Covid, perseverare è diabolico

La seconda ondata di pandemia Covid-19 cresce nel nostro Paese e ci spinge ad alcune riflessioni. Infatti, se la prima ondata poteva averci colto di sorpresa, in quanto primo Paese europeo a essere aggredito dal virus, in questo caso è l’esatto opposto, perché gli altri Paesi europei sono ripiombati prima di noi nell’incubo della ripresa del contagio.

Ormai dovrebbe essere chiara a tutti una verità semplicissima: il virus cammina sulle gambe delle persone, per cui per fermarlo occorre fermare le persone, che piaccia o no. Quando la Cina subì per prima l’epidemia, in un mondo globalizzato e fortemente dipendente dalle produzioni del gigante asiatico, era chiaro che prima o pi il virus sarebbe arrivato da noi, viaggiando “a bordo” di qualche passeggero di business class che tornava da un viaggio d’affari, non certo per colpa dei pochi turisti cinesi in vacanza da noi, tantomeno a causa dei migranti in arrivo su barconi fatiscenti.

Non è un caso infatti se il contagio è partito dalla Lombardia, dove arrivano i voli internazionali dalla Cina a Malpensa o Bergamo. Al contrario, dove erano stati individuati turisti cinesi affetti da Covid-19, non si era sviluppato alcun focolaio, così come non c’erano stati focolai significativi nei luoghi degli sbarchi e dell’accoglienza ai migranti.

Oltre a ciò, numerosi studi mettono in correlazione la virulenza del contagio con le condizioni di inquinamento atmosferico, in particolare con i livelli dei PM, le polveri sottili, che possono fungere da veicolo di trasporto per il virus fino agli interstizi più remoti dei nostri polmoni, già irritati e indeboliti dalla esposizione stessa agli agenti inquinanti. Anche in questo caso, non c’è dubbio che l’intera Pianura padana sia una delle aree più inquinate della nostra penisola, specialmente nel periodo invernale, quando i fumi dei riscaldamenti si sommano alle altre fonti inquinanti già presenti e quando il fenomeno della cosiddetta “inversione termica” crea una cappa di pressione che schiaccia gli strati d’aria inquinata verso il suolo, impedendo il ricambio e provocando un ristagno atmosferico dove il virus può sguazzare tranquillamente in attesa di infiltrarsi in un ospite umano.

Tutte cose che, al momento dell’arrivo del virus in Italia, non si sapevano, perché non esistevano studi scientifici in proposito. Però già si sapeva che questo era successo con la SARS, la pandemia scoppiata a inizio anni 2000, anche se con diffusione ed effetti molto più contenuti. E si sapeva che, nel giro di pochi anni, sarebbe arrivata un’altra pandemia, probabilmente una zoonosi, ovvero causata da un virus di derivazione animale. Infatti le cose sono andate esattamente così, con l’arrivo nella città cinese di Wuhan di SARS-CoV-2, il virus responsabile dell’attuale pandemia COVID-19, di origine animale e parente stretto di quello della SARS, solo decisamente più subdolo e pervasivo. E si poteva anche intuire che dalla Cina sarebbe arrivato fino a noi, pensando subito ad adottare delle contromisure.

Ma vabbè, diciamo che era sostanzialmente la prima volta che capitava una roba simile, ed eravamo tutti tragicamente impreparati. Ma adesso no, non ci sono più giustificazioni.

Il virus non ha mai smesso di correre in giro per il mondo, anche e soprattutto nei Paesi che non hanno voluto prendere contromisure, come gli USA e la Svezia. Nonostante l’incredulità dei negazionisti, di coloro che pensavano che ci preoccupassimo troppo o che fosse già tutto finito, salvo poi ammalarsi pure loro e pretendere di essere curati da una malattia che ritenevano inesistente o innocua.

Oggi dovrebbe essere chiaro a tutti che il virus esiste, non ha perso minimamente la sua pericolosità ed è in grado di mettere in ginocchio il sistema sanitario di qualunque nazione, portando a una valanga di ricoveri e di necessità di terapie intensive. E dovrebbe essere chiaro a tutti che, se l’Italia colpita per prima e più duramente di tutti è stata l’ultima ad avere una “ricaduta” epidemica, ciò è dovuto alla cura shock della quarantena forzata che il Governo ci ha imposto nei primi mesi dell’anno. Il periodo di isolamento più lungo e rigoroso fra tutte le nazioni europee, che ci ha permesso di portare quasi a zero la presenza del virus fra di noi.

Quasi, appunto. Ma con la smania festaiola di questa estate, quanto moltissimi si assembravano allegramente, pensando che fosse tutto finito, con la sottovalutazione di inizio autunno e con il fatto di essere circondati da Paesi dove il contagio aveva ripreso a correre, era chiaro che anche da noi sarebbe ricominciato tutto.

Come prima, peggio di prima.

Perché adesso l’impreparazione non è scusabile. Perché questa estate, nella breve tregua concessa dal virus, non si è agito per prevenire e arginare una seconda ondata prevedibilissima, anzi sicura. Perché si continuano a privilegiare gli interessi economici alla salute pubblica.

È proprio a causa delle pressioni delle “categorie produttive” che il Governo non ha osato dichiarare un altro stop forzoso come la precedente quarantena, preferendo un approccio diversificato a seconda delle Regioni. È proprio a causa dell’ignavia e dell’inettitudine delle classi dirigenti locali se alcune Regioni sono in condizioni peggiori e pertanto sono state dichiarate Zona Rossa.

Non ultimo, è colpa di tutti noi se il contagio non si ferma, se gli ospedali scoppiano e gli operatori sanitari sono scoppiati, se le persone continuano a morire. Perché non siamo attenti alle disposizioni sanitarie, perché teniamo le mascherine sul collo invece che su bocca e naso, perché non ci vogliamo fermare, con la nostra smania di produrre e guadagnare, mentre al tempo stesso non vogliamo imparare almeno a fare le cose in modo differente, perché questo ci richiede sforzo e ci obbliga a cambiare abitudini e stili di vita, quindi giammai…

Naturalmente, in tutto ciò, c’è anche chi prova a tenere a galla la barca. In prima linea, gli operatori sanitari: medici e infermieri, ma anche portantini, ausiliari, personale addetto alle pulizie e alle sanificazioni, eccetera. E la marea di volontari che si adopera per aiutare chi è in difficoltà, chi non può fare la spesa, chi non ha più risorse. E molti altri che cercano di fare la propria parte, fosse anche solo prendendo la bicicletta per andare al lavoro invece dell’auto, per diminuire l’inquinamento.

Sull’altro lato ci sono quelli che peggiorano le cose negando l’evidenza, protestando in modo violento, strumentalizzando la situazione. Per fortuna sono pochi, anche se fanno molto rumore. Il problema vero sono i moltissimi che non fanno nulla, o troppo poco, limitandosi al lamento generalizzato e lasciando soli i pochi che combattono.

È per tutti questi motivi che la pandemia non si ferma, e il colore delle varie Regioni tende a diventare sempre più scuro. È per questo che avremmo dovuto fermarci tutti e prima, per evitare il dilagare dell’epidemia. È per questo che dovremmo darci tutti molto più da fare, se vogliamo uscirne al più presto limitando i danni.

Anche perché la prima ondata è stata sconfitta soprattutto grazie all’arrivo di un alleato, l’Estate, che oggi è drammaticamente lontana. Mentre davanti a noi c’è il Generale Inverno, lungo, freddo, buio. E alleato del virus.

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