Un nuovo progetto fuori dal bi-populismo
Le ultime elezioni comunali hanno confermato, se ancora non fosse chiaro a qualcuno, che la “domanda politica” per un nuovo progetto centrale, esiste ed è sempre più forte.
Vi prego di osservare il dato, delle ultime amministrative, delle liste civiche, del raggruppamento liberale, dei popolari e dei moderati del centro destra nel seguente grafico di “BiDiMedia”:
Non userò il segno + per sommare le percentuali delle liste citate, mi limito solo a sottolineare che il bacino elettorale del 20% esiste e solo chi non ha visione politica può non notarlo.
Questa percentuale è confermata anche nelle urne, basta guardare il risultato della lista centrale di Calenda, nella capitale d’Italia.
Nel voto per le liste civiche, è difficilissimo entrare nel merito per comprendere a quali famiglie politiche facciano riferimento, ma è fuori dubbio che si tratta di donne e uomini, che non si riconoscono nell’attuale sistema politico e che una buona parte, attenda un nuovo progetto fuori dal bi-populismo.
Stesso ragionamento vale per chi decide, da anni, di non votare. Penso che molti di loro (noi) non vadano a votare, perché nessuna coalizione rappresenti gli ideali e i valori degli astensionisti. I numeri dell’astensionismo hanno raggiunto un limite oltre il quale è davvero pericoloso addentrarsi, siamo in una fase di grave malattia per la nostra democrazia.
Se perfino alle comunali, elezioni nelle quali si scelgono i rappresentanti delle comunità, votano 1 su 2 cittadini, vuol dire che la politica ha perso ogni credibilità e ogni senso di appartenenza.
Affluenza nelle 5 grandi città al voto:
Roma 48,83%
Milano 47,69%
Bologna 51,87%
Torino 48,06%
Napoli 47,19%
Italia 54,70%
A questi dati vorrei aggiungere un sondaggio Ipsos, post elezioni europee del 2019:
Il 42% degli astenuti si dichiarava di centro, cioè la maggioranza di chi si astiene si autocolloca al centro dello scacchiere politico.
Altro dato da studiare, è la differenza tra le piccole percentuali che hanno ottenuto le liste di centro, apparentate a sinistra o destra, e l’ottimo risultato ottenuto da liste autonome come nella capitale o in altre città importanti.
Tre errori che non dobbiamo commettere, a mio modesto parere, sono:
-non dobbiamo partire da “chi sarà il capo”;
-non dobbiamo partire da “con chi ci alleeremo”;
-non dobbiamo partire con frettolose denominazioni “centro riformista”, “centro popolare”, “centro liberale”, “centro moderato”. Tali definizioni rischiano di escludere chi non si riconosce nella singola cultura politica. Almeno in questa fase embrionale, parlerei di “centro partecipato”, perché senza la partecipazione della base, rischierebbe di essere l’ennesima operazione di vertice.
Dopo tutti questi numeri, penso sia evidente che la domanda ci sia e che sia notevole, in politica però le semplici addizioni non fanno mai la somma sperata. Ci vuole coraggio, pazienza, determinazione e umiltà.
Da oggi e per i prossimi mesi, dobbiamo far crescere sempre più la voglia di guardare con fiducia al futuro della nostra area culturale e politica. Convinti che il centrismo (se “ismo” non piace o pensate che “centro” sia una brutta parola, ne troviamo un’altra insieme) non è opportunismo tattico, non è solo la “terza via” tra sinistra e destra, ma è soprattutto un’idea di futuro, che parte da valori e ideali, per arrivare ad un programma concreto e realizzabile per il nostro Paese, dobbiamo continuare a unire chi si riconosce nelle culture politiche del riformismo, del liberalismo e del popolarismo.
Senza etichette, senza barriere ideologiche, senza personalismi adolescenziali, ma mettendo insieme idee, progetti e proposte concrete per il nostro Paese.
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