Pesticidi: l’export tossico dell’Italia
Per l’Italia l’export è una voce fondamentale del bilancio. Il made in Italy è un’eccellenza riconosciuta a livello mondiale e giustamente dobbiamo esserne orgogliosi. Ma ci sono dei settori in cui sarebbe meglio non primeggiare, o perlomeno rivedere a fondo il prodotto da esportare. È il caso dei pesticidi vietati dall’Unione Europea per i loro potenziali rischi per la salute umana e per l’ambiente, dei quali l’Italia è il secondo maggior esportatore – dopo il Regno Unito – verso i Paesi extra-UE.
Il dato emerge dall’inchiesta realizzata da Unearthed, l’unità investigativa della sezione britannica di Greenpeace, in collaborazione con l’ONG svizzera Public Eye, analizzando le “notifiche di esportazione”, ossia la documentazione che le aziende devono produrre alle autorità di controllo per ottenere le autorizzazioni necessarie per l’esportazione.
L’analisi dei dati ha prodotto l’elenco più completo fra quelli finora diffusi relativo ai pesticidi destinati alle esportazioni al di fuori dell’UE, dal momento che l’Europa ne ha vietato l’utilizzo nei propri territori. Prendendo in esame le esportazioni del 2018, emerge che sono ben 41 i prodotti classificati come “fitosanitari” vietati dall’Unione che continuano a essere spediti al di fuori del continente, verso 85 Paesi per la maggior parte a reddito medio – basso. In termini di volumi, parliamo di circa 80.000 tonnellate, oltre la metà delle quali destinate ai cosiddetti paesi “in via di sviluppo”.
Di queste, sono circa 9.500 tonnellate (il 12% del totale) quelle in partenza dall’Italia, che risulta appunto il secondo maggior esportatore dopo la Gran Bretagna. Le esportazioni italiane riguardano 10 diversi prodotti fitosanitari potenzialmente tossici, indirizzati verso vari Paesi, tra i quali Stati Uniti, Canada, Messico, Australia, Marocco, Sud Africa, India, Giappone, Iran e Vietnam.
Nel dettaglio, la sostanza più esportata per quantità nel 2018 (oltre metà del totale) è stato il trifluralin, che secondo quanto riporta Greenpeace è un prodotto di Finchimica (azienda che peraltro ha correttamente fornito i dati ai ricercatori) “sospetto cancerogeno vietato in Ue già dal 2007 a causa della sua elevata tossicità per i pesci e altri organismi acquatici, nonché per la sua elevata persistenza nel suolo”. A seguire, troviamo l’erbicida ethalfluralin, ancora di Finchimica, che lo esporta principalmente in Canada e Stati Uniti, prodotto “sospetto cancerogeno per gli esseri umani”, come informa il medesimo rapporto di Greenpeace.
Abbiamo poi un’altra azienda italiana, la Sipcam Oxon, con esportazioni per più di 300 tonnellate “di diserbante a base di atrazina – prosegue Greenpeace – un erbicida tossico vietato nel 2004” dirette verso Israele, Stati Uniti, Sudan e Sud Africa. Sempre dai dati pubblicati da Greenpeace apprendiamo che 400 tonnellate del fumigante 1,3-dicloropropene sarebbero partite verso il Marocco e 329 tonnellate di insetticidi a base di propargite verso India, Vietnam e lo stesso Marocco. Due sostanze che, ammonisce Greenpeace, “sono state classificate come probabili cancerogeni per gli esseri umani dall’EPA”, l’Agenzia Europea per l’Ambiente.
Ora, viene spontaneo chiedersi per quale motivo dei prodotti ritenuti potenzialmente nocivi e dunque vietati in Europa continuino a essere prodotti da aziende europee, ma soprattutto in base a quali logiche la stessa UE autorizzi l’esportazione di sostanze delle quali vieta espressamente l’utilizzo sul proprio territorio. Specialmente tenendo conto del fatto che, nel nostro mondo globalizzato, è molto probabile che alcune produzioni agricole dei Paesi extra-UE, irrorate con queste sostanze tossiche, vengano poi fatalmente importate in Europa.
E’ dunque evidente la necessità di fermare del tutto la produzione e il commercio di questi pesticidi, colmando il vuoto legislativo che impedisce, giustamente, di utilizzarli in Europa, ma consente in modo del tutto illogico di esportarli verso Paesi terzi, salvo poi ritrovarseli nel piatto a causa dei complessi intrecci di import-export del mercato globale.
Tra l’altro, numerosi esperti di diritti umani delle Nazioni Unite hanno definito “deplorevole” la pratica di esportare prodotti tossici verso i Paesi più poveri e hanno lanciato un appello perché si ponga fine a questo tipo di commercio.
Del resto, alla lunga la messa al bando di queste sostanze tossiche è nell’interesse di tutti, anche degli stessi cittadini europei che, sebbene formalmente tutelati nei loro territori, rischiano comunque di venire a contatto con i residui di questi pesticidi attraverso le migliaia di tonnellate di merci importate per il consumo diretto o per l’industria della trasformazione alimentare.
Senza contare che, anche se l’effetto di questi prodotti nocivi va a incidere in modo diretto su territori lontani migliaia di chilometri, finisce comunque per generare problemi e squilibri a livello globale, provocando un inquinamento permanente di suoli e acque che finisce con l’impoverire interi territori, rischiando di amplificare i movimenti migratori di coloro che non riescono più a produrre il necessario al proprio sostentamento. E andando a incidere su interi ecosistemi e sulla loro biodiversità, in particolare causando il declino delle popolazioni di api e altri insetti impollinatori, indispensabili per la riproduzione di innumerevoli specie vegetali destinate all’alimentazione.
Tabella riassuntiva delle notifiche di esportazione per il 2018 per Paese
Paese | Esportazioni programmate di pesticidi vietati in Ue, 2018 (kg/l)* |
Regno Unito | 32.187.500 |
Italia | 9.499.920 |
Germania | 8.078.963 |
Paesi Bassi | 8.010.213 |
Francia | 7.663.389 |
Spagna | 5.182.400 |
Belgio | 4.987.471 |
Bulgaria | 3.792.000 |
Finlandia | 2.000.000 |
Ungheria | 153.000 |
Austria | 60.000 |
Totale | 81.614.856 |
(Fonte: Unearthed/Public Eye analisi delle notifiche per l’esportazione)
* Queste cifre mostrano il peso stimato aggregato dei prodotti fitosanitari notificati per l’esportazione (confermati o presunti) di prodotti fitosanitari vietati in Ue.
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