Quirinale, ore cruciali
Adesso che Silvio Berlusconi ha rinunciato a candidarsi, i giochi per il Quirinale possono realmente cominciare. Sin tanto che il suo nome era in ballo non era neppure possibile iniziare la partita e faceva sorridere il tentativo messo in atto via telefono da Vittorio Sgarbi di raccattar voti dai peones del gruppo misto. Un’impresa già fallita lo scorso anno da Giuseppe Conte, cercando la decina di voti per restare a palazzo Chigi, che oggi era ben più ardua per il Cavaliere cui di consensi ne servivano almeno cinquanta. Infatti tutto è presto evaporato.
Reso l’onore delle armi a Berlusconi, la cui straordinaria combattività ad 85 anni suonati non può che destare simpatia, è comunque un bene che la sua candidatura sia tramontata. Era davvero troppo divisiva. Adesso la palla passa alla politica e alla capacità dei partiti di trovare un’intesa su una personalità condivisa, indipendentemente dallo schieramento di appartenenza.
Bene ha fatto il segretario Pd, Enrico Letta a puntualizzare che non è affatto scontato che tocchi soltanto al centro-destra proporre uno o più candidati. E in effetti anche dal centro-sinistra potrebbe saltar fuori qualche nome. Il punto però non è tanto una contrapposizione di bandiera tra i due schieramenti, quanto piuttosto sedersi attorno ad un tavolo ed aprire una trattativa per individuare la figura più adatta ad unire il Paese in questo momento tanto difficile.
Lecito ormai provare a fare qualche nome. Viene quindi in mente, pescando dal mazzo del centro-destra, la candidatura della presidente del Senato, Elisabetta Casellati. Una scelta di tutto rispetto. Non tanto perché donna – sebbene questo rappresenterebbe comunque un fatto degno di nota – quanto per il ruolo istituzionale che ricopre, rendendola quasi automaticamente una figura super partes.
Ottima candidatura sarebbe poi quella di Pier Ferdinando Casini, ex Dc di lungo corso ed una vasta esperienza nelle istituzioni maturata anche come presidente della Camera. Un’ipotesi di sicuro affidamento politico, in grado di metter d’accordo i due schieramenti.
Da parte di Pd e M5S si sta infine ragionando su Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant Egidio, espressione del miglior cattolicesimo democratico nel segno di un’Italia aperta e solidale. Sarebbe un dato positivo che sul suo nome, non certo assimilabile al solo campo del centro-sinistra, si coagulasse una maggioranza in grado di eleggerlo.
Ma forse l’ipotesi più probabile resta ancora quella di Mario Draghi che da palazzo Chigi si trasferirebbe al Quirinale. Sarebbe una scelta in consonanza con gli orizzonti europeisti, fondamentali per il nostro Paese in tempi di Recovery plan e una garanzia istituzionale riguardo ai grandi orientamenti dell’Italia anche a dispetto di qualche possibile sbandata salvin-meloniana qualora la destra dovesse vincere le elezioni politiche del 2023.
Berlusconi potrebbe esser colui che incorona Draghi. Con il suo via libera tutta la destra sarebbe dietro all’ex capo della Bce e, visto che il centro-sinistra è già sostanzialmente allineato su questo nome, ne deriverebbe un’elezione già al primo scrutinio e con un ampio consenso. Il miglior segnale per la nostra politica troppo spesso male in arnese.
Certo poi si dovrà pensare ad un nuovo premier. Una traccia da seguire potrebbe essere la proposta del segretario leghista Matteo Salvini di un esecutivo del quale facciano parte tutti i leader di partito. Per un anno insieme a gestire l’emergenza sanitarie ed economica e poi al voto per una nuova legislatura. Che si spera meno instabile di questa.
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