Stelluti, il coraggio di vivere i valori, raccontato con la vita

Il coraggio di vivere i valori di Carlo Stelluti inaugura degnamente la collana “Storie positive” diretta da Flavio Sangalli. La collana intende proporre storie e vissuti che siano di riferimento, e anche d’esempio, a quanti ancora intendono attivamente partecipare alla vita politica e sociale, ma anche porre attenzione sulla coerenza di chi, nei diversi ambiti delle istituzioni e delle organizzazioni democratiche, agisce in nome dei cittadini con la finalità prioritaria di dare compiuta attuazione alla democrazia e ai principi e valori della nostra Costituzione.

Coloro che hanno avuto una lunga frequentazione con Carlo Stelluti, troveranno in questa sua recente fatica letteraria quella passione trascinante e risoluta, spesso impetuosa, che ha marcato e continua a marcare i suoi interventi.

Non v’è dubbio che la scelta di raccontare la vicenda pubblica di Carlo Stelluti aderisce a questi scopi. Come sono di indubbia attrattiva la chiarezza espositiva e la sobrietà con cui le vicende personali trovano uno sfondo esplicativo ed emotivo nella cronaca, spesso drammatica, degli anni che la narrazione attraversa. Coloro che hanno avuto una lunga frequentazione con Carlo Stelluti, troveranno in questa sua recente fatica letteraria quella passione trascinante e risoluta, spesso impetuosa, che ha marcato e continua a marcare i suoi interventi nelle diverse e varie circostanze in cui è stato chiamato a esprimersi e ad agire. Ne è testimonianza il suo operato nel mondo lavoro, del sindacato, della politica, del sociale. Se questa fatica rientra nelle forme dell’autobiografia, pare da subito opportuno osservare che lo sguardo retrospettivo non ha tanto l’intento di recupero celebratorio e/o nostalgico di un vissuto, ma rappresenta piuttosto un richiamo ininterrotto di principi e modelli a cui ispirare scelte e decisioni nel rispetto di convincimenti profondi anche, e soprattutto, nelle fasi in cui flessibilità di visione e operativa sono richieste dal modificarsi di eventi e situazioni contingenti. Non a caso nel testo compaiono espliciti riferimenti al Vangelo, ai valori dell’educazione cattolica ricevuta e all’insegnamento sociale della Chiesa, come un substrato, una formazione basica (pre-politica verrebbe da dire) scevra da ogni forma di clericalismo o fideismo tanto da risultare ‘ribelle’ negli anni in cui cominciava ad agire lo spirito del Concilio Vaticano II.

Carlo Stelluti

Decisivo diventa l’incontro di Carlo Stelluti con la Cisl, una scelta e una appartenenza quasi naturale date la sue radici e la sua formazione; un’appartenenza che, anche qui, lo connota ben presto come ‘ribelle’, proprio quando (tra gli anni ’50 e inizio anni ’60) il movimento operaio (la classe operaia) e sindacale cominciavano a proporsi obiettivi alti, oltre ai temi classici della contrattazione orario-salario, per una giustizia redistributiva della ricchezza prodotta, uno stato sociale universalistico, la sicurezza del lavoro e sul lavoro, coerentemente con il dettato costituzionale; non ultimo il tema dell’unità sindacale. Questi obiettivi erano sostenuti dalle categorie produttive del Nord industrializzato, più numerose e più rilevanti per lo sviluppo economico dell’intero Paese, ma di fronte ai quali risultavano piuttosto timorosi, se non contrari, i vertici nazionali delle Confederazioni. Ma Stelluti trovò la collocazione più confacente nella Cisl che lui stesso, come altri militanti cislini di quel periodo, definirà come la Cisl di Carniti, l’indimenticato Pierre prima a capo dei metalmeccanici della Fim-Cisl, e poi della Segreteria nazionale confederale della Cisl. La Cisl dell’autonomia sindacale, della contrattazione a diversi livelli, delle riforme sociali (sanità, previdenza, istruzione, casa) fatte proprie dal sindacato nel vuoto politico, e infine della ricerca dell’unità sindacale.

Dall’esperienza sindacale, che lo ha portato fino al vertice della Segreteria generale dell’Unione di Milano (la struttura provinciale più innovativa e prestigiosa della Cisl), Stelluti trae conoscenze e competenze da riversare nell’attività parlamentare. Entra in Parlamento con la compagine dei Cristiano Sociali, alla quale apporta un contributo rilevante di pensiero, di scelte, di proposte e di risultati attraverso la sua visione ‘lavorista’ (come si evince anche dalle sue testimonianze rese nel volume di Casula, Sardo e Lucà, Da credenti nella sinistra. Storia dei Cristiano Sociali 1993-2017, il Mulino, 2019). Non nasconde Stelluti le amarezze che la politica cosiddetta ‘politicante’ riserva soprattutto a coloro che per coerenza non si piegano alle convenienze partitocratiche o elettoralistiche. Amarezze e ingratitudine che Carlo Stelluti ben sperimenterà nell’impegno successivamente assunto come sindaco che dovrà scontrarsi con l’intrusione della criminalità organizzata nella vita politica e amministrativa di una grossa cittadina lombarda. Le pagine riservate a quest’ultimo periodo della sua esperienza politica sono documentazione inequivocabile della coerenza e della tenacia mantenute, spesso nella solitudine, nell’affrontare e rifiutare compromessi e pressioni a trascurare e non combattere il malaffare. Questa sua coerenza lo ha portato a vivere veri e propri rovesciamenti della realtà tesi a mutarlo da vittima in colpevole. Emerge in queste pagine la documentazione del fattivo contributo dato in termini di denunce e testimonianze contro la ‘ndrangheta. Alla fine di ogni iter giudiziario Stelluti ha avuto ragione, ma a quale prezzo? Oltre un decennio di ricorsi, di spese giudiziarie, di stress personale e familiare, di pregiudizio della salute fisica. Sono pagine che interrogano il lettore anche sull’efficienza della stessa giustizia, sulle incoerenze della stessa legislazione, sulla incomunicabilità tra giustizia amministrativa e giustizia penale. Tuttavia la visione di Carlo Stelluti resta estremamente positiva quando alla fine invita alla partecipazione democratica “per porre le basi per la costruzione di un’etica condivisa … nella quale possono trovare posto l’onestà, la gratuità, l’altruismo, la generosità, il senso dello Stato e delle istituzioni, la partecipazione popolare e democratica”. E’ un appello fuor di retorica se chi lo propone ne ha fatto la stella polare della propria vita.

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