – quello nazista prima e quello stalinista poi – il piccolo Karol, terzo di una famiglia di tre figli, ebbe sin da subito una vita travagliata, a causa della perdita della madre, ad appena nove anni. Dopo gli studi di filologia all’Università Jagellonica di Cracovia, iniziò a lavorare in una miniera. Negli anni che seguirono lo scoppio della Seconda guerra mondiale maturò in lui la vocazione religiosa e nel 1946 fu ordinato sacerdote. Arcivescovo di Cracovia nel 1964, tre anni dopo Paolo VI gli concesse la porpora cardinalizia. Nel 1978 fu eletto Papa: primo straniero dopo oltre quattrocento anni di pontefici italiani. Scelse come nome quello di Giovanni Paolo II, in linea con il suo sfortunato predecessore e per rendere omaggio ai due grandi Papi che avevano retto la Chiesa nell’ultimo ventennio: Giovanni XXIII e Paolo VI, uomini del Concilio e del rinnovamento della cristianità.

Iniziava un pontificato tra i più lunghi della storia, ben 27 anni, nei quali Giovanni Paolo II fu al tempo stesso indomito pastore della Chiesa e grande protagonista del mondo contemporaneo. La sua presenza sul soglio di Pietro fu di incoraggiamento ai polacchi e agli altri popoli dell’Est europeo per liberarsi dell’oppressione comunista. Un Papa scomodo e, per alcuni, pericoloso, come mostrò il grave attentato cui scampò nel maggio 1981.

Forte e spiccata la sua sensibilità verso il mondo del lavoro di cui aveva conosciuto le asprezze in prima persona. In ogni circostanza ribadì la centralità della persona nel processo produttivo: l’uomo come fine e mai come mero strumento dell’economia. Nella Centesimus annus fece una dura critica ai due materialismi del XX secolo: quello marxista, che riduce la persona a semplice ingranaggio del sistema, e quello capitalista che, lo vediamo bene, tutto mercifica in nome del denaro. Due modelli da respingere in nome di una concezione economica e sociale sempre fondata sul rispetto dei diritti e della dignità umana.

L’inviolabilità della vita dal concepimento alla sua fine naturale; la famiglia, cellula insostituibile del nostro vivere; la difesa intransigente della pace, in quanto non esistono guerre giuste: furono i perenni cardini della sua visione della società. Portò il Vangelo ovunque nel mondo, attraversando in lungo e in largo i cinque continenti, parlando soprattutto ai giovani, per i quali promosse le giornate mondiali della Gioventù come luogo di incontro e di preghiera comune.

Intenso il rapporto con i leader delle altre religioni. Ad Assisi nel 1986, pochi mesi dopo una storica visita alla sinagoga di Roma, promosse una grande giornata di pace e non violenza. Nessun banale irenismo per appiattire le differenze, ma un’autentica e profonda volontà di dialogo tra le diverse fedi, ponendo al centro il destino dell’uomo e il riconoscimento della nostra comune umanità.

A cento anni dalla nascita, e a quindici dalla morte, ricordare Giovanni Paolo II, significa anche riflettere sul rapporto tra fede e ragione, che fu il tema di una delle sue più importanti encicliche. Sosteneva che esse non vanno contrapposte perché una si accompagna all’altra e il declino della fede finisce per indebolire anche un’autentica razionalità umana. Di lui resta soprattutto il pressante l’invito a non avere paura e a spalancare le porte a Cristo. Perché, come ebbe spesso a dire, <<la causa del Vangelo coincide con il bene dell’uomo>>.

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