Il tramonto come annientamento dell’essere
Il Quartetto di Cremona e il mezzosoprano Anna Maria Chiuri in una serata concertistica nell’ambito degli appuntamenti della rassegna “Contaminazioni liriche” a Savona
Dagli spalti della Fortezza Priamar, il 3 agosto, non si può godere del tramonto, il cielo è carico di nubi e soffia un forte vento di tempesta, ma la vista, da qui, è spettacolare: si vede tutta Savona, anzi la si domina (la storia ci ricorda che la Repubblica di Genova ben lo sapeva perché da questa altura controllava con giganteschi cannoni puntati sulla città la rivale Savona), mentre dal lato mare la vista spazia sulla riviera, con Genova a sinistra e con l’isola Gallinara a destra. La Fortezza, un tempo abbandonata a se stessa, è da anni stata restaurata e oggi in ottime condizioni. Vi si può visitare anche la cella dove, in epoca risorgimentale, per alcuni mesi fu rinchiuso Giuseppe Mazzini accusato di attività cospirativa.
Da tempo la fortezza ospita diversi iniziative estive nel bel cortile interno, arioso e spazioso, anche opere liriche messe in scena dal Teatro dell’Opera Giocosa.
Quest’anno, per le limitazioni dovute al Covid, si è dovuto studiare qualcosa di alternativo, così dalla mente di Giovanni Di Stefano, che del teatro è guida competente, esce la stagione “Contaminazioni liriche”, una rassegna dedicata alla grande musica in collaborazione col Comune di Savona, “una commistione di generi che rappresenta le immense potenzialità che il domani può avere. Anche in tempi difficili come quelli attuali”.
Un programma ricco di appuntamenti concertistici di alto livello, che annovera anche due opere liriche, L’ammalato immaginario di Leonardo Vinci e Bastiano e Bastiana di Wolfgang Amadeus Mozart nella realizzazione affidata alla fantasia di Davide Livermore, che ricostruisce la magia del teatro antico facendola uscire, come per incanto, da un camion: un gigantesco tir che all’interno ha scenografie che rimodulano con fantasia le regole del teatro barocco, la sua magia e il fascino antico ma sempre attuale; una idea vincente, nata a Valencia, che ora arriva in Italia per una tournée che da Savona porterà questa iniziativa anche in altre città liguri.
Il richiamo iniziale alla mancata vista del tramonto per i citati motivi di avverse condizioni meterologiche, così come la conseguente necessità di spostare al chiuso (non più nel cortile bensì in una sala della medesima fortezza) il concerto, permettono tuttavia di riflettere meglio sulla pagina principale eseguita nel corso di una serata che ha visto impegnato il Quartetto di Cremona (Cristiano Gualco, violino, Paolo Andreoli, violino, Simone Gramaglia, viola, Giovanni Scaglione, violoncello) in un omaggio a Beethoven per il 250° anniversario della sua nascita, ma soprattutto nell’esecuzione del poemetto lirico di Percy Bysshe Shelley musicato da Ottorino Respighi, per mezzosoprano e quartetto d’archi, intitolato appunto Il tramonto. Pagina davvero magnifica, dove la luce del sole che tramonta è già offuscata dalle “cineree nubi”, foriere di un destino tragico. Il testo del poeta inglese, che fu consorte di Mary Shelley, autrice del celebre romanzo Frankenstein, risale al 1816 e nella sua valenza gotico-romantica schiude un senso di desolazione che la musica di Respighi (composta nel 1914) ben dipinge; sembra attingere alla cultura musicale austriaca e tedesca, con richiami a Richard Strauss e all’humus culturale di quel tempo, con timbriche e dinamiche così ricche di colori da richiedere grande sensibilità a chi la interpreta. La calma riflessiva dei versi delle prime strofe introduce all’incontro di due giovani amanti che si apprestano ad assistere ad un tramonto che prelude alla loro notte d’amore in attesa di contemplare assieme il sorgere del sole. Ma l’atmosfera non è serena, sembra già anticipare la sofferenza che seguirà. Al mattino la donna trova infatti a fianco a sé l’amato morto fra le sue braccia. Il resto del poema pare descrivere il progressivo senso di sfiorire fisico e psichico che consuma la donna fino a un desiderio di pace raggiunto con la morte stessa, unico modo per trovare sollievo dinanzi alle proprie sofferenze. Un annientamento quasi cosmico, di tristaniana memoria qualora si fosse tentati di evocare Wagner, che trova nel suono terso, pulito e di trasparenza adamantina quasi metafisica degli strumentisti dello splendido Quartetto di Cremona e nella morbida e calda malia timbrica della voce di Anna Maria Chiuri un connubio perfetto, coniugato attraverso suoni che colorano le parole, quasi le decorano, scandite con chiarezza dalla voce della Chiuri, piegate con commossa e raffinata consapevolezza espressiva al clima di avvinta prostrazione che pervade la pagina, prefigurando un disfacimento quasi desiderato, che anela al nulla. Coglierlo non è facile, ma quando capita, come è successo in questa serata, si toccano vertici di autentica emozione in musica.
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