Referendum, aria di quorum: quattro Sì per mandare un messaggio alla politica
Oltre le vicende giuridiche ed organizzative relative al referendum sul nucleare, generate dalla strenua volontà del governo di opporsi alla celebrazione di questo referendum, appare sempre più evidente che la consultazione del prossimo 12 e 13 giugno diventa per l’elettorato popolare, e non solo per i “professionisti” dei referendum, una occasione da non sprecare.
Nel Paese sta crescendo un clima di interesse intorno a questi referendum, in particolare sui due riguardanti la gestione pubblica dell’acqua e su quello inerente il futuro del nucleare civile in Italia. La differenza fondamentale tra questi referendum e quelli svolti negli ultimi quattordici anni, tutti puntualmente falliti a causa del mancato raggiungimento del quorum, consiste nel fatto che i temi per cui si andrà a votare risultano facilmente comprensibili da tutti i cittadini. Non astruse questioni di ingegneria costituzionale, non cavilli importanti solo per qualche corporazione e nemmeno temi per dispute dotte tra filosofi e scienziati, bensì problemi che hanno a che fare con il futuro dei singoli e della nazione, come l’acqua e il nucleare; o con l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, come il quesito sul legittimo impedimento.
Inoltre, questa scadenza referendaria si inserisce a ridosso di una tornata elettorale amministrativa come quella dello scorso maggio, nella quale è emersa una forte domanda di cambiamento, per l’incapacità dimostrata da questo governo, e dalla politica nel suo insieme, a far fronte al peggioramento delle condizioni economiche e sociali delle famiglie, dei ceti intermedi e lavoratori. L’elettorato non sembra chiedere solo il cambio di colore delle Amministrazioni, ma soprattutto nuove politiche economiche, fiscali, del lavoro capaci di ridare prospettive di futuro oltre le difficoltà imposte dall’attuale crisi, come antidoto ad essa.
E se questa inquietudine che serpeggia nell’elettorato popolare, deve preoccupare seriamente le forze di centro destra, a maggior ragione dovrebbe preoccupare le forze di centro sinistra, se queste saranno capaci di non lasciarsi inebriare dalle vittorie delle scorse amministrative, ma piuttosto di trarne la spinta per una proposta politica convincente.
I temi che sono in cima alle preoccupazioni degli Italiani sono ben noti: disoccupazione, precariato, bassi salari e magri profitti d’impresa a fronte di un sistema di imposizioni fiscali tra i più onerosi al mondo, quanto farraginoso con gli evasori, e di continui tagli alle prestazioni dello stato sociale, in un quadro di forte crescita delle disuguaglianze.
Questo desiderio di cambiamento, di mandare un segnale chiaro al governo ed a tutta la classe politica, è, accanto alla comprensibilità sostanziale dei temi del referendum, l’altra molla che domenica e lunedì prossimi spingerà milioni di elettori alle urne e verosimilmente contribuirà ad abbattere il muro del quorum della maggioranza assoluta dei votanti, da cui dipende la riuscita dei referendum abrogativi.
Occorre tener ben presenti questi due elementi. I referendum in Italia hanno possibilità di riuscire solo quando hanno un senso per la grande maggioranza degli elettori e quando avvengono in particolari stagioni, come l’attuale, in cui è forte nell’elettorato la delusione e la sfiducia verso i normali istituti della democrazia rappresentativa. Per questo, in caso di probabile riuscita di questi referendum sarà meglio evitare di investirli di una funzione salvifica che questi non possono avere nel nostro ordinamento istituzionale.
Perché in tal modo si passerebbe dai rischi di deriva plebiscitaria, insiti nell’attuale legge elettorale, e nella personalizzazione della politica che ne consegue, a rischi altrettanto gravi di deriva referendaria.
Occorrerà stare molto attenti a guardare la luna e non il dito, nell’indicazione che daranno gli elettori in questi referendum: un messaggio di cambiamento e di politiche di contrasto alla crisi che passano anche dalla tutela di beni pubblici come l’acqua, e dalla ricerca di forme di energia pulite e a basso costo, oltre il nucleare, e non l’esaltazione acritica dello strumento referendario in quanto tale.
Ad un probabile successo dei referendum non si dovrà rispondere prospettando altri referendum ma indicando un’altra politica.
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