Il tempo di Conte

Volendo proprio cercare un lato positivo nella crisi di governo aperta dal vertice del partito di Italia Viva nel bel mezzo della più grave fase di emergenza della storia della Repubblica, lo si potrebbe individuare nella scelta dei tempi.

Una scelta se non “giusta” quantomeno giustificabile, non solo perché si è giunti a metà di questa anomala legislatura e dunque si impone la scelta tra la sua chiusura anticipata – aborrita dalla stragrande maggioranza degli attuali parlamentari non foss’altro che per un primordiale istinto di sopravvivenza – o la continuazione fino al termine naturale sulla base di un accordo complessivo di legislatura, ma una scelta che giunge al momento giusto soprattutto per altri due grandi ordini di ragioni. Il primo è che la triplice emergenza in corso – socioeconomica, pandemico-geopolitica e democratica – necessita in modo inderogabile della definizione di una risposta credibile, tempestiva ed efficace. La seconda ragione è che il cambio al vertice degli Stati Uniti, con l’avvio della nuova Amministrazione, guidata da Joe Biden, continua ad essere l’evento che dà il la al resto del mondo occidentale, rispetto a cui conviene coordinare le strategie.

In relazione ai suddetti tre livelli – interno, congiunturale e internazionale – questa crisi, di cui la maggior parte dei cittadini fatica a comprendere le ragioni, da atto di pirateria politica da parte di una minuscola componente della maggioranza che pure fu determinante nell’estate del 2019 per il costituirsi del Conte II, può trasformarsi in una occasione di generale chiarimento politico, strategico e programmatico.

Sul piano interno emerge sempre più chiaramente la differenza tra i fautori dell’alleanza strategica fra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, allargata ai cosiddetti responsabili oltre che al manipolo di Liberi e Uguali, che puntano a un governo di legislatura, valorizzando al meglio i due capisaldi che hanno ispirato l’azione del presidente del consiglio Giuseppe Conte nel suo secondo esecutivo: la ricerca di un giusto equilibrio tra le ragioni della sicurezza sanitaria e quelle dell’economia e dell’indipendenza economica delle persone e delle famiglie, e la ricerca di un rapporto con le istituzioni europee cooperativo e leale ma mai remissivo o subalterno (emblematici il tema del Mes e il buon accordo spuntato sul Recovery Fund) ad altri Paesi Membri. Un atteggiamento, quest’ultimo che non potrà che dare buoni frutti nella collaborazione con la nuova Amministrazione degli Stati Uniti (uno dei primi provvedimenti di Biden sarà costituito da un gigantesco stimolo all’economia), poiché il nodo irrisolto nella risposta europea alla crisi consiste proprio nel fatto che sinora non tutti i 27 paiono concordi nel riconoscere che da questa crisi si potrà uscire solo con politiche macroeconomiche di concezione americana, espansive nella misura utile a capovolgere l’andamento economico da negativo a positivo. Già qualcuno parla di ripristino del Patto di stabilità: provocherebbe una catastrofe.

Di riflesso si delinea pure la strategia alternativa che invece punta esplicitamente, e prioritariamente, alla sostituzione di Conte a Palazzo Chigi con un governo che il leader di Italia Viva Matteo Renzi, ha auspicato essere “di unita nazionale”, aperto, si presume, come minimo a Berlusconi e Forza Italia se non addirittura alla Lega di Salvini e Giorgetti. In gioco ci sono il governo dei fondi del piano europeo per la ripresa, l’intesa per la successione al Quirinale e soprattutto una gestione delle emergenze concomitanti fatta, a seconda di quale strategia prevarrà, nel segno della sostenibilità del vivere di tutti oppure nel segno del mero prevalere dei più forti sulle ragioni e gli interessi del ceto medio e lavoratore e di alcuni territori su altri a scapito della coesione nazionale.

Le prossime settimane ci diranno se è iniziata una lenta agonia del governo che si potrebbe concludere con le dimissioni di Conte oppure se, come appare auspicabile, la maggioranza che lo sostiene saprà allargarsi nei numeri e strutturarsi politicamente.

Resta, in ogni caso il valore aggiunto per la politica italiana e per il centrosinistra, costituito dall’esperienza di governo di Giuseppe Conte che sta catalizzando l’attenzione crescente di numerosi ambienti sociali, professionali, di soggetti e corpi intermedi di varia natura che operano sul territorio, e fra gli amministratori locali. L’intenzione manifestata da Conte al parlamento di procedere ad una riforma elettorale in senso proporzionale rafforza ulteriormente l’ipotesi che attorno alla figura dell’attuale premier possa coagularsi un soggetto politico popolare, culturalmente plurale, collocato con chiarezza nello schieramento riformatore, in grado di esercitare un ruolo non secondario sulla scena politica. Una ipotesi da guardare con attenzione anche da parte di quelle realtà sociali di ispirazione cristiana che ritengono imprescindibile la salvaguardia della coesione sociale nelle scelte non facili che si dovranno compiere per rimettere in sesto il Paese.
Lo stop alla crescita delle disuguaglianze costituisce, infatti, un fattore decisivo nel contribuire a colmare quel vuoto di rappresentanza che si sta facendo sempre più preoccupante per effetto delle crisi concomitanti. Tale fattore non potrà che sortire effetti salutari sulla nostra democrazia messa a prova da sfide che solo qualche tempo fa potevano sembrare inimmaginabili.

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