Giornata della Memoria – La Shoah ricorda anche le responsabilità dei cristiani


Stiamo desti per non tradire ancora Dio

Il 1900 è stato un immenso mattatoio e la Shoah fu l’apice dell’abiezione umana. Un secolo grondante di sangue e di miserie. Certo l’uomo è andato sulla luna e fatto enormi progressi scientifici, ma l’animo umano, di converso, ha segnato un punto di regressione bestiale. Scoprendo gli orrori di Auschwitz ci si chiese, dov’era Dio ? Ma per chi scrive la domanda dolorosa ancora oggi è, dove erano gli uomini di Dio ? In una Europa segnata dal culto cattolico, come fu possibile questo
incoerente abisso simboleggiato nel motto Goot mit uns (Dio è con noi) degli aguzzini nazisti ? Fu una guerra di religione oltre che di ideologie. Il senso di colpa che ereditiamo è immenso e non possiamo esentarci dall’esame di coscienza. È certo che le leggi razziali e l’antisemitismo furono figlie di un brodo religioso e culturale che le ha favorite con complicità, anestetizzando le coscienze e favorendo quindi quell’indifferenza che ha lasciato fare i carnefici.

L’antigiudaismo cristiano era coltivato da secoli nella Chiesa da autorevoli protagonisti ecclesiastici e culturali, alimentando accuse di deicidio e di perversioni morali quali che gli ebrei si servivano più volte l’anno di sangue cristiano nei loro riti religiosi e che essi non adoravano che il dio Mammona (il quattrino). La legislazione antiebraica ispirata a un profondo crudele disprezzo per le vite degli altri, attribuì riconoscimento legale a quelle pulsioni irrazionali – xenofobia, superstizione, odio antigiudaico e mito della superiorità ariana – presenti in ambienti intellettuali e correnti dell’integralismo cattolico. Ci furono ambienti sconvolti interiormente nella consapevolezza che questo minava i principi di umanità e giustizia delle società europee.

Il Cardinale Arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster coraggiosamente uscì allo scoperto con una omelia pronunciata durante l’inizio del – Sacro Avvento Ambrosiano – domenica 13 novembre 1938 e riportata dal quotidiano cattolico “L’Italia” con l’eloquente titolo “Un’eresia antiromana”, nel testo la condanna del razzismo è inequivocabile:
“ È nata all’estero e serpeggia un po’ ovunque una specie di eresia che non solamente attenta alle fondamenta soprannaturali della Chiesa Cattolica, ma materializzando nel sangue umano i concetti spirituali di individuo, di Nazione e di Patria, rinnega alla umanità ogni altro valore spirituale e costituisce così un pericolo internazionale non minore dello stesso bolscevico. È il così detto razzismo”.


L’omelia pubblica suscitò aspre reazioni delle autorità fasciste ma creò anche consapevolezza e adesioni nella Chiesa italiana ed europea. L’Osservatore romano biasimò alcune norme delle leggi razziali e Papa Pio XI (che nel 1937 scrisse ai cattolici tedeschi condannando il nazismo come neopaganesimo) si predispose ad emanare un documento che rigettava radicalmente razzismo e antisemitismo. Ma egli morì nel 1939 e il successore Pio XII ritenne di procedere con un principi di prudenza che sono tutt’oggi al vaglio degli storici e che dolorosamente interpellano le nostre coscienze di eredi. Sappiamo con certezza quanto poi ambienti religiosi e uomini di fede si prodigarono nel soccorso dei perseguitati ebrei con atti di sacrificio estremo. Ma se questo riscatta in parte le complicità e condiscendenze iniziali al regime razzista, il ricordo delle responsabilità della Chiesa, è necessario per evitare che antichi e nuovi pregiudizi possano inquinarne oggi la missione e deturpare il volto di Cristo. Non passa giorno che nuovi spregevoli tentativi di strumentalizzazione della religione e atti di discriminazioni razziali siano nuovamente perpetrati. Altri orrori di donne e uomini laceri e seviziati vengono portati alla nostra attenzione. E se ricordare provoca dolore è bene per stare desti onde evitare l’oblio, il sonno della ragione e l’oppio dell’anima che trovano sempre subdoli spacciatori. Si dice che il diavolo non fa i coperchi, però ci prova. A noi il compito di scoperchiarli perché i nostri diritti sono i nostri doveri di umanità e giustizia.

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