Aida diretta da Riccardo Muti apre la stagione dell’Arena di Verona
In occasione del 150° anniversario della prima assoluta di Aida al Cairo, il ritorno del Maestro Riccardo Muti all’Arena di Verona, per l’opera di Verdi, dopo 41 anni dall’unica sua presenza areniana.
di Alessandro Mormile
È partita la grande macchina operistica dell’Arena di Verona. Sarà un’estate particolare, con una più contenuta capienza di posti per il pubblico nella grande cavea e con spettacoli che avranno, anche se a costo di qualche accorgimento, la consueta cornice scenografica che tutti si aspettano. Il cartellone sarà ricco e prenderà il via, da venerdì 25 giugno, con l’accoppiata verista formata da Cavalleria rusticana di Mascagni e Pagliacci di Leoncavallo.
Intanto, per il 150° anniversario della prima assoluta del Cairo, Riccardo Muti è stato il polo d’attrattiva dell’esecuzione in forma di concerto di Aida di Verdi che il 19 giugno scorso ha segnato il suo ritorno in Arena dopo ben 41 anni di assenza, con un titolo infondo non così frequentato dal grande Maestro rispetto ad altri più volte ripresi nel corso del suo lungo cammino di esegeta della prassi esecutiva verdiana.
La lettura della sua piena maturità rivela un’analitica ricerca espressiva declinata sul versante di un lirismo che si fa carico di significati drammatici ben circostanziati. Abbandonato ogni scontato e magniloquente trionfalismo e senza compiacersi in un esotismo di cartapesta, il più grande direttore verdiano esistente va all’essenza del dramma, che è fatto di persone, schiacciate dal potere, dalle circostanze che li vedono incapaci di realizzare la propria felicità personale. Soli dinanzi al destino, questi personaggi soffrono e risentono del dramma più grande della vita, quello di non poter essere nella condizione di amare, in qualunque grado della scala sociale si trovino, che siano essi potenti o oppressi.
L’impossibilità nel raggiungere la felicità, che è una costante della drammaturgia verdiana, trova sostanza, nella concertazione di Muti, attraverso un bilanciamento perfetto di equilibri espressivi indirizzari a cogliere la dimensione intimista dell’opera, quella capace di presentare i protagonisti per quello che sono: dei perdenti dinanzi alle circostanze che li opprimono. Non ci sono vincitori, né vinti; tutti risentono dei rapporti che condizionano il loro percorso esistenziale votato alla sconfitta. Ecco perché Radamès non è un eroe a senso unico, un guerriero a tutto tondo che porta alla vittoria le schiere egizie, ma un personaggio vittima di un amore impossibile. Così come Aida è avvolta – complice la presenza di una protagonista scelta ad hoc – in una guaina di luminoso lirismo, Amneris non ruggisce di gelosia come una tigre, bensì è donna innamorata che non riesce a darsi per vinta all’idea di perdere un amore non corrisposto. All’ombra di tutto c’è il potere sacerdotale, inesorabile, che con austera freddezza condanna le debolezze umane.
È una Aida, quella proposta da Muti a Verona, lirica sì, ma attraversata da un brivido di marmorea e intima spietatezza. I mille colori che si ascoltano in orchestra ne sono la prova, così come le sottigliezze pretese e ottenute dai cantanti.
C’è quindi la poetica e liricissima Eleonora Buratto (Aida), assai attesa al suo debutto nella parte, soprano il cui canto levigato accarezza le note caricandole di luce, il tenore Azer Zada, Radamès che sa cantare piano rispettando i segni d’espressione e riesce pure nell’impresa di sfumare il si bemolle acuto di “Un trono vicino al sol” nel “Celeste Aida”, anche a costo di sacrificare un po’ troppo il lato eroico del personaggio, senza però mai forzare l’emissione lungo tutto il corso dell’opera. C’è poi, nel fraseggio miniato di Anna Maria Chiuri, la conferma che Amneris sia appunto una donna innamorata prima ancora che un’altera rivale di Aida, che vive una tempesta di sentimenti contrastanti, di furore e di improvvisi ripiegamenti, che vedono la cantante sempre in piena sintonia con le richieste di una bacchetta in tal senso illuminante.
Il canto robusto di Ambrogio Maestri (Amonasro), forse il meno attinente a questa lettura, l’austero Riccardo Zanellato (Ramfis) e il nobile Michele Pertusi, addirittura un cameo prezioso nei panni del Re, completano, assieme a Benedetta Torre (Sacerdotessa) e Riccardo Rados (Un messaggero), un cast perfettamente plasmato sulle idee del Maestro, per una Aida che travalica il rigore toscaniniano per il quale Muti è celebre, donando alla sua direzione un’umanità intima e prodiga di ombre pensose e sinistre, nella ricerca di scure chiazze di suono, cariche di quella oppressione che, nella scena del giudizio dei sacerdoti, regala alla dimensione sacrale quel senso di plumbea implacabilità che le compete.
