Monarchia, antica istituzione su cui riflettere
Festa grande per Elisabetta II giunta a 70 anni di regno, il più lungo della storia britannica e tra i più lunghi tra le teste coronate di ogni altro Paese. Una festa eccezionale per una persona eccezionale che, in questi decenni, ha svolto in maniera impeccabile il proprio ruolo, anteponendo sempre i propri doveri istituzionali a qualsiasi altra considerazione. Il che, in un mondo ove non si sente altro che accampare questo o quel diritto, è ancor più da guardarsi con maggior ammirazione.
Grandi festeggiamenti, dunque, per questo Giubileo di platino, in tutta la Gran Bretagna e nel Commonwealth, tra sfilate, concerti, musiche e banchetti per strada, spettacoli di ogni genere e, soprattutto, la corale e sentita partecipazione di tutto un popolo. Ciliegina sulla torta, infine, il piacevole siparietto della Regina con l’orsetto Paddington. Una dimostrazione della forte vena autoironica che caratterizza Elisabetta capace, come solo le persone davvero serie sanno fare, di ridere di se stessa e di motteggiare protocolli e consuetudini reali.
Ma non c’è solo la sua figura in quanto persona, straordinaria sotto ogni punto. A questo si aggiunge anche quel fascino particolare che emana dall’istituzione monarchica. Un’istituzione che non cessa di suggestionare i cittadini e che, tutto sommato, mostra di svolgere discretamente bene il proprio compito. E allora, proprio su questo val la pena di fare qualche considerazione più generale.
Intanto può dirsi che nella monarchia costituzionale – di questa si parla, non certo di quella assoluta, cancellata dai nostri orizzonti – si coglie un’evidente logica nella sua chiara divisione dei compiti. Da un lato, vi è la perennità di una vicenda nazionale che affonda nei secoli, incarnata da una dinastia e dalla figura del sovrano; dall’altro, la temporaneità, potremmo quasi dire la caducità, della vita politica rappresentata dalla maggioranza parlamentare, scelta in quel momento dai cittadini in elezioni democratiche, da cui scaturisce il Primo ministro e il governo, sia esso di destra o di sinistra.
Un assetto politico-istituzionale che ritroviamo non solo in Gran Bretagna ma anche nei Paesi scandinavi. In entrambi i casi con un buon esito sotto il profilo politico-istituzionale. E lo stesso accade in Spagna, dove in mancanza della funzione equilibratrice dell’istituzione monarchica con ben maggiori difficoltà si sarebbe ricomposta, sin dai primi anni del post franchismo, la frattura tra destra e sinistra prodotta dalla Guerra civile. Per non parlare del ruolo di garante dell’unità nazionale assolto dalla Corona, argine contro le spinte indipendentiste basche e catalane tutt’ora presenti, pur in un contesto di forti autonomie regionali.
Ma è al di fuori dell’Europa che può meglio apprezzarsi un certo ruolo stabilizzatore della monarchia. Un esempio è sufficiente per capirci. In tutto il mondo musulmano vi è, come ben sappiamo, un dirompente integralismo a sfondo religioso. Dappertutto è così. Un fenomeno che però risulta molto più attenuato in due Paesi: Marocco e Giordania, entrambi due monarchie. Regni nei quali il sovrano si pone come a tutela dell’interesse nazionale contro quei localismi tribali e quell’integralismo religioso che, in sua assenza, si scatenerebbero.
La storia non si fa con i se, ma c’è da pensare che qualora in Iran, in Libia, in Afghanistan ci fosse ancora il Re, pur con tutti i limiti che avevano quelle monarchie, molto probabilmente il fondamentalismo islamico avrebbe avuto minor presa.
Del tutto inesatto è, infine, contrapporre la monarchia alla democrazia. Il dualismo può semmai avvenire tra forma monarchica e forma repubblicana. E non è affatto detto che le repubbliche, solo perché consentono il libero accesso di qualsiasi cittadino alla carica di capo dello Stato, siano davvero più democratiche delle monarchie. Non va dimenticato che la Germania di Hitler o la Russia di Stalin erano pur sempre due repubbliche.
Tutto questo lo si dice non certo per alimentare improbabili e anacronistiche nostalgie di qualche restaurazione monarchica, ma solo per compiere qualche riflessione a braccio, sfatando qualche luogo comune. Resta comunque il fatto che in un’epoca come la nostra, sballottata da una globalizzazione, non solo economica ma anche etica e culturale, che in nome del mercato spazza via qualsiasi punto di riferimento, l’istituzione monarchica inserita in una robusta democrazia parlamentare, può avere ancora un senso. Magari come richiamo storico-identitario di una comunità nazionale, forse un possibile antidoto ad una pseudo modernità che vorrebbe cancellare tutto.
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