Politica agricola UE
Uno dei settori chiave che dovrà vedere una profonda riforma dopo la crisi pandemica è l’agricoltura. Da tempo l’Unione Europea (UE) doveva rivedere la PAC – Politica Agricola Comunitaria, dunque gli stravolgimenti causati dall’ondata epidemica diventano un punto di svolta fondamentale, dal quale ripartire su basi nuove.
La Commissione Europea ha così varato nelle scorse settimane la Strategia Farm to Fork, dalla Fattoria alla Forchetta, che dovrebbe avviare le politiche agricole verso una transizione ecologica in linea con il Green Deal, il nuovo indirizzo di sviluppo europeo basato su sostenibilità e attenzione per salute e ambiente.
Il documento “A Farm to Fork Strategy” è il primo vero tentativo di gestire la politica agroalimentare in maniera integrata, seguendo appunto lo spirito della svolta “verde” dell’UE e prendendo atto del fatto che alimentazione, salute, ambiente e agricoltura sono da considerarsi indissolubilmente connessi, in particolare si dice che “i sistemi alimentari devono urgentemente diventare sostenibili e operare entro i limiti ecologici del pianeta”.
Le associazioni ambientaliste e i produttori del biologico hanno accolto questa dichiarazione di intenti con favore, ma anche con cautela, visto che al momento difetta di misure operative atte a concretizzare la svolta. Fra le note positive si registra l’impegno al raggiungimento del 25% della Superficie Agricola dell’Unione (SAU) dedicata al biologico e il 10% delle aree agricole destinate a “infrastrutture verdi” per la conservazione della naturalità dei territori e della biodiversità. Posto anche l’obiettivo di ridurre l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi (pesticidi, fertilizzanti…) del 50%, misura che dovrà però essere vagliata dal Parlamento europeo nel corso dell’iter di approvazione del provvedimento.
La strategia prevede anche un’attività di sensibilizzazione nei confronti dell’industria di trasformazione degli alimenti e, soprattutto, verso i consumatori, per creare una migliore consapevolezza alimentare. Un qualcosa di cui sembra esserci davvero bisogno, visto che i dati di monitoraggio ci dicono che oltre la metà della popolazione adulta europea è in sovrappeso, problema che sta iniziando a interessare anche l’infanzia, specialmente nei Paesi mediterranei.
In Italia, le Associazioni riunite nella Coalizione “CambiamoAgricoltura” hanno evidenziato come punto debole il settore zootecnico, responsabile di una percentuale notevole di emissioni di sostanze climalteranti, che andrebbero drasticamente ridotte. Più in generale, la strategia dovrebbe prevedere una progressiva riduzione dei consumi di prodotti di origine animale, dato che l’allevamento utilizza ormai i 2/3 dei terreni agricoli europei – andando così a intercettare la maggior parte dei sussidi della PAC – ed è responsabile della metà delle emissioni del settore agricolo, il quale a sua volta “pesa” per il 29% sul totale delle emissioni a effetto serra.
A questo proposito, vale la pena ricordare che la PAC è la voce di spesa più importante del bilancio UE, con una percentuale del 38% sulla spesa totale, pari a oltre 60 miliardi l’anno. Di questi, a causa dell’attuale, perverso meccanismo di sussidi, la maggior parte va a premiare proprio quegli allevamenti intensivi che sono i maggiori responsabili delle emissioni di gas a effetto serra, mentre le imprese che lavorano su volumi ridotti per privilegiare la qualità e quelle a conduzione familiare devono accontentarsi di una quota minimale dei cospicui finanziamenti UE
Una situazione che ora, nelle intenzioni della Strategia Farm to Fork, dovrebbe capovolgersi, visto che viene riconosciuto “il ruolo chiave di agricoltori, pescatori e acquacultori nel rendere i sistemi alimentari sostenibili”, come da tempo evidenziavano le associazioni aderenti a “CambiamoAgricoltura”. Ne consegue che la politica di distribuzione dei sussidi dovrà subire una profonda revisione, indirizzandosi maggiormente verso i piccoli produttori e andando a finanziare interventi per la difesa e il ripristino di spazi naturali, per le coltivazioni biologiche e per l’allevamento di qualità, estensivo anziché intensivo e con mangimi prodotti localmente al posto di quelli importati, spesso provenienti da coltivazioni impiantate in zone deforestate.
In definitiva, la profonda revisione della PAC costituisce una sfida impegnativa, ma al tempo stesso è un tassello fondamentale per la ricostruzione delle politiche economiche europee in un’ottica di maggiore sostenibilità ambientale e con un occhio di riguardo alla salute dei cittadini dell’UE.
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