Hamas e Israele: si è toccato il fondo

Orrore, rabbia, incredulità: ecco cosa si prova dinanzi al massacro di bambini israeliani da parte di Hamas. Un’irragionevole ferocia persino per un contesto di guerra. E questo senza dimenticare la presa di centinaia di ostaggi e le uccisioni nell’assalto al rave party e nei villaggi limitrofi alla striscia di Gaza.

Oltre un migliaio le vittime sul territorio di Israele: mai era accaduto. Altrettante vittime, e probabilmente molte di più, saranno quelle palestinesi, nella risposta di Israele con raid aerei e con la probabile invasione via terra della Striscia per stanare i gruppi di Hamas. E questo senza contare che alla popolazione di Gaza vengono tolte le forniture di acqua, di cibo e di elettricità. Un blocco, contrario ai diritti umani, che fa pagare a due milioni di persone i crimini di una minoranza fanatica. Comprensibile e per certi versi doverosa la reazione israeliana dinanzi all’attacco subito ma il rischio è non distinguere più tra Hamas e il popolo palestinese, usato come scudo da parte dei terroristi e costretto ad un esodo forzato verso il sud della Striscia. Un’emergenza umanitaria di immani proporzioni.

Mai come oggi il Medio Oriente si trova sul punto di una drammatica rottura. Una spirale di odio e di violenza che bisogna fermare, evitando un’escalation dai contorni imprevedibili ben oltre i confini della Regione. Tutti sono parte di questo disastro, e qui non ci si riferisce tanto al tragico assalto di Hamas dei giorni scorsi quanto piuttosto a quello che è avvenuto nel corso dei decenni, segnati da una totale incapacità di venire della questione israelo-palestinese. Il fatto è che si è lasciato incancrenire una situazione che avrebbe richiesto ben altri sforzi per venir risolta.

Colpevoli Israele ed Autorità palestinese, innanzi tutto. Certo, Israele ha dovuto combattere diverse guerre per difendere la propria esistenza e le va riconosciuto il merito di aver saputo pacificarsi con Egitto e Giordania. Il problema è che il vero modus vivendi da trovare non era, o quanto meno non era solo, con Cairo o con Amman ma con i palestinesi.

Tutto sembrava incamminarsi verso una soluzione concreta e sensata all’epoca degli accordi di Oslo sotto la guida di Yitzhak Rabin. Il suo assassinio (ad opera di un estremista ebreo e non di un terrorista arabo) fece crollare il faticoso percorso che si stava costruendo e da quel momento – sono passati quasi tre decenni – non si è più fatto alcun reale passo in avanti verso la nascita di uno Stato palestinese indipendente.

Nel 2005 Ariel Sharon restituì Gaza ai palestinesi perché si autogovernassero. Occasione sprecata. E qui entra in ballo l’altro grande responsabile, l’Autorità palestinese che messa alla prova ha gettato al vento l’opportunità, fornita dal ritiro dei coloni israeliani, per fare della Striscia un’enclave di sviluppo e benessere per tutti. Vero che non era una sfida facile, essendo il territorio di Gaza sotto controllo israeliano sia come risorse idriche ed energetiche che sul fronte degli approvvigionamenti alimentari. Limitato anche il diritto di pesca nel mare antistante e vietate eventuali ricerche di energia nei fondali marini. Un simulacro di Stato privo di reale autonomia che però poteva rappresentare il primo embrione della futura indipendenza. Grave dunque l’inerzia mostrata dal governo di Abu Mazen in Cisgiordania, incapace di bloccare il predominio di Hamas nella Striscia che oltre a danneggiare la popolazione di Gaza ha finito per favorire lo spostamento a destra della società israeliana. Verso quei settori oltranzisti contrari a qualsiasi concessione ai palestinesi.

A ruota emergono poi le responsabilità degli altri giocatori di questa brutta partita. In primis gli Stati Uniti. Che Israele sia l’unica democrazia mediorientale non basta a sostenerne acriticamente qualsiasi azione, E Washington proprio in nome della vicinanza con Tel Aviv avrebbe dovuto indurre i successivi governi israeliani a cambiare rotta. I mezzi per farlo non gli sarebbero mancati.

Altrettanto colpevoli i Paesi arabi, interessati più a strumentalizzare la causa palestinese che ad aiutare veramente questo popolo. Scarso l’apporto dell’Unione europea, così come quello della Russia, interessata solo a parole ad una Palestina indipendente.

Adesso occorre uscire dalla drammatica situazione attuale tra la necessità di neutralizzare Hamas e di creare corridoi umanitari per salvare la popolazione di Gaza. Poi, in prospettiva, occorre dar vita ad un nuovo assetto in Medio Oriente che tenga conto delle esigenze di tutti. Servirà il supporto di tutti. Stavolta si è davvero toccato il fondo e risalire sarà impossibile senza un serio impegno internazionale.

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