Il virus israeliano

In un film di fantascienza hollywoodiano di qualche hanno fa si raccontava di una temibile invasione dallo spazio e di come l’umanità, di fronte alla minaccia aliena, avesse trovato l’unità e la compattezza per combattere il nemico comune tutti insieme, russi e americani, israeliani e arabi, eccetera. Purtroppo, come si suol dire, succede solo nei film. La realtà è un’altra cosa.

Nel 2020, lo sappiamo bene, l’invasione aliena è arrivata davvero: non dallo spazio, ma dal mondo dei microrganismi, nella sua accezione latina di estraneo, avverso. Un virus pericoloso, che ha colpito praticamente tutti i Paesi del mondo. Ma l’umanità non si è affatto coalizzata per combatterlo, anzi la pandemia ha creato ulteriori situazioni di conflitto – come la polemica scatenata dal presidente USA Trump contro la Cina – e di prevaricazione, come avviene da decenni in Israele nei confronti dei palestinesi.

Per molti giorni Israele ha attraversato una grave crisi politica, dovuta allo stallo conseguente all’ultima tornata elettorale, terminata sostanzialmente in parità e che non consentiva la formazione di un Governo. Alla fine i due contendenti, il premier uscente Benjamin «Bibi» Netanyahu e lo sfidante Binyamin «Benny» Gantz hanno trovato l’accordo, stabilendo una sorta di “staffetta” con la quale il primo, dopo diciotto mesi, passerà il testimone al secondo, attualmente neoeletto presidente del parlamento. L’accordo è stato raggiunto a denti stretti, perché i due mal si sopportano e sono divisi su quasi tutto, tranne che su una cosa: il progressivo annichilimento della nazione palestinese.

E pensare che le cose sembravano iniziate bene: con l’arrivo della minaccia comune del virus, israeliani e palestinesi avevano formato una commissione congiunta, mentre Israele aveva lasciato affluire una certa liquidità nelle casse della ANP, l’Autorità Nazionale Palestinese, allentando le maglie della rete finanziaria che intercetta quei fondi.

Ma è durata poco. Con il progredire del contagio Israele ha ripreso le sue azioni discriminatorie. Prima ha allontanato i lavoratori palestinesi contagiati, spedendoli in Cisgiordania senza consultare l’ANP, poi ha smantellato un ospedale provvisorio costruito per i palestinesi nella Valle del Giordano. Nel frattempo, ha continuato a demolire abitazioni di palestinesi, come avviene da anni nel silenzio della comunità internazionale.

È chiaro che la pandemia potrebbe avere gravi conseguenze nei territori palestinesi, sostanzialmente privi di strutture e personale medico in misura adeguata già per le ordinarie necessità sanitarie della popolazione, figuriamoci per un’eventuale emergenza epidemiologica.

Ma questo non desta preoccupazione nel Governo israeliano, che anzi ha annunciato la decisione – ovviamente unilaterale – di annettere un’ulteriore quota di territorio della Cisgiordania, già disseminato di “colonie” israeliane edificate illegalmente e in spregio a numerose risoluzioni dell’ONU.

Nominalmente, l’Esecutivo dovrebbe approntare una bozza preliminare del piano, da sottoporre all’approvazione del parlamento. In realtà, il progetto ricalca quanto previsto dal cosiddetto “Piano del secolo” col quale il presidente USA Trump millantava di voler risolvere una volta per tutte la questione israelo-palestinese, secondo la sua personale idea di bilanciamento, ovvero tutte le ragioni a Israele e tutti i torti ai palestinesi. Peraltro, anche l’approvazione del parlamento è scontata.  

Il tutto ignorando il diritto internazionale, le risoluzioni delle Nazioni Unite, le legittime aspirazioni della nazione palestinese ad avere un proprio Stato. Tra l’altro, il momento è particolarmente propizio: da un lato, si può contare sul silenzio della comunità internazionale, già normalmente poco propensa a prendere le difese dei palestinesi e in questo momento oltretutto distratta dall’emergenza sanitaria che sta flagellando un po’ tutti i Paesi; dall’altro, mai nella storia Israele aveva potuto godere dell’appoggio così smaccatamente favorevole da parte di un presidente statunitense. Perché se è vero che gli USA hanno sempre difeso Israele e bloccato con il loro veto qualunque sanzione proposta dall’ONU nei loro confronti, solo Trump, unico al mondo, ha spostato la sede dell’Ambasciata del proprio Paese a Gerusalemme, legittimandola come capitale di Israele. Uno schiaffo diplomatico alle rivendicazioni dei palestinesi, stigmatizzato – almeno quella volta sì – da tutta la comunità internazionale.   

La congiunzione fra il presidente USA più filo-sionista di sempre e l’emergenza sanitaria in corso provoca dunque una “tempesta perfetta”che, per l’ennesima volta, Israele si appresta ad abbattere contro i palestinesi.

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