Messico ’70: Italia-Germania 4-3, “Partita del secolo”
La sfida Italia-Germania 4-3, giocata ai mondiali di Messico ’70 viene considerata la “Partita del secolo”. Sono passati cinquanta anni eppure è ancora fresca nella memoria di chi la vide, in diretta nella notte (causa i fusi orari), o in differita, il giorno successivo. Il punteggio rocambolesco, frutto di ripetuti ed improvvisi colpi di scena, la rendono certamente una delle gare più emozionanti del gioco più bello del mondo. Per molti versi quel 4-3 si è mutato in qualcosa di diverso da una semplice partita di calcio per diventare quasi il simbolo di un’epoca: le immagini della sfida fanno da filo conduttore ad un film degli anni Novanta e ad un libro di Nando Dalla Chiesa del tutto incentrato sulla gara, in una coinvolgente trama che si snoda tra vicende sportive e di costume.
A ben vedere fu una partita strana. Si può tranquillamente parlare di due gare ben distinte tra loro. Due banali tempi regolamentari conclusi in parità, uno a uno, e due scoppiettanti tempi supplementari, nei quali è successo di tutto in un’incredibile girandola di gol e di emozioni che, alla fine, ci vide vincenti. Ma se l’esito favorevole ancor oggi ci dà lustro, quello che più rimane nella memoria è la straordinaria contesa, entrata nei miti del calcio.
A quella semifinale l’Italia arrivò eliminando per 4-1 il Messico padrone di casa. Già essere arrivati ai quarti poteva dirsi un buon risultato visto che venivamo da cinque mondiali di fila nei quali eravamo stati sbattuti fuori nei gironi eliminatori. In Svezia nel ’58 – come sarebbe nuovamente accaduto sessanta anni dopo – eravamo rimasti addirittura fuori dal mondiale. La Germania (all’epoca quella occidentale) dal canto suo era approdata in semifinale battendo l’Inghilterra nella rivincita della finale di quattro anni prima a Wembley. Sotto di due gol alla fine del primo tempo, i tedeschi rimontarono sino al 3-2 definitivo. Favoriti erano dunque loro, vice campioni in carica e questo, per noi, significò affrontare la gara con minor pressione addosso.
La sera del 17 giugno gli azzurri scesero in campo in quello che ai mondiali messicani era il nostro consueto schieramento: Albertosi, Burgnich, Facchetti; Bertini, Rosato, Cera; Domenghini, Mazzola, Boninsegna, De Sisti, Riva. Una formazione che chi ha passato da un po’ i cinquanta conosce probabilmente a memoria. Nella Germania spiccavano il portiere Maier, il centrocampista Overath e le due punte Muller e Seeler, ma soprattutto un fuoriclasse come Franz Beckenbauer. Tra gli undici, anche una vecchia conoscenza del calcio italiano: il difensore del Milan, Karl Heinz Schnellinger.
La gara per l’Italia si incamminò subito sui binari giusti. All’8° minuto Boninsegna fece secco Maier con un tiro dal limite. Da quel momento iniziò l’assedio tedesco, spezzato solo da qualche nostra rara puntata in avanti. Per il secondo tempo, ecco la staffetta Mazzola-Rivera: fuori il neroazzurro, dentro il milanista. Anche nella ripresa solito copione: Germania all’attacco e Italia in difesa, pronta a colpire in contropiede. Al 90°, sull’ennesima palla vagante nella nostra area, Schnellinger, uno che non segnava quasi mai, si gettò in scivolata e infilò Albertosi. Tutto da rifare: si va ai supplementari. Ed è da questo punto in poi che la sfida diviene memorabile.
Si riprende con un altro cambio: al posto del milanista Rosato entra il torinista Poletti, l’ultimo che vide vivo Gigi Meroni. Dopo pochi minuti la Germania passò in vantaggio con Muller, pronto a sfruttare un malinteso tra Poletti e Albertosi. Sotto di un gol sembrò davvero finita e invece eravamo solo all’inizio. Su un batti e ribatti in area tedesca toccò a Burgnich pareggiare i conti sul 2-2 e sull’onda dell’entusiasmo Riva ci portò addirittura in vantaggio con un perfetto diagonale. Tutto ribaltato in pochi minuti. Gara chiusa? Macchè si ricomincia di nuovo. Su un calcio d’angolo il solito Muller schiacciò la palla a terra facendola schizzare verso il palo dove era appostato Rivera. Il Golden boy rimase fermo e la sfera entrò in rete, con Albertosi infuriato per il mancato intervento del compagno.
Per riscattarsi Rivera si portò subito nel cerchio di centrocampo, dando palla a Facchetti che la scambiò con Boninsegna. Questi si involò sulla fascia sinistra superando un difensore tedesco e poi tagliò l’area con un passaggio orizzontale, leggermente arretrato, su cui si avventò Rivera. Fu un tiro preciso, di piatto destro, che mise il pallone alla sinistra di Maier, tuffatosi dalla parte opposta. Un gol da fuoriclasse che fissò il punteggio sul definitivo 4-3. Un risultato che ci portò in finale dove fummo surclassati dal Brasile di Pelè. Ma in fondo di quel mondiale resterà per sempre impressa quella straordinaria semifinale che di lì a poco si fregiò del titolo di più bella partita del secolo. Una gara che, cinquanta anni dopo, è ancora emozionante rivedere.
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