Le ricariche per viaggiare elettrico
Chi ha scelto di viaggiare in elettrico ben di rado è disposto a tornare all’auto tradizionale, anche se ha dovuto subire qualche inconveniente. Ma chi non si sente di compiere questo passo trova svariate motivazioni per non farlo. Una di queste è la difficoltà a ricaricare l’auto quando si è in viaggio, problema che ridurrebbe le autonomie, aumenterebbe i tempi di percorrenza e, in definitiva, impedirebbe di compiere lunghi percorsi. Questo perché mancherebbero le infrastrutture di ricarica pubblica, le cosiddette “colonnine”. Ma le cose stanno davvero così?
Questa situazione era in effetti vera qualche anno fa, ai tempi in cui optare per l’auto elettrica era davvero pionieristico, qualcosa a esclusivo appannaggio di pochi temerari o di chi possedeva comunque un’altra auto con motore a scoppio, per ogni evenienza. Ma le cose sono cambiate piuttosto in fretta e tuttora sono in rapida evoluzione. Per fare un esempio concreto, nel non lontano 2015 in tutto il Piemonte esistevano 2 (due!) colonnine pubbliche per la ricarica, in un centro commerciale poco fuori dal capoluogo. Oggi, se ne possono contare all’incirca un centinaio, distribuite su tutto il territorio regionale. Un incremento analogo può essere registrato nell’intero Paese, anche se con differenze a volte rilevanti fra regione e regione. Di questo passo, fra non molto le infrastrutture per la ricarica elettrica saranno più numerose e soprattutto più capillari dei distributori di carburante.
Concentriamoci un attimo su questi ultimi: il nostro modello di sviluppo, incentrato sulla mobilità privata o comunque su gomma, ha imposto la diffusione massiccia dei distributori, tanto che oggi li diamo per scontati. In realtà, agli albori della mobilità automobilistica, non era affatto così. I pionieri delle quattro ruote avevano problematiche di rifornimento analoghe a quelle dei primi automobilisti “elettrici”, tant’è che per avventurarsi fuori città spesso si portavano delle taniche di riserva. Solo dopo sono arrivate le “infrastrutture” di supporto, ovvero la rete dei distributori, che consentono alle auto con motore a scoppio di spostarsi senza problemi di rifornimento.
Tuttavia, se analizziamo le cose in maniera oggettiva, prescindendo dallo status quo, ci rendiamo conto che non si tratta di un sistema ottimale, visto che le stesse stazioni di rifornimento vanno rifornite. E lo si deve fare con una filiera e con trasporti dedicati, perché i combustibili non nascono sotto le pompe di benzina. Arrivano da raffinerie spesso distanti centinaia di chilometri, dove erano arrivati sotto forma di greggio da giacimenti distanti migliaia di chilometri. Un sistema decisamente poco efficiente, se ci pensate un attimo.
Al contrario, la rete elettrica è decisamente più estesa, capillare e meno impattante. Ovunque possiamo trovare una presa di corrente, dove l’energia affluisce alla velocità della luce, ovvero in maniera pressoché istantanea, dalle centrali elettriche. O, meglio ancora, può essere prodotta direttamente lì. Non a caso, fra i primi acquirenti di auto elettriche ci sono moltissimi proprietari di pannelli fotovoltaici, che producono direttamente l’energia necessaria ai propri spostamenti, con costi decisamente contenuti, una volta ammortizzato l’investimento iniziale.
Una soluzione che, in prospettiva, andrà attuata anche per le colonnine pubbliche poste lungo la rete stradale. In Olanda, per esempio, esistono già distributori di corrente installati sotto grandi coperture fotovoltaiche, che provvedono a gran parte del fabbisogno energetico erogato. Non è difficile estendere un simile modello: basta installare pannelli solari sulle tettoie degli attuali distributori e sostituire gradualmente le pompe con le colonnine. Naturalmente, occorre un investimento rilevante, ma decisamente alla portata delle compagnie petrolifere, se la volontà politica le indirizzasse in tal senso. Ma questo, per ora, è un discorso utopistico.
Al momento, le colonnine vengono piazzate dalle aziende energetiche o da operatori indipendenti, che vanno a collocarle dove ritengono opportuno secondo vari criteri, primo fra tutti la disponibilità di potenza adeguata. Poi vengono le convenzioni con centri commerciali, Comuni e imprenditori privati, come gli albergatori che offrono la ricarica ai propri clienti.
In questo mosaico di operatori, convenzioni e tariffazioni varie, dove ancora si fa un po’ fatica a rendere omogeneo l’insieme, possiamo però già vedere numeri importanti, tali da metterci a livelli confrontabili con quelli delle altre nazioni europee. Vediamo di quantificare in cifre.
Come numero di prese di ricarica pubblica, primeggia di gran lunga la Germania, con oltre 22.000, seguita da Regno Unito (quasi 14.000), Olanda (oltre 10.000) e Norvegia (quasi 8.000). L’Italia, con circa 4.200 prese in 2.100 postazioni, è in quinta posizione e precede Svezia e Francia. Unico neo, la scarsa disponibilità di fast, le colonnine di ricarica veloce che consentono di rifornire in tempi più rapidi. Per capirci, un’auto elettrica media, con una batteria della capacità di 50 kWh in grado di garantire autonomie intorno ai trecento chilometri, impiegherebbe oltre due ore a fare il pieno in una colonnina standard che eroghi 22 kW, mentre con una fast in grado di fornire 43 kW potrebbe recuperare in meno di un’ora circa l’80% del “pieno”, sufficiente a consentire oltre 200 km di percorrenza.
Le cose vanno un po’ meno bene nel rapporto fra punti di ricarica e popolazione, perché con una media di una colonnina ogni 14.388 abitanti siamo nelle zone basse della classifica, ben distanti dalla Norvegia (1 presa ogni 671 abitanti), dall’Olanda (1 ogni 1.665) e dalla Germania (1 ogni 3.620), ma comunque meglio di Francia e Spagna.
Buona invece la proporzione fra colonnine e auto da ricaricare, contando sia le elettriche pure (BEV) che le ibride ricaricabili (PHEV), che vede un rapporto di 2,23 vetture per ogni presa. Sarebbe un ottimo risultato, sennonché il merito va più alla scarsa diffusione di questo tipo di veicoli, piuttosto che all’abbondanza di infrastrutture. Ma c’è in questo il lato positivo, ovvero che l’attuale rete distributiva sarebbe già in grado di supportare un auspicabile aumento del parco elettrico circolante.
Dunque, già oggi è possibile optare per l’auto elettrica non solo per l’utilizzo quotidiano in ambito metropolitano, ma anche per quelle volte che può capitare di usarla per le gite fuori porta o per andare in vacanza. Occorre solo l’accortezza di programmare l’itinerario con una certa attenzione, tenendo conto della disponibilità e accessibilità di colonnine e dei tempi di ricarica, al momento sicuramente superiori rispetto a quelli del rifornimento tradizionale. Tempi che possono essere proficuamente impiegati per soste di ristoro o per visite turistiche, a seconda delle opportunità o degli interessi. Un modo di viaggiare diverso, ma non per questo penalizzante, anzi forse più consapevole. Di sicuro più ecologico.
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