Ucraina e Taiwan: situazioni ad alto rischio

In un mondo zeppo di conflitti spesso ignorati – la Terza guerra mondiale a pezzi evocata da Francesco – emergono due situazioni ad alto rischio. I due punti in questione sono l’Ucraina e Taiwan dove, per fortuna, non siamo al conflitto aperto ma dove occorre stare molto attenti.

Da una parte, in entrambi i contesti, sono coinvolti gli Stati Uniti, dall’altro lato troviamo rispettivamente Russia e Cina. In ambedue i casi vediamo salire i toni col rischio di pericolose escalation. La storia ci fornisce lezioni molto chiare in proposito.

A volte si comincia a scivolare sul piano inclinato che porta allo scontro quasi senza rendersene conto. Una mossa dopo l’altra, un equivoco dopo l’altro e si finisce per giungere dove nessuno vorrebbe mai arrivare. Un circolo vizioso che si innesca persino oltre la volontà dei contendenti. Ed è questo il pericolo più grande perché ci si può trovare nel baratro al di là delle intenzioni, per una concomitante serie di reazioni a catena in cui non ci si riesce più a fermare. Fermiamoci, dunque, visto che siamo ancora in tempo.

Alla frontiera con l’Ucraina la Russia ha dislocato circa 100mila soldati. Pare difficile che il presidente russo Vladimir Putin – pur in difficoltà sul fronte interno per la crisi sanitaria e propenso, come ogni autocrate, a mostrare i muscoli sulla scena estera – ordini davvero un’invasione. L’Ucraina non è neutralizzabile senza una guerra cruenta ed è dunque difficile pensare ad una Russia pronta a gettarsi in un’avventura tanto arrischiata. Più probabile un accentuarsi della pressione militare, in parallelo a quella politica, come latente minaccia sulle province russofone dell’est ucraino.

E’ chiaro che, in questo momento, un via libera all’ingresso dell’Ucraina nella Nato getterebbe soltanto benzina sul fuoco. Al tempo stesso non si può neanche ammettere che sia Mosca a decidere la collocazione internazionale di Kiev: un diktat su un Paese sovrano non solo inaccettabile ma, in fondo, del tutto insensato. Con Putin sarebbe opportuno insistere su un fatto. L’Ucraina non aveva mai manifestato un’univoca volontà di aderire al Patto atlantico sino a quando la Russia non si è impadronita della Crimea. Se per Kiev oggi la Nato rappresenta lo scudo dietro cui proteggersi Mosca ha notevoli responsabilità, tendendo persino a considerare l’Ucraina un proprio satellite. Un diverso atteggiarsi da parte russa servirebbe a ridurre la tensione, o quanto meno ad incamminarsi lungo il sentiero che conduce ad attenuarla.

Altro snodo problematico, persino più dell’Ucraina, è Taiwan. Il maggior rischio sta nel fatto che da tempo la Cina considera l’isola parte del proprio territorio nazionale e minaccia di annetterla. Geograficamente Pechino ha ragione, ma la storia ci racconta qualcos’altro. Taiwan nel 1949, quando in Cina trionfò la rivoluzione di Mao Tze Tung, divenne il rifugio del nazionalismo anticomunista. Con i decenni vi si è impiantato un sistema democratico ed oggi la grande maggioranza dei taiwanesi respinge una riunificazione che, certamente come è successo ad Hong Kong, significherebbe perdere in breve tempo qualsiasi libertà.

In verità si fatica ad immaginare una vera e propria invasione da parte di Pechino: troppo rischioso appiccare un fuoco che poi non si saprebbe bene come spegnere. Anche perché l’America si pone in difesa dello status quo, facendo intendere che su Taiwan fa sul serio. Certo l’aver abbandonato ai talebani l’Afghanistan, lasciando centinaia di migliaia di persone che avevano supportato l’Occidente, in balia di vendette e rappresaglie, potrebbe non deporre a favore di un impegno americano a Taiwan. C’è da sperare che la vicenda afghana, ovviamente del tutto diversa da quella taiwanese, non induca la Cina a scommettere sull’inerzia di Washington di fronte ad un colpo di mano sull’isola.

Difficile davvero dire come evolverà la situazione a Kiev o a Taiwan. Speriamo che prevalga, sempre, da ogni parte il senso di responsabilità. Operare per la pace e la convivenza tra i popoli è il presupposto per vincere le grandi sfide che ci stanno davanti: dalla pandemia, al riscaldamento globale, alla ricerca di uno sviluppo sostenibile. Tutti, e specialmente le grandi nazioni, sono chiamati a muoversi in questa direzione.

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