Cronache dall’Ottocento: la vita moderna nelle opere di Carlo Bossoli

Il 6 ottobre scorso si è svolta la presentazione ai giornalisti e agli organi di stampa della nuova mostra, che proseguirà fino al 31 gennaio, allestita al Museo Accorsi-Ometti di Torino. Questo Museo nasce dalla iniziativa e dalla intraprendenza dell’antiquario Pietro Accorsi (definito “il mercante di meraviglie”), che raccolse per tutta la vita opere di inestimabile valore. Il palazzo di via Po 55, a Torino, che fu anche la sua residenza, è uno scrigno d’arte, una bomboniera ovattata dove i capolavori della collezione permanente si offrono ai visitatori insieme al materiale che, di volta in volta, compone le mostre temporanee. Qui si trova il capolavoro dell’ebanista Pietro Piffetti, Gemello di quello conservato al Quirinale, firmato e datato, come recita la scritta al centro della ribalta “Petrus Piffetti Inve./ fecit et sculpsit/ Taurini 1738”, lo straordinario doppio corpo è ritenuto dalla critica internazionale “il mobile più bello del mondo“.

Ora le attività museali sono ferme, a causa della seconda ondata pandemica. Vogliamo ugualmente raccontare questa mostra, in attesa della sua riapertura (e probabile proroga).

“Vogliamo andare avanti, per battere il covid19, pensare temi nuovi che portino interesse verso l’arte” ha detto il Presidente Costanzo Ferrero all’inizio della presentazione della mostra, tenutasi nell’Aula Magna della Fondazione Accorsi-Ometto: questa mostra cerca di riaccendere i riflettori sull’Ottocento (il secolo lungo, che va dalla Rivoluzione Francese alla Prima Guerra Mondiale), con un percorso dedicato alle opere del pittore Carlo Bossoli e alla fotografia del suo tempo che restituisce fedelmente l’immagine di quel secolo, attraverso l’evoluzione dei costumi, il progresso economico e politico, il modo di vivere.

Il Direttore Luca Mana si augura che la mostra sia un passo in avanti verso le giovani generazioni, più attratte dalla fotografia e dal cinema: per questo motivo si sono unite tutte queste discipline nel percorso di visita. Proprio nell’Ottocento si crea il rapporto fra la pittura e la nuova arte della fotografia (nata nel 1839), che induce il pubblico a vedere la realtà con un occhio più dinamico e aperto al movimento. Cinquanta dipinti e quaranta fotografie accompagnano i visitatori in questo viaggio nel tempo e nella società ottocentesca.

La mostra è divisa in cinque sezioni. Si inizia con la quotidianità, che rivolge un’attenzione particolare verso Torino. Ritroviamo piazza Castello con l’asse della via Nuova (poi via Roma), piazza San Carlo e lo spazio di piazza Vittorio Veneto, con animate vedute cittadine. Si prosegue con gli eventi politici e bellici, di cui Bossoli fu testimone: le Cinque Giornate di Milano del marzo 1848 e le campagne della Seconda Guerra di Indipendenza. Una serie di fotografie documenta gli eventi della Repubblica Romana nel 1849 e la guerra di Crimea nel 1855. La terza sezione ha per tema le ferrovie, nuova infrastruttura che iniziava ad ammodernare la vita del nostro Paese, ponendo il Regno di Sardegna all’avanguardia politica e commerciale. Basti fare un esempio: le ferrovie Napoli-Portici e Milano-Monza, antesignane, fungevano da servizio di trasporto per le Corti di quegli Stati; la prima ferrovia piemontese, costruita per collegare Torino a Genova ed al suo porto, era destinata ad aprire la via ai commerci e agli scambi dal Mediterraneo verso l’Europa, quasi un progetto ante litteram della unificazione continentale che si prenderà forma nella seconda parte del Novecento.Un documento prezioso di questa sezione è la fotografia che ritrae un gruppo di persone in posa nella villa dell’ingegner Pietro Spurgazzi, in occasione della inaugurazione della ferrovia che univa Torino a Caluso. Vi si riconosce lo scultore Vincenzo Vela, che aveva lasciato il Ticino per Milano e infine arrivò a Torino, quale titolare della cattedra di scultura alla Accademia Albertina. Si continua, nella quarta sezione, con l’esotismo: comprende vedute a tempera e a olio di paesaggi russi, poi incontriamo la Crimea, la Turchia e il Marocco, a indicarci il percorso di vita dell’uomo Bossoli.

La quinta e ultima sezione si sofferma sulle vedute di ville e giardini. Alcune opere si segnalano per la loro qualità ed originalità: “Sala dei valletti a piedi a Venaria Reale” (1853): è un quadro inedito, proveniente da collezione privata e ci mostra la Venaria nel suo splendore, con arredi, armi e arazzi presenti prima dell’abbandono e delle razzie susseguitesi; “Veduta della scuderia grande di Venaria Reale” (1853), dipinto in occasione di una visita di Vittorio Seyssel d’Aix; “Interno di Palazzo Coardi di Carpeneto di Torino” (1853), interno aristocratico di famiglia: il palazzo in via Maria Vittoria, fu gravemente danneggiato nell’ultima guerra mondiale; “La casa del pittore sul Lungo Po a Torino” (1868-1869), che ci dà l’immagine della sua abitazione;

Tra le fotografie, una è di Henri Le Lieure: “Traforo del Moncenisio, le maestranze all’imbocco della galleria” (1861). Egli è un fotografo francese, che apre il suo studio a Torino, negli attuali Giardini Cavour, dentro il Caffé “La Rotonda”.

Al termine di questo excursus ci soffermiamo un attimo sull’artista. Carlo Bossoli nasce a Lugano, in Svizzera, nel 1815, la famiglia si trasferisce subito dopo a Odessa. La sua formazione pittorica è da autodidatta, come vedutista, scenografo e autore di “cosmorami” panoramici. Dal 1843 al 1853 vive a Milano, dove riceve molte committenze aristocratiche; quindi arriva a Torino, dove diventa uno dei pittori di Corte. Ha imparato a dipingere a tempera su carta perché, durante il suo soggiorno a Odessa, in Russia, ha studiato le icone (che si formavano in quel modo). E’ uno dei primi svizzeri a giungere a Torino, prima che Emanuele Luserna di Rorà ne favorisse l’afflusso di imprese e capitali. Fra il 1852 e il 1854 il Governo del Regno di Sardegna lo incarica di raffigurare le proprie ferrovie, come celebrazione di un potere illuminato, da cui egli trae la celebre serie di litografie intitolata “Views on the railway between Turni and Genoa”, pubblicata a Londra. Nel 1862 riceve la patente di “pittore reale di storia”; trascorre i suoi ultimi anni a Torino, nella casa lungo le rive del Po da lui stesso progettata. La sua architettura esotica è andata perduta, ma il palazzo si affaccia ancora sull’attuale Lungo Po Diaz, fra il traffico animato della città e il calmo fluire delle acque del fiume.

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