Brasile: Lula o Bolsonaro, due visioni di società

Luis Ignacio Lula da Silva 48,4 per cento, Jair Bolsonaro 43,2 per cento: questo l’esito del primo turno delle elezioni presidenziali che ha visto recarsi alle urne 120 milioni di brasiliani. Cinque punti separano l’ex presidente di sinistra dall’attuale presidente di estrema destra e il prossimo 30 ottobre, al ballottaggio, sarà una sfida all’ultimo voto.

Una vera sorpresa perchè i sondaggi, nelle settimane che hanno preceduto il primo turno, davano Lula vincente addirittura senza passare per il ballottaggio e Bolsonaro staccato di quindici punti. Evidentemente è stato sottostimato il voto di destra. Al solito – ma di questo i sondaggisti avrebbero dovuto tener conto – l’elettorato conservatore non si espone ed è riluttante ad esprimersi persino in forma anonima.

E invece la destra è assai forte, tanto che il Partito liberale, quello del presidente in carica, si è assicurato la maggioranza in Senato nonché parecchi governatori dei singoli stati della federazione già al primo turno. Ben si comprende come sull’esito finale regni, quindi, la massima incertezza.

Forse mai come questa volta, i brasiliani si troveranno a decidere non solo tra due opzioni politiche alternative, ma anche tra due opposte visioni di società. Piena smentita per chi sostiene che le differenze tra destra e sinistra non esistano più. Non è così. E qui in Brasile la contrapposizione tra Lula e Bolsonaro diventa quasi un caso da manuale.

Da un lato vi è un progetto inclusivo, volto a ridurre le disuguaglianze con sostegni alle classi più povere, con una tassazione più progressiva, con il potenziamento del sistema sanitario pubblico (specie dopo il Covid che Bolsonaro non ha saputo gestire in maniera appropriata). Il tutto in un contesto di tutela dell’ambiente e di uno sviluppo sostenibile. Dall’altra ci si affida al mercato, al liberismo assoluto, immaginando che questo basti a migliorare la vivibilità per tutti, tra tagli alle tasse, privatizzazioni, precarietà sociale e assoluto disinteresse per le questioni ambientali come mostra la mano libera alla deforestazione.

Corollario della visione di Bolsonaro c’è, immancabile, il solito appello alla consolidata triade: Dio, patria e famiglia. Una mistificazione che la sinistra dovrebbe smontare pezzo per pezzo perché nulla più del modello liberista con il suo materialismo basato sul profitto individuale distrugge la coesione e la solidarietà nazionale, ovvero il senso stesso della patria comune. E basta pensare ai tagli ai servizi, per comprendere come il progetto della destra non tuteli affatto le famiglie.

Le logiche dello schieramento conservatore aprono la strada a una società spezzata in due: tra una minoranza privilegiata e una maggioranza diseredata. E alle gravi tensioni sociali che inevitabilmente seguono si risponde dando libero corso alle armi, come se l’autodifesa personale potesse essere un rimedio sensato per tutelare la convivenza civile. Il risultato, in Brasile (e in genere nel Sudamerica), è una classe media costretta ad abitare in edifici blindati protetti da guardie e da sistemi di sicurezza. Questo il modello Bolsonaro. Questo l’esito dell’iperliberismo: una logica che genera solo più insicurezza. Per tutti, anche per chi si illude di essere al riparo, trincerandosi nei fortilizi.

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