Seconda ondata
In estate abbiamo assistito spesso a comportamenti di massa improntati alla convinzione che l’epidemia da Coronavirus fosse ormai alle spalle. Contemporaneamente, si è sentito molte volte il ritornello con il quale si auspicava la ripartenza delle attività produttive nell’autunno, sempre con la prospettiva ottimistica di avere superato l’emergenza sanitaria. A fronte di tutto ciò, i realisti – spesso additati come pessimisti –si limitavano ad affermazioni generiche, come “speriamo” o “non sarà facile”, giusto per evitare di dire ciò che ragionevolmente prevedevano e in cuor loro temevano. Ovvero, che in autunno a ripartire sarebbero stati prima di tutto i contagi.
Purtroppo, oggi vediamo che è esattamente così. L’abbattimento dei casi in estate è stata solo una breve tregua, dovuta in gran parte alle misure di prevenzione adottate, prima fra tutte la quarantena, che gli anglofili hanno ribattezzato lockdown, anche se è nata storicamente in Italia, precisamente nella Repubblica marinara di Venezia. In particolare, il nostro Paese, che in Europa era stato colpito per primo e in misura più devastante dall’epidemia, è attualmente ancora quello con la situazione migliore, proprio grazie all’efficacia delle misure prese, in assoluto quelle più stringenti e durevoli nel tempo. Ma oggi il virus inizia a farsi invasivo anche da noi, anche se in misura minore rispetto ad altri Paesi, ma con numeri ormai degni della massima attenzione.
Da dieci settimane consecutive si registra un aumento dei casi in Italia e il rapporto settimanale congiunto dell’Istituto superiore di sanità e del ministero della Salute, basato sui dati delle singole regioni, relativo alla settimana dal 28 settembre al 4 ottobre parla di un virus che “oggi circola in tutto il Paese”, con un’incidenza di 44,37 casi per 100 mila abitanti. Quel che è peggio, si tratta di casi sintomatici, ovvero persone che, oltre a contrarre il virus, sviluppano la malattia, mentre l’indice di contagiosità denominato “Rt”, che indica il rapporto fra i contagiati attuali e i possibili contagiati futuri è salito a 1,06 indicando un fattore di crescita dell’epidemia.
In Italia si registrano ormai più di 3.800 focolai attivi in quasi tutte le provincie (104 su 107), con una prevalenza di trasmissione di tipo familiare, con una percentuale che sfiora l’80%, ovvero quattro contagi su cinque avvengono fra le mura domestiche, ben più che in ambito scolastico o nelle attività ricreative. L’incidenza è tale da mettere nuovamente sotto pressione il sistema sanitario, ma per ora fortunatamente non si registrano situazioni di criticità nelle terapie intensive. Il poco invidiabile primato di indice Rt più elevato spetta al Piemonte, con 1,3. Seguono a poca distanza Campania (1,24) e Sicilia (1,22).
Non è di grande consolazione, ma il dato italiano è al momento uno dei migliori in Europa. Molto peggio la situazione in Francia, dove in sole 24 ore si sono registrati quasi 27.000 nuovi casi e dove si moltiplicano le “zone rosse”: dopo Parigi, Marsiglia Aix-en-Provence e Guadalupe è il turno di Lione, Lille, Grenoble e Saint-Etienne. Salgono rapidamente i casi anche in Olanda e Portogallo, mentre in Spagna e Inghilterra l’incidenza era già elevata e anche la Germania si avvicina ai livelli di allarme. In totale l’Europa ha registrato la cifra record di 100.000 nuovi contagi in un solo giorno.
A livello mondiale i nuovi casi in ventiquattro sono stati circa 350.000, con gli Stati Uniti che a livello complessivo continuano a guidare questa triste classifica con oltre 7.700.000 casi e 214 mila decessi, seguiti dal Brasile con 150.000 morti su cinque milioni di contagi e dall’India con 100 mila vittime su sette milioni di positivi. Cifre in costante ascesa, che fanno capire al di là di ogni dubbio che la seconda ondata è iniziata e sta aumentando di portata.
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