Tre punti da correggere nella Legge di bilancio
Sette sono i principali capitoli lungo cui si snoda la Legge di bilancio: fisco, ammortizzatori sociali, reddito di cittadinanza, pensioni, bonus energetici, imprese e sanità. Protezione sociale e fiscalità le voci su cui si concentrano gli stanziamenti più cospicui, rispettivamente 4,5 ed 8 miliardi.
Sugli ammortizzatori sociali l’obiettivo, più volte ricordato dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, è di approdare ad una protezione universale per tutti i lavoratori indipendentemente dal settore produttivo o dalle dimensioni dell’impresa. In questo senso viene estesa la Cassa integrazione ordinaria (Cig) alle aziende fino a cinque dipendenti e resa disponibile quella straordinaria (Cigs) per tutte le realtà con più di 15 dipendenti. Inoltre anche i lavoratori discontinui (agricoltura, turismo, ecc..) potranno godere dell’indennità di disoccupazione o Naspi (Nuova assicurazione sociale per l’impiego).
Emergono poi tre punti della manovra su cui andrebbe fatta qualche riflessione al momento del passaggio in Parlamento. Il primo riguarda il Reddito di cittadinanza. Pienamente condivisibile il principio che il beneficiario debba accettare almeno una delle due offerte di lavoro che gli vengono rivolte, perdendo il sussidio in caso di rifiuto. Andrebbero però meglio calibrate le offerte. Logica la prima entro gli 80 km di distanza, improponibile la seconda su tutto il territorio nazionale: un’estensione geografica così ampia da risultare, in concreto, del tutto impraticabile. Converrebbe piuttosto circoscrivere l’estensione alla sola Regione e per le Regioni più piccole aumentando la distanza a cento chilometri.
Secondo punto il bonus del 110 per cento. Innanzi tutto sembra esagerata la discesa dello sconto nel 2023 al 70 per cento e nel 2024 al 65. Una variazione troppo rapida e, per certi versi, poco comprensibile. Se proprio si ritiene eccessivo il bonus attuale – cosa su cui si può facilmente convenire – ci si attesti allora su un 90 per cento, stabile per l’intero triennio 2022-24. Assurda poi l’esclusione dallo sconto, già il prossimo anno, per le case unifamiliari i cui proprietari hanno un Isee superiore a 25mila euro. Un limite di reddito talmente basso che rischia di penalizzare proprio quelle fasce di ceto medio potenzialmente più disponibili ad affrontare la riqualificazione energetica del proprio immobile. Alzare la soglia di fruizione ad almeno a 50mila euro pare la cosa più sensata, proprio per incentivare il più possibile questo genere di lavori per le loro ricadute positive sui consumi di energia e, in definitiva, sull’ambiente.
Peccato infine aver rinviato al 2023 la tassa sullo zucchero e sulla plastica. Si parla sempre di fiscalità ecologica ma poi, a conti fatti, si rinuncia in partenza a farla decollare. Ricordiamoci che questo è solo l’antipasto di un piatto ben più complicato e sostanzioso: l’ormai prossima abolizione – in ottemperanza agli accordi sul clima – di tutte le agevolazioni fiscali connesse alle emissioni di carbonio nell’atmosfera. Se già adesso si frena sulla plastica, figuriamoci cosa accadrà quando entreranno in campo le spinte corporative per mantenere in vita i sussidi inquinanti.
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