Italia 100% rinnovabile

Superato il picco della crisi pandemica, il Governo italiano e le istituzioni europee hanno dichiarato in più occasioni di voler puntare sulla transizione “verde” per impostare la ripartenza socio-economica e contrastare la crisi provocata dell’emergenza sanitaria. Tassello fondamentale di questa nuova strategia è naturalmente la politica energetica, che deve puntare su efficienza e fonti rinnovabili per uscire dall’era dei combustibili fossili.

Le resistenze sono molte, ma una transizione verso le fonti energetiche “verdi” garantirebbe all’Italia una serie di benefici notevoli, a partire dalla creazione di numerosi posti di lavoro, oltre a vantaggi economici e strategici derivanti dalla minore dipendenza dalle fonti fossili, il rispetto degli accordi internazionali sul clima siglati nel 2015 a Parigi e, non ultimo, la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti, a favore della salute dei cittadini e dell’ambiente.

Naturalmente, la sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili è un processo complesso, che va pianificato con attenzione, ma in questo il Governo non sarebbe solo: ormai anche i produttori di energia hanno compreso che la “svolta verde” è inevitabile, anzi vantaggiosa, come dimostra la stessa elezione, alla presidenza di Elettricità Futura (l’associazione che riunisce i produttori di energia che forniscono il 70% dell’elettricità del Paese) di Agostino Re Rebaudengo, già presidente di Assorinnovabili, che rappresentava i produttori di energie rinnovabili prima della fusione in un ente unico. La presidenza di Re Rebaudengo dovrebbe imprimere una svolta alla sburocratizzazione del settore, per consentire una transizione più veloce e fluida dalle fonti fossili alle “verdi”.

Anche le organizzazioni ambientaliste sono in prima linea su questo fronte. In particolare, Greenpeace Italia ha recentemente presentato il suo piano “Italia 1.5”, per “una rivoluzione energetica all’insegna della transizione verso le rinnovabili e la totale decarbonizzazione del nostro Paese”, sostenendo che “un’Italia 100% rinnovabile è possibile”.

L’associazione ambientalista è partita da una domanda cruciale:”è davvero possibile adottare un piano energia e clima che preveda l’abbandono di tutte le fonti più vecchie e inquinanti, come carbone, gas e petrolio, già al 2040? Quanto ci costerebbe?”.

Per ottenere la risposta, Greenpeace ha commissionato uno studio all’Institute for Sustainable Future di Sydney (ISF),  “affinché – afferma Greenpeace – potesse applicare al nostro Paese lo stesso modello energetico che era stato usato dalla Fondazione Di Caprio per lo scenario globale e il risultato, frutto della collaborazione dell’ISF con il DLR tedesco (Istituto di Termodinamica dell’Agenzia spaziale tedesca) e l’Università di Melbourne, è stato sorprendente:  la Rivoluzione Energetica non solo è fattibile, ma se fosse messa in pratica sarebbe in grado di contrastare i cambiamenti climatici auto-finanziandosi. In poche parole, l’Italia potrebbe diventare green e rinnovabile al 100% e “a costo 0” entro il 2040”. 

Lo studio ha previsto due scenari, uno appunto con il traguardo di emissioni zero dell’Italia al 2040, l’altro con una decarbonizzazione totale più diluita, con orizzonte al 2050, entrambi messi a confronto con le linee guida del PNIEC, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, presentato dal nostro governo all’UE a inizio 2020.  

La prima differenza rilevante è proprio sul dato occupazionale, dove i posti di lavoro persi nel fossile vengono ampiamente recuperati nel settore delle rinnovabili: “Se l’attuale piano del Governo – evidenzia Greenpeace – comporterà un leggero aumento dell’occupazione nel settore energetico rispetto al 2017 (dagli 88 mila occupati di oggi a 98 mila nel 2030), i nostri scenari “rivoluzionari” contemplano un aumento dei posti di lavoro molto più rilevante, con un maggiore numero di occupati nel settore green delle rinnovabili. Se l’Italia scegliesse invece di adottare piani più ambiziosi ed efficaci per affrontare l’emergenza climatica, potrebbe arrivare ad avere un totale di 163 mila occupati nel 2030, di cui l’86,5% nei settori delle fonti rinnovabili (parliamo quindi di 65 mila posti di lavoro in più rispetto agli attuali piani di governo)”.

L’investimento, prosegue Greenpeace, sarebbe “a costo zero: non spenderemo più un centesimo per gas, petrolio o carbone. È chiaro che per sviluppare gli scenari che abbiamo presentato servono degli investimenti: si tratta di spese che ad un’occhiata superficiale possono sembrare cospicue, ma a ben guardare non lo sono affatto. Non dobbiamo infatti dimenticare che a fronte degli investimenti ci sono notevoli risparmi dovuti al minor consumo di gas fossile, petrolio e carbone, ed è per questo che possiamo dire che la rivoluzione energetica può avvenire a costo 0. Nel nostro scenario l’investimento aggiuntivo nel decennio 2020 – 2030 è stimato in circa 37 miliardi di euro rispetto ai piani del Governo, ma i risparmi sui costi dei combustibili fossili arriveranno fino a 36,5 miliardi di euro. Pertanto, i risparmi coprono quasi del tutto i costi degli investimenti aggiuntivi”.

I numeri presentati da Greenpeace evidenziano come i costi aggiuntivi degli investimenti sulle rinnovabili verrebbero compensati dai risparmi sulle fossili, tanto che, denuncia l’organizzazione ambientalista, “il Piano Energetico presentato dal governo non è nell’interesse dei cittadini italiani, ma risponde piuttosto alle richieste delle lobby petrolifere, ritardando una transizione energetica sempre più urgente e non più rinviabile: la Storia stessa ci sta dimostrando che dobbiamo scegliere tra il mondo “di prima”, con attività inquinanti e distruttive per noi e per il Pianeta, e un mondo più verde e sicuro per tutti”.

La transizione ecologica è una priorità assoluta. Ed è sempre più evidente che conviene non solo all’ambiente, ma anche all’economia e all’occupazione. Ora si tratta solo di volontà politica, quella che occorre per sovvertire un sistema ancora troppo influenzato dalla lobby dei combustibili fossili.

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