Una Aida per certi versi memorabile, alla quale segue una stagione ricca di appuntamenti.
Comunicato stampa
Dopo questa memorabile anteprima con Riccardo Muti, nel fine settimana debuttano i nuovissimi allestimenti scenici del 98° Festival, con l’Opera che torna finalmente nella sua forma più completa unendo la spettacolare tradizione areniana e, per la prima volta, innovative scenografie digitali.
Venerdì 25 giugno tocca ai due capolavori del Verismo, opere brevi ma diversissime in un’unica serata: Cavalleria rusticana di Mascagni in coppia con Pagliacci di Leoncavallo, le cui immagini riuniscono cinque istituzioni museali Italiane e Vaticane, spaziando dai paesaggi siciliani ad un inedito omaggio al cinema di Federico Fellini e aprendo una finestra internazionale sulla Bellezza del Paese. Marco Armiliato dirige un cast di stelle internazionali.
Sabato 26 il giovane maestro Diego Matheuz debutta con grandi voci verdiane per la prima volta in Arena nella nuova produzione in forma scenica di Aida, in collaborazione col Museo Egizio di Torino.
Il Festival areniano è pronto a mostrare al pubblico il ritorno dell’Opera nella sua forma scenica completa: regia, scenografie, costumi, luci sono firmate interamente del comparto artistico areniano, integrate dalle innovative scenografie digitali realizzate in collaborazione con D-wok per il video-design. Venerdì 25 giugno l’Opera Festival vede quindi il ritorno del potentissimo dittico verista Cavalleria rusticana – Pagliacci. Le due opere, atti unici composti a breve distanza per la musica di Pietro Mascagni e Ruggero Leoncavallo (anche autore del testo e “battezzato” alla prima da Toscanini), a partire dalla metà del Novecento sono tradizionalmente eseguite insieme per la durata ridotta e per i temi comuni (passioni forti e triangoli amorosi, intreccio sapiente di intenso dramma privato e di partecipazione corale, sullo sfondo di feste religiose e ambiente mediterraneo).
Cavalleria rusticana, dal trionfo nel 1890 è considerata il capolavoro insuperato di Mascagni: nata in breve tempo sui versi di Menasci e Targioni-Tozzetti, riproduce fedelmente la trama della novella di Giovanni Verga, aggiungendovi un’efficace, potente e inedito respiro melodico. In una Sicilia illuminata dal sole della domenica di Pasqua e dal profumo degli aranci, la giovane Santuzza, promessa a Turiddu, si vede improvvisamente rifiutata dall’amato, che preferisce intrecciare una relazione con Lola, moglie del carrettiere Alfio. Dopo un drammatico confronto con Turiddu che ne sancisce la rottura definitiva, Santuzza decide di svelare tutto a compar Alfio. Mentre il dramma precipita, sfilano le processioni religiose e l’inno al Risorto. Con il patrocinio del Ministero della Cultura, durante le prime note e il coro Inneggiamo sfileranno le immagini digitali di tre importantissime istituzioni culturali coinvolte: ai paesaggi senza tempo del Parco Archeologico e Paesaggistico Valle dei Templi di Agrigento si uniscono le riproduzioni di affreschi e disegni storici provenienti dai Musei Vaticani e dalle collezioni della Biblioteca Apostolica Vaticana.
Pagliacci aggiunge all’immediatezza del dramma verista una dimensione meta-teatrale, sin dal prologo che invita lo spettatore alla compassione per i personaggi in scena, ispirati ad un fatto di cronaca reale che segnò indelebilmente l’autore. Leoncavallo racconta la vicenda di Nedda e Canio, coppia di artisti girovaghi che riproducono ogni sera il buffo tradimento di Colombina ai danni di Pagliaccio. Le cose si complicano nella vita reale, quando Silvio, il vero amore di Nedda, la invita a fuggire insieme lontano da questa vita e Canio li scopre, grazie alla soffiata del deforme e non corrisposto Tonio. Per portare in scena questo mondo circense, colorato e surreale ma terribilmente vero nella sua finzione, i creativi della Fondazione Arena si sono rivolti all’immaginario di Federico Fellini, in particolare a La Strada (1954) ma ammiccando a tutto il suo universo cinematografico. Per l’intermezzo dell’opera saranno fondamentali le immagini del cineasta riminese, di cui è appena ricorso il centenario, grazie alla collaborazione del Museo Nazionale del Cinema (Torino) e del Fellini Museum Rimini, che sarà inaugurato in agosto.
Eccezionalmente, la prima rappresentazione coinvolgerà le vere radici delle opere rappresentate, unite nel segno della Cultura e dell’Opera: oltre al Parco Valle dei Templi di Agrigento anche un’altra istituzione italiana, il Comune di Montalto Uffugo (Cosenza), patria di Ruggero Leoncavallo e luogo che ispirò la trama di Pagliacci, sarà collegato in esclusiva in diretta streaming con l’Arena di Verona.
