Scuola: ragazzi, bentornati in aula!

Ricomincia la scuola, tornano in aula i nostri ragazzi. Qualcosa che da lunghi decenni si ripete ogni anno: nulla di straordinario e che invece quest’anno lo è. Di mezzo c’è stato, e purtroppo c’è ancora, il Coronavirus con i mesi di isolamento in casa, le scuole chiuse, le lezioni sospese e poi riprese soltanto online. Un blocco mai visto, neppure negli anni più bui della guerra, nell’Italia occupata dai tedeschi e bombardata dagli americani. Neanche allora però la scuola si era fermata. Ecco dunque che questo ritorno tra i banchi assume un significato del tutto diverso; quello di una grande ripartenza collettiva, la ripresa – speriamo – verso una normalità, mai come oggi tanto agognata.

Dal 14 settembre, salvo qualche regione che posticipa il rientro, si ricomincia e larga parte degli 8milioni di studenti tornerà in classe. Al di là del lato didattico della faccenda, che pure è importante, c’è un dato umano che ci piace sottolineare: il ritorno alla relazione, allo stare insieme per questi giovani che per mesi hanno visto interrompersi legami ed amicizie. In fondo gli anni dello studio sono anche questo: un incontro con gli altri siano essi i compagni di classe o i professori. Un ritorno che, mai come questa volta, sarà una festa nel ritrovarsi tutti insieme, per riprendere quel cammino di vita che è, da sempre, la scuola.

La domanda che ovviamente tutti ci poniamo. Come si tornerà? E su questo si sono innestate tante, davvero troppe, polemiche che hanno punteggiato l’estate. Abbiamo assistito ad attacchi di ogni genere contro la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ritenuta colpevole di tutti i mali di cui soffre la scuola italiana. Mali irrisolti e forse ormai endemici: strutture scolastiche vecchie ed inadeguate, immense ed eterne liste di precari, insuperabili rigidità organizzative, scarse o nulle possibilità di premiare gli insegnanti più meritevoli.

Di riforme la nostra scuola ne ha viste tante, a cominciare da quella dell’autonomia che per troppi ha significato fare quello che si vuole, in barba a qualsiasi omogeneità programmatica. E in fondo la sola vera grande riforma, in tutti questi decenni, resta quella della media unica che, nei primi anni Sessanta, eliminò il classismo che sottostava alla scelta, a soli 11 anni, tra avviamento al lavoro e proseguimento degli studi. Oggi, per essere all’altezza di quella logica così aperta ed avanzata, bisognerebbe innalzare l’obbligo scolastico a 18 anni. Investire sulla scuola, significa soprattutto elevare il livello culturale dei nostri ragazzi, di tutti, a qualsiasi segmento sociale appartengano.

Il problema è che adesso più che evocare grandi scenari sul futuro della scuola, siamo chiamati, nell’immediato, a pensare alla sua stessa esistenza. Una situazione che la Azzolina si è trovata tra le mani e con cui nessuno dei suoi predecessori mai ha dovuto confrontarsi. Ecco allora i protocolli che stabiliscono le misure anti contagio: alternanza tra lezioni in aula e lezioni online, minor affollamento nelle classi, distanziamento dei banchi e, almeno per i più grandi, mascherina sul viso. Molte le cose ancora da chiarire, tra cui la misurazione della temperatura. Operazione che non può venir lasciata alla buona volontà delle famiglie ma che deve esser fatta a scuola, così come avviene in un normale posto di lavoro. Poco si è capito su questi banchi a rotelle: forse per meglio spostarsi nei nuovi spazi. Sarà davvero così o invece a qualche ragazzo, con questi trabiccoli semoventi non verrà in mente di fare le corse nei corridoi? Altro interrogativo le postazioni singole. Da decenni, almeno al nord, nelle aule sono presenti banchi monoposto che vengono poi accostati. C’è da chiedersi da dove nasca questa enorme carenza. Vien quasi da pensare che qualcuno più che alle reali necessità ha pensato ad un banale rinnovo degli arredi.

Non mancano insomma i dubbi, che investono poi anche l’intera didattica. Certo, dinanzi ad una tale complessità organizzativa e gestionale qualsiasi valutazione non può che esser sospesa. Ne riparleremo a scuole riaperte, tra qualche settimana e sempre considerando le immani difficoltà incontrate. Nessun giudizio preventivo ed affrettato, dunque. Non ci piacciono i processi alle intenzioni, imbastiti da chi sembra quasi auspicare il “tanto peggio, tanto meglio”. Magari per un meschino tornaconto politico.

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