Adesso serve anche l’affidabilità dei politici
L’ormai noiosa “verifica” di Governo, sempre più lunga e sempre più misteriosa, si caratterizza sostanzialmente per un solo aspetto: come recuperare più potere all’interno dell’esecutivo. Una riflessione banale che, però, è ormai nota quasi a tutti. Almeno a quelli che seguono le stanche e sempre più contorte vicende politiche italiane. Peccato che il tutto avvenga sulla pelle dei cittadini italiani che, in questa fase storica difficile e drammatica per molti, non sono particolarmente sensibili alle richieste di potere del partito di Renzi nè delle ambizioni di chi sta costruendo, all’interno del Pd e dei 5 stelle, nuovi organigrammi. Cioè, uscendo dalla metafora, la ennesima e sempreverde richiesta di nuovi ministri e nuovi sottosegretari. Ma quel che emerge in modo persin plateale da questa situazione ingarbugliata e un po’ ipocrita, è la perdita di credibilità e di autorevolezza della classe politica. In particolare della sua affidabilità. Sulla coerenza è inutile insistere tale è la dissociazione radicale tra ciò che si dice pubblicamente e ciò che si fa concretamente.
Del resto, che da qualche tempo nella politica italiana ci siano solo più i “capi” e non più i “leader, è cosa sufficientemente nota per essere ulteriormente descritta. Un processo che è anche il frutto del tramonto dei partiti politici organizzati, radicati nel territorio e socialmente rappresentativi, a cui sono subentrati i partiti personali, del capo o del guru, a seconda dei vari soggetti in campo. Di fatto, cartelli elettorali. Un contesto che certamente non rafforza la credibilità della politica e, soprattutto, dei partiti per non parlare dei politici. E questo ce lo dicono periodicamente vari sondaggi, soprattutto quelli che sono imparziali ed oggettivi.
Ora, il tutto purtroppo si incastra in una cornice trasformistica dove il richiamo alla coerenza politica, alla lungimiranza programmatica e alla serietà istituzionale suona quasi anacronistico. Al riguardo, è appena sufficiente osservare con attenzione e senza spirito polemico o settario il comportamento concreto di alcuni di questi presunti “capi” politici per rendersi conto che l’inaffidabilità è diventata la regola per eccellenza dell’azione quotidiana nella dialettica politica. E anche questo ce lo confermano varie analisi demoscopiche. E tutto ciò che aleggia attorno alla sempre più misteriosa “crisi di governo” ne è un esempio plateale, appunto. Gli annunci e le solenni dichiarazioni che vengono sfornate in batteria sono puntualmente smentite nell’arco di poche ore e altrettanto puntualmente rinnegate e ribaltate nell’arco di pochi giorni.
Se noi dovessimo registrare, pur senza esercitarsi in alcun commento e per fare un solo esempio, gli annunci solenni che vengono fatti nei vari talk show e poi verificarli con i concreti comportamenti parlamentari ci sarebbe da restare basiti. Gli esempi, come ovvio, si potrebbero moltiplicare ma ci sono delle evidenze talmente plateali che non possono passare inosservate anche di fronte agli sguardi più disinteressati. Insisto su questo elemento per un semplice motivo. I sondaggisti più quotati ed accreditati ci dicono in modo sempre più pressante che la caduta di credibilità della politica, dei partiti e delle stesse istituzioni democratiche è preoccupante. Il tutto avviene in un clima dove le disuguaglianze sociali crescono, la povertà aumenta e la disoccupazione assume connotati inquietanti. L’assenza di credibilità della politica e, nello specifico, di chi momentaneamente è alla guida dei vari cartelli elettorali, non aiuta ma addirittura aggrava il contesto generale. Ecco perchè richiamare l’inaffidabilità crescente di alcuni settori della politica contemporanea è giusto e doveroso.
Al contempo, però, è importante anche stimolare e suggerire un dibattito affinchè il recupero della credibilità, della serietà e soprattutto della affidabilità della classe politica non sia solo una esortazione o un richiamo retorico ma, al contrario, rappresenti una spinta per ridare fiducia ad una dimensione, quella politica appunto, che resta cruciale e decisiva per le sorti della nostra società. Perchè l’assenza di una “buona politica”, per dirla con l’indimenticabile Mino Martinazzoli, genera, inevitabilmente, anche la caduta di credibilità dell’intero sistema democratico. E non credo che, in questa fase difficile e drammatica per tutti, possiamo anche permetterci il lusso di avere una nuova crisi morale ed etica della nostra democrazia.
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