Dalle urne un invito ad affrontare ancora insieme l’emergenza

Se dalle urne del 25 settembre è emerso un risultato chiaro che legittima il centrodestra a governare, ciò non significa che manchino questioni rilevanti su cui discutere.

  • La prima è l’imbarazzo che suscita nel mondo la possibilità che una erede della cultura politica di un non memorabile ventennio possa assumere la guida del governo italiano. Vanno senz’altro riconosciuti gli sforzi fatti da Giorgia Meloni per recidere quel tipo di legame col passato, le sue dichiarazioni atlantiste ed europeiste, di continuità col governo uscente, che attendono soprattutto di essere confermate dai fatti, sia negli atti del futuro governo che all’interno della vita di partito di Fratelli d’Italia.
  • Un secondo elemento che, a mio parere, merita di essere evidenziato, è costituito dal vistoso e consistente calo della partecipazione al voto. Meno 9% rispetto alle precedenti politiche del 2018, circa quattro milioni in più di cittadini che hanno rinunciato ad esercitare il diritto-dovere del voto. Gli aventi diritto al voto, il corpo elettorale, sono 46 milioni. Nel 2018 avevano votato quasi 34 milioni di cittadini (33.922.655), mentre il 25 settembre scorso si sono recati ai seggi solo 29 milioni e 400mila elettori. È salito a 16 milioni, il 36,1%, il numero di cittadini senza rappresentanza. Il centrodestra ha vinto le elezioni con 12 milioni di voti, con il voto del 26% dei cittadini aventi diritto.
  • Terzo elemento: come hanno evidenziato diversi sondaggisti l’astensionismo non si è affatto manifestato in maniera omogenea ma è emersa una preoccupante frattura sociale e territoriale. Nelle ZTL e fra le classi sociali superiori si è visto aumentare la partecipazione al voto mentre nelle periferie e fra i ceti subalteni si è assistito ad un ulteriore aumento dell’astensionismo.
  • Quarto. La vittoria del centrodestra fornisce a questa alleanza un numero di seggi in parlamento sufficiente per governare. Ma la maggioranza dei voti validi, 13 milioni, contro i 12 milioni andati al centrodestra, la hanno ottenuta le liste, divise, non alleate, del centrosinistra, da Calenda a Fratoianni, passando per Conte. Una responsabilità quella della divisione che ricade innanzitutto sul segretario del Partito Democratico Enrico Letta e quindi su Calenda e il Movimento Cinque Stelle. Con alleanze diverse probabilmente avremmo potuto assistere ad un esito diverso di queste elezioni.
  • Quinto. Il centrodestra non appare coeso al suo interno, la componente centrista è culturalmente distante dal sovranismo e dal populismo di Fratelli d’Italia, connotazioni peraltro che non hanno consentito al partito di Giorgia Meloni di risultare competitivo nel frenare lo scivolamento verso l’astensionismo di milioni di delusi dai partiti che avevano vinto le elezioni del 2018.


Nel complesso dunque, sia i vincitori che i vinti non sembrano esser usciti benissimo da questa consultazione elettorale. Il sistema politico e le istituzioni paiono provate dal clima di crisi e di incertezza che riguarda sia l’economia che le relazioni internazionali. I tempi di guerra, di carestia e di recessione che abbiamo di fronte richiedono da parte di tutti un supplemento di responsabilità per affrontare ancora l’emergenza in modo unitario e solidale.

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