Venerdì 25 giugno sarà la prima di cinque serate per Cavalleria rusticana e Pagliacci, tutte dirette dal M° Marco Armiliato, più volte applaudito in Arena (nel 2020 sul podio del Requiem e del Gala Stelle dell’Opera), alla guida dell’Orchestra areniana, del Coro preparato da Vito Lombardi e di un cast internazionale di primo piano: Sonia Ganassi fa il suo esordio in un ruolo scenico in Arena come Santuzza, accanto al tenore turco Murat Karahan (Turiddu) e all’Alfio di Amartuvshin Enkhbat (impegnato in un doppio debutto nella stessa sera, anche come Tonio in Pagliacci). Completano il cast Agostina Smimmero (Lucia) e Clarissa Leonardi (Lola). Dopo l’intervallo, in Pagliacci troviamo Yusif Eyvazov (Canio/Pagliaccio) accanto a Marina Rebeka (Nedda/Colombina), altra esordiente di lusso, insieme al Silvio di Mario Cassi, al Peppe/Arlecchino di Riccardo Rados, con la partecipazione di Max René Cosotti e Dario Giorgelè. In Pagliacci, allo stuolo di mimi e figuranti si aggiungono il Ballo e il Coro di Voci Bianche A.LI.VE. diretto da Paolo Facincani.
Nel corso delle altre quattro recite del Festival 2021 sono ancora molte le stelle internazionali che si alterneranno sul palcoscenico di Cavalleria rusticana e Pagliacci: come Santuzza Maria José Siri (2, 22/7, impegnata anche come Nedda) ed Ekaterina Semenchuk (14/8); oltre a Karahan come Turiddu Yusif Eyvazov (2/7) e Piero Pretti (14/8); nel doppio ruolo di Alfio e Tonio i baritoni Sebastian Catana (2, 22/7) e Ambrogio Maestri (31/7 – 14/8); Valeria Sepe (Nedda il 2/7); Fabio Sartori (Canio il 22/7); Matteo Mezzaro (Peppe/Arlecchino il 31/7 – 14/8) e Davide Luciano (Silvio il 2 e 31/7). Inoltre il 31 luglio farà il suo atteso doppio debutto areniano Roberto Alagna come protagonista di entrambi i titoli, accanto alla compagna di vita Aleksandra Kurzak, già Violetta dell’inaugurazione 2019, e alla Lucia di Elena Zilio.
«L’opera nella sua forma scenica torna in Arena, arricchita di una importante novità – afferma il Sindaco Federico Sboarina, Presidente di Fondazione Arena. – Il nostro palcoscenico e questo 98° Festival non smettono così di riservare sorprese. Scenografie e costumi, per i quali siamo conosciuti in tutto il mondo, quest’anno si sposano con l’innovazione digitale. La rappresentazione di Cavalleria e Pagliacci si avvale del contributo del Parco Archeologico di Agrigento, Musei Vaticani, Biblioteca Vaticana, Museo Nazionale del Cinema e Fellini Museum. Le immagini a tema di queste prestigiose istituzioni fanno del nostro teatro il fulcro della valorizzazione culturale italiana. Abbiamo innalzato l’asticella della qualità, coinvolgendo altre eccellenze. Anche il prossimo weekend sarà all’insegna della grande arte, in una stagione straordinaria che lascerà il segno nella storia del Festival Lirico e della nostra città, dopo un anno e mezzo di crisi sanitaria».
«L’Arena di Verona è la casa dell’Opera, il Teatro in Musica, che finalmente, dopo un anno di soli concerti, troviamo nella sua interezza, con un universo di professionisti in scena e dietro le quinte – dichiara Cecilia Gasdia, Sovrintendente e Direttore artistico della Fondazione Arena di Verona – Non era scontato che potesse tornare l’Arena come la conosciamo. La riportiamo, con un guizzo di novità in più. Una casa internazionale dove i migliori artisti del mondo possono tornare, anche per una sola serata, a dare il massimo con la giusta tensione e il calore della nostalgia in un clima che è sia professionale sia familiare, unico e indimenticabile. Sono tutti trepidanti, onorati e orgogliosi di riportare l’Opera su questo palcoscenico e incontrare il pubblico areniano. E noi con loro, già a partire da queste due, anzi tre, produzioni tutte nuove, le prime del Festival».
«Dopo la magica anteprima del 19 giugno, contraddistinta dalla Direzione del Maestro Muti, ritorna l’Opera nella sua forma completa – specifica Gianfranco De Cesaris, Direttore Generale di Fondazione Arena –L’Arena di Verona, il più grande teatro operistico all’aperto del mondo, prosegue nel suo cammino di ripartenza con grande consenso da parte del pubblico, a testimonianza dell’apprezzamento del lavoro svolto dalla Fondazione Arena di Verona tutta».
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