Gli Stati “generali” e la nazione degradata
Mentre i soliti miei tre amici lettori leggeranno queste righe, molto probabilmente si staranno già svolgendo gli “Stati generali” della nazione, voluti da Conte, e speriamo che si concludano con un grande successo, non mediatico, ma di produzione di contenuti e di iniziative a favore di una forte ripresa del Paese (era anche ugualmente impossibile che l’Italia vincesse i Mondiali di calcio del 1982, ma ce la fece,…).
Le forze politiche e sociali si stanno avviando a questo appuntamento con sentimenti ed aspettative contrastanti. Una importante parlamentare di lunga navigazione, nonostante l’ancora età giovanile, ha comunicato che non vi parteciperà, come non sarà presente tutto il centrodestra, dando una lezione di diritto costituzionale al presidente del Consiglio, professore di diritto civile, sostenendo, all’incirca, che questi confronti devono avvenire nella sede istituzionale più appropriata, cioè il Parlamento. Il premier ha replicato che anche Villa Pamphili (il luogo dove si svolgeranno gli incontri) è una sede istituzionale. L’Italia è ricca di sedi istituzionali, quali l’Altare della Patria, i Giardini del Quirinale, il Pantheon, la Tenuta Presidenziale di San Rossore, Villa Rosebery e chissà quante altre ancora; forse anche il Parco Nazionale del Gran Paradiso è, a suo modo, una sede istituzionale, ma, secondo il cronista, quella più adatta sarebbe stata il Museo Nazionale del Risorgimento di Torino, sia perché la parola “risorgimento” sembrerebbe di buon auspicio, sia perché almeno quella fu sede del primo Parlamento italiano, ma il cronista è di parte, essendo torinese,…
A questo punto della vicenda verrebbe da chiedersi se non fosse stata davvero opportuna la proposta di scioglimento del CNEL, questo sconosciuto. Il “Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro”, è l’organismo costituzionale che, secondo l’articolo 99 della Costituzione, “avrebbe” un ruolo di consulenza, alle Camere e al Governo, su temi economici, sociali e del lavoro, essendo composto da esperti rappresentativi di tutte le categorie produttive in senso ampio. Ora presieduto da Tiziano Treu, noto professore ed anche politico, è composto da 64 Consiglieri (prima erano ben 121), e forse anche da 56 impiegati, ma non si sa bene a che cosa possa servire, se non viene interpellato (sembra) in circostanze come questa. Chissà perché non accade? Forse le risposte sono molteplici, ma se non lo si utilizza (o se non è in grado di svolgere il compito per cui fu pensato) a che cosa ci serve?
Inoltre il fatto che un’occasione di riflettere sul futuro nazionale non si svolga su iniziativa delle Camere, ma, anzi, al di fuori di esse, è un altro segnale dello svuotamento del potere legislativo (e, quindi, di indirizzo politico principale), che queste hanno il compito/dovere di svolgere e il Governo di “eseguire” (appunto chiamandosi “potere esecutivo”). In Italia, da alcuni lustri a questa parte, è avvenuto un progressivo svuotamento del “potere legislativo” rispetto agli altri due, quello “esecutivo” e quello “giudiziario”, secondo la ripartizione classica del loro ruolo e della loro separazione, come ben delineato dal francese Montesquieu già nel XVIII secolo, distinzione che è ancora alla base delle democrazie moderne. Spesso, da noi, la Magistratura ha dovuto svolgere un inusuale ruolo di indirizzo e di controllo politico, a causa della “vacanza” delle leggi, e il Governo ha potenziato la sua produzione legislativa (che in teoria sarebbe solo di emergenza) talvolta “obbligando” il Parlamento a trasformare “semplicemente” i decreti governativi in leggi, spesso col ricatto del “voto di fiducia”, cioè: “o si approva quanto disposto dal Governo o si rischia di andare tutti a casa” (ci scusiamo per la rozza, ma pensiamo efficace, esemplificazione). Se adottassimo al Parlamento gli stessi criteri che abbiamo applicato al CNEL, verrebbe da chiederci se anche questo non sia un organismo inutile (paradossalmente, naturalmente,…). Forse, al di là degli schieramenti politici, bisognerebbe considerare di più le competenze e le qualità delle persone che lo compongono per rappresentarci.
Infine, per tornare in tema di Francia, patria degli storici “Stati generali” (organismi stranamente a loro modo anche elettivi, nonostante le loro origini medioevali), ricordiamo che l’ultimo capo che li convocò (Luigi XVI) fece una brutta fine, ma per fortuna l’Italia è più terra di camaleonti trasformisti che di rivoluzionari intransigenti. Si confida, comunque, che gli Stati “generali” non degradino ulteriormente la nazione, ma producano insperati risultati utili, nonostante tutto.
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