Europee 2024, un’analisi del voto
Fratelli d’Italia si conferma primo partito, con il notevole successo della premier Giorgia Meloni, uno dei pochi leader europei premiati dal voto. Il Pd coglie un successo al di là delle più rosee aspettative. Cresce Forza Italia, ben ancorata al Ppe, che supera la Lega, da tempo in crollo verticale in grado di limitare i danni solo grazie alla brillante prova del generale Vannacci. Caduta di consensi anche del M5S Assente nel 2019, Alleanza verdi-sinistra viene premiata dal voto, anche grazie a candidature – da Ilaria Salis a Ignazio Marino – in sintonia con il proprio elettorato. Rimane al palo il centro: né Azione di Carlo Calenda, né Stati Uniti d’Europa, sponsorizzati da Matteo Renzi ed Emma Bonino, oltrepassano il 4 per cento, soglia di accesso al Parlamento di Strasburgo.
Questo, per quanto concerne il nostro Paese. Più in generale, la tornata per l’Europarlamento vede l’avanzata dell’estrema destra un po’ ovunque e in particolare in due nazioni chiave come Francia e Germania. Gli elettori si sono mossi secondo dinamiche interne proprie a ciascun Paese, sanzionando o meno il governo in carica, più che seguendo considerazioni politiche sovranazionali. L’onda sovranista, meno impetuosa delle previsioni, non giunge comunque a mettere in discussione il consolidato assetto tra popolari, liberali e socialisti, le tre famiglie europeiste da sempre alla guida delle istituzioni comunitarie.
In tal senso i numeri sono chiari. Dei 720 seggi dell’Europarlamento, il Partito popolare europeo (Ppe) ne conquista 186, confermandosi la forza più consistente dell’emiciclo. In seconda posizione il gruppo socialista (Pse) con 135 eletti e a ruota i 79 deputati liberali di Renew. A destra si collocano i conservatori di Ecr e di Identità e democrazia (Id) rispettivamente con 73 e 58 seggi. Gli ecologisti ottengono 53 eletti, mentre 36 saranno quelli della Sinistra europea (Se). Infine il gruppo dei non iscritti, tra i quali dovrebbe collocarsi il M5S, conta ben 100 deputati. Ppe, Pse e liberali dispongono dunque di una maggioranza assoluta di 400 seggi, cui potrebbe anche sommarsi il voto ecologista, che consentirà loro di orientare le sorti della prossima legislatura europea.
Considerando le diverse famiglie politiche giunte in testa nei ventisette Paesi che compongono l’Unione, vediamo che le forze centriste e moderate primeggiano in sedici Stati: Germania, Polonia, Spagna, Grecia, Bulgaria, Croazia, Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Estonia, Lituania, Lettonia, Finlandia, Cipro, Irlanda e Lussemburgo. La destra è in testa in sei Stati: Italia, Francia, Belgio, Olanda, Austria ed Ungheria, Cinque i Paesi ove ha prevalso la sinistra: in Svezia, Portogallo, Romania e Malta con i socialisti, e in Danimarca con gli ecologisti.
Il voto ha dunque premiato le forze sovraniste ma al tempo stesso consente alla triade Ppe-Pse-Renew di restare in sella alle istituzioni europee. Ursula von der Leyen, forte della candidatura Ppe, dovrebbe essere riconfermata alla guida della Commissione. Alla presidenza del Consiglio europeo sembra destinato, sostenuto dal Pse, il portoghese Costa, mentre la liberale estone Kaja Kallas potrebbe diventare la nuova Alta rappresentante per la politica estera. Attesi soprattutto alla prova i conservatori dell’Ecr (gruppo dove Fdi avrà un ruolo di punta) chiamati ad una scelta: sostenere il versante europeista o continuare ad avversarlo, unendosi ai sovranisti di Id. Uno dei primi interrogativi della nuova legislatura è proprio questo.
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