25 Aprile, Festa di tutti gli italiani
25 Aprile, giorno della Liberazione: festa dell’Italia intera, di tutti noi italiani. Dovrebbe essere così da decenni ed invece ancora non lo è. Nel nostro Paese vi è infatti una non indifferente parte della popolazione che continua ad osteggiare questa data come momento del riscatto nazionale.
E purtroppo non stiamo parlando di estremisti neonazisti, infima minoranza forse irrecuperabile a qualsiasi elemento di ragionevolezza. Ci si riferisce piuttosto ad alcuni milioni di italiani, di destra più o meno conservatrice o reazionaria, che continuano a minimizzare, a ridimensionare, quando non addirittura a negare, il contributo della Resistenza nella liberazione del Paese dal nazifascismo. E di conseguenza a non sentire come momento fondativo della nuova Italia libera il 25 aprile.
Spesso sono esponenti di Lega e Fratelli d’Italia (molto più raramente accade con Forza Italia), a farsi interpreti di questa ostilità verso la Resistenza, rendendosi protagonisti, anche quando ricoprono cariche istituzionali, locali ma non solo, di episodi sconcertanti che mostrano scarsa considerazione di quanto accadde nella primavera del ’45 e, più in generale, nei diciotto mesi della Guerra di Liberazione.
Si giunge ad affermare che la Resistenza fu addirittura controproducente, che i partigiani incautamente attizzarono la reazione tedesca che sfociò nelle tante stragi che costellano la nostra penisola. Vi è chi ritiene che dal punto di vista militare la Resistenza nulla aggiunse alla vicenda di una guerra ormai persa dai tedeschi e che furono soltanto gli alleati a liberare l’Italia.
In realtà non fu così. Non è affatto vero che militarmente i partigiani furono poca cosa. Lo ammisero persino – e qui la fonte diviene davvero inoppugnabile – molti ufficiali tedeschi affermando come la guerriglia partigiana avesse obbligato il loro esercito a tener impegnate una o due divisioni, altrimenti destinate al fronte contro gli anglo-americani.
Ma anche ammettendo, e già sappiamo che non fu così, che il contributo militare della Resistenza fosse stato irrilevante, resta il fatto che sotto il profilo morale, fu un sussulto di dignità nazionale che ci fece onore di fronte al mondo intero. Eravamo un Paese sconfitto che però cercava di rialzarsi e lo facevano soprattutto i suoi giovani. Erano giovani appartenenti ai più vari strati sociali: lavoratori, studenti, figli di operai e figli della borghesia. Poi ci furono i militari, fedeli al Re e al solo ed unico governo legittimo presente in quel momento in Italia. La Resistenza unì comunisti, cattolici, socialisti, monarchici e liberali. Avevano idee diverse sull’avvenire del Paese e nel dopoguerra democratico si sarebbero combattuti, ma in quel frangente volevano una sola cosa: liberare la patria dall’invasore.
Risulta dunque davvero incomprensibile la reticenza di fronte ad una lotta patriottica che dovrebbe solo destare ammirazione. Forse molti dei detrattori della Resistenza dovrebbero ricordarsi di Giovan Battista Perasso, detto Balilla. Sì, proprio quel giovane – di cui il fascismo astutamente si appropriò – che, a metà del Settecento, scagliando un sasso contro gli austriaci, arroganti dominatori di Genova, innescò la rivolta popolare che portò alla cacciata degli occupanti e a liberare la città.
Diversa l’epoca, certo più difficile il contesto, ma in fondo nei giovani della Resistenza c’è lo stesso spirito del ragazzo di Portoria: la stessa voglia di riscatto dalle umiliazioni patite, la stessa volontà di riprendersi la propria dignità che è la vera ed autentica matrice della nostra Guerra di Liberazione. Per questo il 25 Aprile è la festa di tutti gli italiani, anche di quelli che non ne hanno ancora compreso il senso.
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